Dopo aver devastato Gaza sembra che il prossimo obiettivo sia il Libano, la strategia bellica di espasione di Israele è preoccupante.

Le tensioni in Medio Oriente continuano a crescere, alimentate dalla costante violenza israeliana contro Gaza e il Libano. Mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu prepara il suo intervento alle Nazioni Unite, con la minaccia iraniana come tema centrale, le operazioni militari israeliane fanno salire il bilancio delle vittime tra i civili. In un contesto sempre più esplosivo, l’escalation militare sembra non conoscere tregua, e i civili pagano il prezzo più alto. In questo clima di instabilità, la comunità internazionale appare ancora una volta incapace di porre un freno a una violenza che si ripete ciclicamente.

Netanyahu col suo discorso all’Onu e tanti punti interrogativi mentre a Gaza si continua a morire

Il discorso del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alle Nazioni Unite, previsto per venerdì, resta incerto. Secondo un funzionario israeliano citato dal Times of Israel, l’intera visita potrebbe essere annullata, con una probabilità del 50%. In bilico tra la diplomazia internazionale e la gestione delle operazioni militari in corso, Netanyahu sembra sempre più intrappolato tra le pressioni esterne e la sua politica interna di guerra senza fine. Il viaggio, che dovrebbe concentrarsi sulla “minaccia” iraniana, rischia di essere un altro tentativo di distogliere l’attenzione dalle sue responsabilità nei massacri a Gaza e in Libano.

Nelle stesse ore in cui si discute del possibile annullamento del viaggio di Netanyahu, una tragedia si consuma nella Striscia di Gaza. Un raid israeliano ha ucciso una donna incinta e i suoi quattro figli, colpendo una casa nel campo profughi di Bureij. Questo ennesimo massacro di civili dimostra ancora una volta come Israele, dietro la retorica di “evitare danni ai civili”, continui a perpetrare crimini di guerra. Gli ospedali di Gaza, ormai al collasso, documentano un bilancio di morti e feriti che sfugge a ogni razionalità, mentre Israele si nasconde dietro l’accusa a Hamas di utilizzare civili come scudi umani. Ma le vittime, spesso donne e bambini, sono innegabilmente innocenti.

La violenza non ha tregia, dopo Gaza ora tocca al Libano subire le bombe di Israele… E l’Iran?

Mentre i cieli di Gaza si riempiono di missili, anche il sud del Libano è sotto assedio. L’esercito israeliano ha confermato una serie di attacchi aerei in corso su Nabatieh, e il bilancio di vittime civili continua a salire. Il Ministero della Sanità libanese ha riferito di almeno 15 morti nelle ultime ore, mentre migliaia di persone fuggono verso la Siria, secondo l’ONU. Il Libano, fragile e sempre più devastato dalle incursioni israeliane, si trova ora in una situazione di emergenza umanitaria. Anche in questo caso, come già visto a Gaza, le vittime sono soprattutto civili inermi, mentre il mondo assiste impassibile.

In questa cornice di violenza, l’Iran ribadisce il suo sostegno al Libano contro l’aggressione israeliana. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, ha dichiarato che Teheran non lascerà il Libano da solo, confermando l’importanza strategica e simbolica del Paese dei cedri per la regione. Le forze di Hezbollah, che difendono il Libano dall’invasione israeliana, non possono essere sottovalutate, ha avvertito l’Iran. In un’epoca in cui la retorica bellicosa sembra predominare, Hezbollah resta una forza di resistenza contro l’occupazione israeliana, rifiutando la narrazione occidentale che li etichetta come semplici “terroristi”.

Il diritto internazionale è debole e inefficace in questo caso, perchè? E soprattutto, se non è sempre efficace, chi deve tutelare?

L’intensificazione degli attacchi israeliani ha spinto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a convocare una riunione d’urgenza per discutere la crisi in Libano. Tuttavia, come ormai è tristemente consuetudine, le risoluzioni internazionali si dimostrano puntualmente deboli, inefficaci e prive di reali conseguenze. Israele, forte del suo status di “baluardo democratico” nel Medio Oriente e di un’alleanza incrollabile con gli Stati Uniti, continua a ignorare con sfrontata arroganza le condanne formali. Ogni appello al cessate il fuoco, ogni richiesta di moderazione da parte della comunità internazionale si dissolve in vuoti proclami che non scalfiscono minimamente la determinazione bellica di Tel Aviv.

Nel teatro di questa guerra ininterrotta, gli Stati Uniti si ergono come uno scudo diplomatico e militare dietro cui Israele può perpetuare i suoi crimini con impunità. Le potenze occidentali, sempre pronte a condannare violazioni dei diritti umani quando si tratta di nemici geopolitici, si trincerano dietro un silenzio assordante quando si tratta di Israele. Ogni veto imposto dagli Stati Uniti nel Consiglio di Sicurezza si traduce in un via libera a nuove operazioni militari, in più vite spezzate e in ulteriori sofferenze per le popolazioni civili, mentre le capitali europee assistono impotenti o, peggio, complici.

Dopo Gaza, vogliamo davvero che tutto ciò si ripeta in Libano, o intendiamo fermare Israele?

Quello che si sta consumando tra Gaza e il Libano non è solo l’ennesimo capitolo di un conflitto interminabile, ma il fallimento catastrofico di un sistema internazionale che si presenta come garante della pace e della giustizia. Le Nazioni Unite, il cui scopo dichiarato sarebbe quello di preservare la pace globale e prevenire il ripetersi degli orrori della guerra, si dimostrano incapaci di agire quando le vittime sono i palestinesi o i libanesi, e il carnefice ha il nome di Israele. La costante violazione del diritto internazionale da parte dello Stato ebraico viene giustificata, tollerata e persino legittimata sotto la falsa copertura della “sicurezza nazionale”, mentre i civili innocenti, spesso ridotti a meri numeri nelle statistiche, diventano il tributo da pagare a questa narrazione dominante.

Ogni vittima, ogni casa distrutta, ogni ospedale bombardato sono la testimonianza del fallimento morale e politico delle istituzioni internazionali. Mentre Israele continua la sua marcia brutale, protetto da alleanze potenti, il popolo palestinese resta senza una voce capace di farsi ascoltare nelle stanze del potere. La leadership palestinese attuale appare stanca e inefficace, incapace di portare avanti un’agenda politica che possa concretamente sfidare l’occupazione e la repressione. È urgente che una nuova leadership palestinese emerga, capace di riportare al centro del dibattito internazionale i diritti dei palestinesi, l’occupazione israeliana, e la necessità di una giustizia reale e non più rimandabile.

Fino a quando Israele continuerà a essere trattato come una democrazia speciale, immune da ogni critica o responsabilità, il Medio Oriente rimarrà ostaggio di un conflitto che sembra senza fine. E fino a quando la comunità internazionale resterà schiava di interessi economici e geopolitici, la pace resterà un’illusione, lontana tanto quanto la giustizia per i palestinesi.

Maria Paola Pizzonia