Abbey Road è l’undicesimo album dei Beatles, dodicesimo considerando anche l’EP Magical Mystery Tour. Pubblicato il 26 settembre del 1969 è l’ultimo album in studio inciso dalla band di Liverpool. Infatti il successivo Let It Be, pubblicato nel maggio del 1970, contiene brani registrati nel gennaio 1969.
Un passo indietro: dal rooftop concert all’abbandono del progetto Get Back
Il 30 gennaio 1969 i Beatles suonarono per l’ultima volta dal vivo in quello che passerà alla storia come il “Rooftop Concert“. Il giorno dopo i fab four si trovarono in sala d’incisione per registrare i video delle ultime tre canzoni. L’album Get Back era quasi pronto. Anche la riunione per la promozione dell’album e la gestione della loro società, la Apple Records, era fissata per il 3 febbraio. Ma la band era divisa. Da una parte Harrison, Lennon e Starr volevano assumere il manager dei Rolling Stones, Allen Klein per rimettere in sesto la disastrata società. Dall’altra McCartney invece voleva affidarne la gestione allo studio legale Lee Eastman. Purtroppo questa spaccatura fu l’apice di quella che Lennon definì la “morte lenta“, iniziata con il decesso del manager del gruppo Brian Epstein nell’estate del 1967.
Ma torniamo alla musica. Get Back doveva essere un ritorno alle origini per ritrovare un suono scarno e istintivo che la band aveva perso. Ma quelle registrazioni sono caratterizzate da tensioni personali: i Beatles non si sopportavano più. Il produttore Glyn Johns provò a mettere insieme quel materiale per farne un album e lo sottopose alla band. John, Paul, Ringo e George, per una volta, erano d’accordo: quelle canzoni erano pessime, quel disco non doveva vedere la luce.
Realizzazione dell’album Abbey Road
Ormai il nuovo album dei Beatles era stato annunciato dalla EMI, quindi Paul riunì i Beatles ad Abbey Road insieme a George Martin con l’obiettivo di registrare un numero di brani sufficienti per coprire almeno una facciata del disco entro giugno, mese che Lennon aveva richiesto di vacanza per la sua campagna pacifista insieme alla moglie Yōko Ono.
Il più impegnato nel progetto era McCartney, al punto che, una settimana prima dalla data di inizio registrazioni, si presentò ad Abbey Road per provare la giusta performance vocale di Oh! Darling. La prestazione è straordinariamente energica. Harrison e Lennon invece si tennero piuttosto distanti dal progetto. Alla scadenza prefissata le uniche canzoni registrate erano Oh! Darling, Octopus’s Garden di Ringo e You Never Give Me Your Money, composta da McCartney. Nei primi giorni di giugno la EMI fece uscire come singolo The Ballad of John and Yoko mentre Lennon iniziò le sue performance a favore della pace nel mondo assieme alla moglie. Durante questo periodo registrò Give Peace a Chance, che porta anche la firma di McCartney come per sdebitarsi del lavoro svolto da Paul per The Ballad of John and Yoko.
Da Get Back ad Abbey Road
I Beatles fissarono di ritrovarsi il 2 luglio presso gli studi di Abbey Road per completare il nuovo disco. Paul, nel frattempo, decise di rispolverare i vecchi demo di Get Back, dar loro una ripulita e aggiungere qualcuno dei nuovi brani. Furono così incise in una settimana Her Majesty, Golden Slumbers, Carry That Weight, Here Comes the Sun e Maxwell’s Silver Hammer. Dopo una breve pausa i quattro, alla fine di luglio, registrarono Come Together, The End, Sun King, Mean Mr Mustard, Polythene Pam, She Came In Through the Bathroom Window. Il mese successivo fu registrato Because, l’ultimo pezzo di quelle session.
I missaggi e i vari lavori di editing vennero effettuati sempre nel mese di agosto e per il lato A vennero scelti brani separati. Nel Lato B, invece, McCartney poté inserire squello che sarebbe diventato un lungo medley di otto canzoni: You Never Give Me Your Money, Sun King, Mean Mr Mustard, Polythene Pam, She Came In Through the Bathroom Window, Golden Slumbers, Carry That Weight, The End.
Le prime ipotesi per il titolo dell’album furono “Four in the Bar” e “All Good Children Go to Heaven“, ma quello che alla fine sembrava essere in prima posizione fu “Everest“, ma la prospettiva di volare in Tibet per scattare la fotografia per la copertina non trovò consensi. Quasi per gioco, Ringo propose “Abbey Road“, e così nacque l’idea del nome.
Una copertina diventata leggenda
La copertina dell’album Abbey Road è una delle più celebri e citate della storia della musica. È anche l’unica copertina della band di Liverpool in cui non compare né il titolo dell’album né il nome del gruppo, che si trovano entrambi sul retro. Una copertina semplice quanto iconica: i quattro membri della band intenti ad attraversare un passaggio pedonale ad Abbey Road, a Londra. Lo scatto fotografico è opera di Iain Macmillan che, verso mezzogiorno dell’8 agosto 1969, stando in bilico su una scala in mezzo alla strada, immortalò la scena mentre i Beatles andavano avanti e indietro lungo le strisce pedonali. Furono scattate sei foto e fu scelto il quinto scatto dove i quattro erano ben allineati e poi anche perché, considerata la fase della loro carriera, li rappresentava in marcia come se andassero via dagli studi di registrazione.
Paul Is Dead: la leggenda
Diversi elementi in questa foto contribuirono ad alimentare la leggenda della morte di Paul McCartney: Paul è l’unico scalzo e fuori passo rispetto agli altri e in Inghilterra i morti vengono sepolti scalzi. Alla testa al gruppo c’è Lennon, l’unico vestito di bianco, che dovrebbe rappresentare il parroco, a seguire Ringo Starr completamente vestito di nero, come un impresario delle onoranze funebri. Alla fine della fila c’è George Harrison vestito tutto in jeans, come il becchino del cimitero. In lontananza un maggiolone con la targa LMW 281F. Leggendo la targa come 28 IF, indicherebbe l’età di Paul se fosse stato in vita all’epoca dell’uscita del disco. Invece la prima parte, LMW, viene interpretato come “Linda McCartney Weeps” ovvero Linda McCartney piange. A dare ancora più enfasi a questa teoria il fatto che Paul, mancino, tenga una sigaretta nella mano destra. Sul lato opposto un grosso furgone nero simile a quelli utilizzati dalla polizia mortuaria negli incidenti stradali.
Alessandro Carugini
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