Maria Grazia Cutuli è stata vittima dell’agguato del 19 novembre 2001 verificatosi in Afghanistan. Nel 2017 la Corte D’assise di Roma ha condannato i due responsabili a 24 anni di reclusione per l’omicidio della giornalista.
Come è morta Maria Grazia Cutuli?
L’inviata del Corriere Della Sera si travova in Afghanistan da un mese, e quel giorno viaggiava percorrendo la strada che da Jalalabad porta a Kabul, quando la vettura venne affiancata da degli uomini armati. Nell’attacco rimasero uccisi anche l’inviato di El Mundo, Julio Fuentes e due corrispondenti dell’agenzia Reuters, il cameramen ‘australiano Harry Burton e il fotografo l’afghano Azizullah Haidari. Vennero inoltre sottratti alla Cutuli il suo pc, e la sua macchina fotografica.
La Cutuli nei giorni precedenti, aveva lavorato nella zona di Jalalabad con servizi sui covi di Al Qaeda, devastati dalle bombe americane. Aveva poi rivelato insieme a Fuentes, il ritrovamento di fiale di Sarin, un gas nervino, usato dai terroristi giapponesi sulla metro di Tokyo. Sarà questo il suo ultimo articolo, uscito il giorno dopo la sua morte.
Un inquirente della Procura di Roma ha spiegato che in Afghanistan per un periodo dei gruppi di talebani si appostavano su quelle montagne e aggredivano solo i giornalisti che passavano per quella strada, l’unica che conducesse in Pakistan “attraversando il distretto amministrativo di Sarobi”.
Si parla di azioni di guerriglia dirette ai giornalisti occidentali che “miravano a strumentalizzare i mezzi di informazione per convincere l’opinione pubblica occidentale che l’Afghanistan era assolutamente ingovernabile da quelle forze di occupazione” quando, invece, i Governi “dichiaravano il contrario”.
Ci sono voluti molti anni per arrivare a una verità, e per poter individuare gli autori dell’agguato.
Sono stati svolti due procedimenti a piazzale Clodio: nel 2006 furono assolti Fedai Mohammed Taher e Jan Miwa per insufficienza di prove. Successivamente venne indagato, e poi assolto per dubbi sulla sua identità, Jan Mar.
Reaza Khan, ritenuto il capo del gruppo responsabile del delitto, venne arrestato e processato nel 2007 a Kabul, e a seguire venne giustiziato in Afghanistan.
Solo il 29 novembre del 2017 la Corte d’Assise di Roma condanna i due afghani, entrambi di etnia Pashtun, Mamur e Zar Jan, ritenuti responsabili dell’attacco.
La sentenza
La corte d’Assise aveva inflitto ai due imputati una condanna, oltre che per omicidio volontario anche per rapina; più che un risarcimento danni ai familiari per 250 mila euro.
Per i due imputati, dopo un anno, la condanna venne confermata anche in appello e vennero detenuti in Afghanistan. Ventiquattro anni da scontare in patria, dove, erano stati condannati a 16 e 18 anni di reclusione.
Per la Cassazione si è trattato di un omicidio politico, per impedire che venisse raccontato ciò che realmente avveniva nel Paese, e dimostrare che il controllo non apparteneva agli occidentali.
A 20 anni dalla sua morte, il Corriere Della Sera renderà omaggio alla morte dell’inviata con racconti, articoli e storie.
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