Nello spazio di LetteralMente Donna una donna eccezionale che ha conquistato un importante primato nella storia italiana aprendo la strada ad altre donne nello stesso ruolo. La donna è Rosa Scafa e questa è la sua storia.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale il governo alleato istituì nel territorio libero di Trieste un corpo di polizia chiamato Venezia Giulia Police Force detta anche semplicemente Polizia Civile. Esso era composto da ufficiali inglesi e americani e da sottoufficiali e agenti semplici italiani. A questi membri uomini venne aggiunto un successivamente un Corpo di polizia femminile di Trieste, il primo reparto riservato interamente alle donne. Fu in questo corpo che Rosa Scafa scelse di seguire alcuni corsi dopo essere emigrata a 22 anni da Vibo Valentia con la famiglia per sfuggire alla fame e alla miseria lasciata dalla guerra.
Rosa Scafa, una scelta fatta non solo per aiutare la famiglia
In un’intervista rilasciata all’Agi Rosa Scafa ha raccontato di esser ” la prima di otto figli e quindi, come la più anziana, dovevo lavorare anche in casa e cercare di sistemare al meglio i miei fratellini più giovani e a farli completare gli studi. Tra me e mia mamma c’erano neanche 20 anni di differenza, tra me e la mia sorella più piccola ce ne sono 22 si figuri che bello” . La scelta della divisa venne perciò da un lato dall’idea di cercare di trovare lavoro e contribuire alle spese familiari.
Dall’altro la Scafa affermò di essersi innamorata della Polizia. . La Scafa infatti spiegò di “aver già girato in diversi uffici, dall’Università alla biblioteca cittadina come impiegata civile, e così avevo voglia di cambiare perché non trovavo grandi simpatie per le scrivanie, per stare ferma, per vedere le solite facce e percorrere le solite strade e quindi ho pensato di entrare in Polizia, cioè nella Pubblica Sicurezza, dove avrei avuto un ruolo e una vita più attiva che sicuramente faceva meglio al mio temperamento”.
La prima poliziotta italiana
Nel 1951 la Scafa entrò ufficialmente nella Polizia femminile di Trieste dove lavorava alla Buoncostume occupandosi di minori e di prostitute affinchè non sfuggissero agli accertamenti sanitari in ospedale . Una di esse, ha raccontato, “mi avrebbe sfregiato con una lametta che nascondeva sotto il maglione se, come mi confessò poi, non fosse stata dissuasa dalla gentilezza e dall’umanità con cui si sentì trattata”. Poi quando nel 1954 Trieste venne assegnata in Italia le fu data la “possibilità di scegliere: o un ruolo civile analogo a quello che avevamo prima oppure entrare nella Polizia Italiana appena creata”.
Rosa Scafa fece una scelta che la segnò per tutta la vita diventando la prima donna a ricevere l’investitura dal Ministero dell’Interno e a diventare agente di polizia italiana. Agli inizi venne assegnata al Corpo di Polizia femminile istituito nel 1959 dall’allora capo della Polizia Giovanni Carcaterra e allo scioglimento di esso nel 1981 entrò nella nuova e unificata Polizia di Stato. Per tutta la sua carriera, terminata nel 1985, La Scafa ha sempre lavorato nel sociale occupandosi di minori, orfani e delle famiglie dei dipendenti ricordata da tutti per non essere farsi influenzare da accuse e condanne e per la sua gentilezza che la faceva apparire diversa dai colleghi.
L’onorificenza del presidente della Repubblica
Nel 2010, in occasione del 50° anniversario dell’ingresso delle donne nella Polizia italiana Rosa Scafa è stata nominata dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “Grande Ufficiale della Repubblica”. La Scafa si è poi spenta lo scorso 11 settembre a 98 anni ricordata dal Questore di Trieste Pietro Ostuni che, come riporta Trieste news, ha affermato:
“Siamo più che addolorati, Rosa Scafa per noi era un’istituzione. L’avevo incontrata prima di Natale, ero andato a casa sua per farle gli auguri e ho trovato una donna forte, intelligente, motivata nonostante la sua età. Per noi è stata un punto di riferimento e un esempio, che dovremo seguire e conservare dentro di noi. La sua morte ci addolora particolarmente”.
Stefano Delle Cave
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