Nel Canto XVII del Paradiso della Divina Commedia, Dante e Beatrice si trovano nel cielo di Marte, dove risiedono le anime di tutti coloro che hanno combattuto e sono morti per la fede.

La profezia di Cacciaguida

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Il canto XVII del Paradiso fa parte di un trittico, insieme ai precedenti canti XV e XVI. In questa sezione Dante incontra il suo antenato Cacciaguida, che gli parla della decadenza della città di Firenze. Inoltre lo spirito profetizza l’esilio di Dante. Egli spiega al poeta che sarà esiliato ingiustamente da Firenze a causa dei sotterfugi dei Guelfi neri e di Papa Bonifacio VIII. Cacciaguida prosegue sostenendo che il loro comportamento iniquo verrà punito da Dio. Le sue parole alludono alla morte di Bonifacio VIII e del capo dei Guelfi Neri Corso Donati.

L’esilio del poeta

In ogni caso Dante sarà costretto ad abbandonare la sua patria, mente i sui compagni che lo avevano attaccato moriranno nel tentativo di armarsi contro Firenze. Il discorso di Cacciaguida rimanda all’esilio forzato dei Guelfi bianchi, che tenteranno di tornare Firenze con le armi. Dante era contrario a questo tipo di violenza, e per questo motivo si era schierato apertamente contro di loro. Nel 1304 i Guelfi bianchi sono stati definitivamente sconfitti a Lastra, vicino Firenze. Nel frattempo l’esilio di Dante prosegue a Verona presso il poeta Bartolomeo che l’aveva ospitato nel 1304. Dopo la sua morte Dante è stato accolto da Cangrande della Scala dal 1304 al 1318.

La missione di Dante

Alla fine del discorso di Cacciaguida Dante è consapevole del suo infausto destino. Ma proprio per ciò che ha visto nel suo viaggio all’Inferno e nel Purgatorio, egli deve narrare ciò può indurre i vivi a mutare direzione prima che sia troppo tardi. La conoscenza di Dante del mondo ultraterreno può far si i comportamenti dei viventi vengano mutati prima che siano definitivamente ed irrimediabilmente corrotti.

Sonia Faseli

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