La maggior parte degli omicidi nel nostro paese avviene all’interno delle mura familiari. La casa, un luogo dove sentirsi protetti e al sicuro, in molti casi è lo scenario di delitti efferati. Una brutta abitudine, porta a sfogare la proria frustrazione in casa e sono molte le vittime di crimini commessi in famiglia.

I danni non calcolati della pandemia

Nei periodi di lockdown, è aumentato del 20% l’avvio di procedimenti giudiziari per maltrattamenti e crimini in famiglia, secondo il procuratore generale della Corte d’Appello di Bologna. La pandemia ha portato spiacevoli conseguenze. Un peggioramento dell’equilibrio psicologico dei membri di una famiglia.

Le liti familiari sono in aumento e complice molto spesso è il fattore economico connesso al lavoro. La disoccupazione e la difficoltà a trovare un impiego, si ripercuotono all’interno delle mura domestiche. Il mix di questi fattori porta spesso a sfogare sugli affetti la propria frustrazione.

Crimini in famiglia e chiusure: i casi nascosti dalla convivenza forzata

Le chiusure forzate hanno prodotto una diminuzione considerevole delle segnalazioni di abusi. Non è un fattore rassicurante, anzi. Il componente della famiglia maltrattato, durante le fasi di lockdown, era costretto a una convivenza forzata con il potenziale carnefice. Ciò ha ridotto drasticamente la possibilità di segnalare il proprio disagio.

La conseguenza è stata la mancata attuazione di misure a tutela dell’abusato. Ciò significa che diventa impossibile intervenire prima che una lite o un abuso possano sfociare in tragedia se diminuiscono le segnalazioni.

Le vittime dei crimini in famiglia sono quasi sempre i bambini

Sembra impossibile, eppure, un dato sconvolgente conferma che la casa non è affatto un luogo sicuro. Le vittime sono perlopiù i bambini. L’EURES (EURopean Employment Services) ha elaborato i dati degli ultimi dodici anni. I bambini sono stati vittime dei propri genitori oltre 260 volte, quasi due a settimana. Le madri sono le principali autrici dei crimini contro i bambini nei primi cinque anni di infanzia (circa 57%) mentre nella totalità, i maggiori autori sono i padri (circa il 64%).

Dall’inizio della pandemia sono già molti i casi di infanticidi da parte dei genitori e dall’inizio del 2022, ce ne sono già tre:

-Mozzarone: a gennaio, dove il padre uccide il figlio di 7 anni con una coltellata alla gola;

-Mesenzana: a marzo un uomo uccide i figli di 7 e 13 anni poi si toglie la vita;

Mascalucia: a giugno una madre confessa di aver ucciso la figlia dopo aver depistato le forze dell’ordine inscenando un rapimento.

Futuro a rischio?

Se l’ambiente familiare è psicologicamente tossico, si generano dei traumi che a medio-lungo termine incidono fortemente sulla salute mentale dell’individuo. Uno studio pubblicato dalla PLOS medicine sulla propria rivista medica (PLOS medicine è una società non-profit con sede a San Francisco, California) cerca di mettere in guardia.

Un bambino vittima di abusi e maltrattamenti familiari, ha maggiori probabilità di sviluppare patologie psicologiche, psicosomatiche e disturbi alimentari. È inoltre maggiormente esposto al suicidio adolescenziale e ad abusare di alcool e stupefacenti in età adulta.

Una scarsa attenzione verso questa problematica, ha ripercussioni soprattutto sui giovani che potrebbero diventare in futuro gli artefici dei maltrattamenti e dei crimini familiari che sono stati costretti a subire.

La salute della società si misura dalla salute della signola famiglia. C’è un aspetto che in tempo di crisi sanitaria ed economica non è stato adeguatamente considerato. C’è la necessità di attuare misure efficaci che contribuiscano a tutelare l’equilibrio mentale degli adulti ma ancor di più dei giovani.