Il sabotaggio bielorusso nella prima fase della guerra

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Di Redazione Metropolitan

I ferrovieri bielorussi si sono resi gli artefici di un vero e proprio sabotaggio attaccando le linee ferroviarie di rifornimento russe da nord, rallentandone le operazioni e causando vari altri problemi. Quest’operazione è avvenuta proprio nella prima fase della guerra in Ucraina, fase in cui la Russia puntava a conquistare Kiev e a istituire il governo.

Ai vari problemi affrontati dalla Russia all’inizio dell’attacco si sono quindi dovuti aggiungere gli atti di sabotaggio portati avanti dai ferrovieri e da membri dissidenti delle forze di sicurezza bielorusse. Questi gruppi uniti hanno attaccato le linee di rifornimento russe da nord, contribuendo così a lasciare le truppe russe senza cibo, carburante e munizioni.

Il fallimento della “operazione lampo”

È in verità difficile stimare quanto questi atti di sabotaggio abbiano effettivamente messo in difficoltà le forze russe, ma molte analisi concordano che siano stati comunque un evento rilevante, sia dal punto di vista operativo che ovviamente simbolico, e che abbiano contribuito assieme a moltissimi altri fattori al fallimento della “operazione lampo” della Russia sul fronte nord. Secondo Emily Ferreris, ricercatrice del Royal United Services Institute di Londra, è più che ragionevole giungere ad una tale conclusione considerando quanto i russi avessero puntato sulle ferrovie per l’invio di rifornimenti e rinforzi in Ucraina, trasportati poi invece con mezzi a ruota.

Sfruttando la vicinanza tra Paesi, nei mesi antecedenti l’invasione il Presidente russo Putin aveva sostanzialmente trasformato la Bielorussia in un deposito di armi e in un porta d’accesso all’Ucraina. Ad invasione inizia Putin contava quindi di fare grande affidamento sulla rete ferroviaria Bielorussia per portare in Ucraina i rifornimenti e rinforzi con grande facilità. Piano però reso pressoché impossibile dalle azioni di sabotaggio.

Le azioni di sabotaggio

Alexander Azarov, ex funzionario del Ministero dell’Intero bielorusso, ha dichiarato al Washington Post che i sabotaggi siano stati opera di tre gruppi di persone: gli addetti alle linee ferroviarie bielorusse, alcuni funzionari dissidenti della sicurezza bielorussa e “Cyber Partigiani”. Questi ultimi sarebbero un gruppo ben organizzato di hacker bielorussi che si erano già distinti per diversi attacchi contro il governo durante le proteste del 2020, represse violentemente da Lukashenko con l’aiuto di Putin.

I primi sabotaggi sarebbero stati compiuti nei giorni immediatamente precedenti all’invasione ucraina proprio dai Cyber Partigiani, i quali avrebbero hackerato la rete informatica delle ferrovie bielorusse, sabotando l’attività di controllo e di gestione del traffico ferroviario. Questo attacco non deve aver richiesto particolare sforzo essendo, come dichiarato dal membro del gruppo Yulana Shemetovets, i sistemi informatici bielorussi piuttosto obsoleti e vulnerabili.

Altri attacchi sono invece frutto di una volontà spontanea e autoorganizzata, “senza una qualche catena di comando o un leader della resistenza” ha dichiarato Azarov. Alcuni impiegati delle ferrovie bielorusse che simpatizzavano con i sabotatori hanno fatto trapelare informazioni sulla posizione ed i movimenti delle attrezzature russe. Le informazioni, inviate soprattutto alla “Comunità dei lavoratori ferroviari della Bielorussia” (un gruppo di attivisti che condivideva a sua volta le informazioni ricevute sul proprio canale Telegram), hanno attirato diversi attacchi da parte dei sostenitori. Il risultato di queste azioni è stato principalmente il danneggiamento delle attrezzature in transito, evitando vittime.

La gratitudine ucraina

Il rallentamento dei trasporti ferroviari, ed i conseguenti problemi, hanno dato tempo sufficiente alle forze ucraine per riorganizzarsi e pianificare più facilmente almeno parte delle proprie controffensive. I sabotaggi bielorussi sono quindi stati accolti con molta gratitudine dagli ucraini. Il consigliere del Presidente Zelensky Oleksiy Arestovych aveva esortato i civili a condurre una vera “guerra ferroviaria” contro la Russia, distruggendo non solo le attrezzature militari ma anche le linee di rifornimento.

Oleksandr Kamyshin, capo dell’azienda pubblica ucraina che gestisce le Ferrovie dello Stato ucraine, aveva ringraziato i bielorussi dichiarando di essere “grato” agli “onesti” addetti alle ferrovie bielorusse per il sabotaggio che stavano portando avanti, rifiutandosi di obbedire ad ordini “criminali” che avrebbero permesso alle forze militari russe di invadere più agevolmente l’Ucraina.

I precedenti dei sabotaggi bielorussi e le conseguenze

In Bielorussia non è la prima volta che attivisti e dissidenti si servono delle linee ferroviarie come strumento di sabotaggio e protesta. Era infatti già successo durante la Seconda Guerra Mondiale con azioni ancora oggi celebrate in Bielorussia come esempio d resistenza contro i nazisti.

I sabotaggi comunque non sono rimasti privi di conseguenze per gli artefici. L’organizzazione per i diritti umani Viasna ha reso noto l’arresto all’inizio della guerra di 52 cittadini bielorussi, 30 dei quali addetti alle ferrovie, con accuse di tradimento, terrorismo e spionaggio per il tentativo di interruzione del movimento dei rinforzi russi verso l’Ucraina. Si è parlato anche di punizioni esemplari, il cui caso più celebre è quello dei tre presunti sabotatori arrestati a Bobruisk (nella Bielorussia orientale) a cui la polizia avrebbe sparato alle gambe. Probabilmente come tentativo di scoraggiamento di altre potenziali azioni di ribellione, la televisione di stato sembrerebbe aver trasmesso alcuni filmati dei sabotatori sanguinanti con le ginocchia fasciate.

Ginevra Mattei

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