Benvenuti nella rubrica “Singin’ through the Holidays”, che dal 2 Dicembre al 6 Gennaio vi farà compagnia ogni Mercoledì alle 17,00 con un musical natalizio, per passare al meglio queste vacanze molto particolari. Questa rubrica vi farà fare un viaggio nel tempo, partendo dai classici degli anni quaranta fino ad arrivare ai musical rock del nuovo secolo. Siete pronti a cantare e ballare con noi con il film di oggi? Per aprire le danze abbiamo scelto “Incontriamoci a St. Louis” di Vincente Minnelli, film del 1944 con Judy Garland, Margaret O’ Brien, Lucille Bremer e Tom Drake.
Questo è considerato uno dei film più importanti per la storia musical cinematografico, ed è presto diventato un classico di Natale. In Italia, tuttavia, non ha mai avuto grande successo anche a causa della distribuzione avvenuta nel bel mezzo della Guerra Mondiale. La pellicola racconta della vita di una famiglia di ceto medio composta da genitori, nonno, quattro figlie e un figlio, che vivono tutti insieme nella cittadina di St. Louis nel 1903. Grande trepidazione c’è in tutta la città per l’Esposizione Universale che si terrà a St. Louis nel 1904. Reali protagoniste del film sono le donne della famiglia.
Le figlie più grandi, Esther (Judy Garland) e Rose, cercano di conquistare i loro interessi amorosi, John Truett (Tom Drake) e Warren Sheffield, mentre le sorelline vivono la loro vita tra un dispetto e l’altro e la madre assolve ai suoi compiti di brava moglie. Improvvisamente una notizia sconvolge gli equilibri: il padre ha avuto un’offerta di lavoro a New York. Tutta la famiglia si vede costretta ad abbandonare la città poco prima della fiera, e con essa tutti gli affetti ad essa legata. Ma qualcosa nel finale cambierà le cose.

Perché abbiamo scelto “Incontriamoci a St.Louis”?
Ho scelto questo film come primo per la rubrica perché si tratta del tipico musical americano a lieto fine. E’ infatti una pellicola che mette il buonumore e racconta i valori classici di amore e famiglia che fanno parte dello spirito del Natale. Certo, il concetto di famiglia è sicuramente molto sorpassato, essendo un film del ’44 ambientato nel 1903, ma nonostante questo è un musical che riesce a farti sentire a casa. Probabilmente ad aiutare sono anche le canzoni, molto coinvolgenti, come il motivetto di “Meet me in St.Louis” che lo spettatore non riuscirà a smettere di fischiettare. O anche l’iconica canzone “Have yourself a Merry Little Christmas”, cantata da Judy Garland in uno dei momenti più emotivi del film, che oggi è un classico di Natale.
Sicuramente si tratta di un film che non poggia su una trama molto forte, ma lascia tutto al talento dei suoi protagonisti e ai numeri molto curati dal genio di Vincente Minnelli. Si racconta la MGM avesse comprato una macchina da presa Technicolor e volesse utilizzarla su qualche progetto. “Incontriamoci a St. Louis” era l’unico che aveva i requisiti per essere girato in Technicolor. Tuttavia le quattro versioni del copione esistenti non erano all’altezza, e allora furono chiamati due sceneggiatori. Insieme a Vincente Minnelli, gli sceneggiatori tirarono fuori la versione finale del copione, ispirata ai racconti di “Kensington Avenue” di Sally Benson.
L’importanza della musica
La musica è l’elemento che lega i personaggi. Lo vediamo all’inizio, quando seguiamo per la casa i vari protagonisti che cantano, ognuno a modo proprio, il motivetto di “Meet me in St.Louis”. Ma lo vediamo soprattutto nei momenti drammatici. Quando, infatti, il padre annuncia l’imminente trasferimento a NY e tutti gli mettono il muso chiudendosi nelle loro stanze, è una canzone a riunirli. Come richiamati da un flauto magico, tutti tornano nel salotto appena sentono le note di “You and I”, cantata dal padre e dalla madre, e si riuniscono intorno a loro cantando tutti insieme, come se fosse un rito religioso.
Un altro momento drammatico in cui la musica ha una grande importanza è quando la piccola Tootsie, inconsolabile all’idea dell’imminente trasloco, guarda fuori dalla finestra. Esther prova a farla stare meglio cantandole una canzone: si tratta di “Have yourself a Merry Little Christmas”. Secondo un aneddoto il compositore, Hugh Martin, aveva inizialmente scritto per la canzone delle parole molto tristi. La Garland, ascoltando il testo, si era rifiutata di cantarla poiché credeva che se avesse cantato quelle parole alla piccola Tootsie, la gente avrebbe pensato che fosse un mostro. Martin però si rifiutava di cambiarlo.
Tom Drake (che ne film interpretava John Truett) allora aveva deciso di intervenire. Gli aveva offerto una tazza di caffè, dicendogli che quella canzone sarebbe potuta diventare un grande successo se avesse accettato di cambiare le parole. Così è stato, e oggi abbiamo una delle più iconiche canzoni di Natale, che avremmo rischiato di perderci se Hugh Martin non avesse ascoltato il consiglio di Drake. Un po’ ciò che avevamo rischiato qualche anno prima con un’altra canzone famosa della Garland, “Somewhere over the Rainbow”.
Il film e la società patriarcale descritta da Minnelli
“Incontriamoci a St. Louis” è un film propedeutico ai grandi capolavori che saranno poi realizzati da Minnelli, come “Un americano a Parigi” o “Gigi”. Troviamo già i suoi principi di una messa in scena che non lascia angoli vuoti, dando spazio a ciò che c’è nella dimensione dell’immaginario. Minnelli ci porta subito nel 1903 con pochi immediati frame: basta vedere le carrozze o comprendere la mentalità dei protagonisti. Il tempo, invece, è scandito da quadretti che, come in un libro di favole, indicano le stagioni lungo tutto il film, espediente che sarà molto utilizzato in seguito, e che abbiamo visto anche recentemente nel film “Emma.” di Autumn de Wilde. Elemento di forza del film è sicuramente il legame e l’affetto di questa famiglia, che ricorda in parte la sensazione che si ha quando si guarda il grande classico “Piccole Donne” dal libro della Alcott.

Sicuramente la struttura patriarcale e la considerazione della donna, però, potrebbero non essere molto apprezzate dal pubblico odierno. Il padre di famiglia, infatti, è colui che prende le decisioni per tutti, fino alla fine. La madre assolve ai suoi compiti. La stessa Esther, che è la protagonista, pensa che sposarsi sia necessario entro una certa età. E’ inoltre evidente come gli standard di bellezza femminili siano enfatizzati: Rose intima ad Esther di dormire per mantenersi bella, o la costringe ad indossare uno scomodo bustino per avere un punto vita perfetto. Esther sottolinea quanto sia scomodo provando a sedersi con grande difficoltà e dicendo “Sembro una mummia del museo egiziano”.
E’ divertente però notare che Esther fa colpo su John proprio nel momento in cui non “si comporta come conviene ad una ragazza”. Infatti, in uno dei momenti centrali del film, presa dall’ira, va da John e lo colpisce con pugni e calci. E lui, che fino a quel momento non si era mai fatto avanti, la bacia e le dice “Se non è impegnata domani sera viene a picchiarmi di nuovo?”. Sicuramente un espediente discutibile, ma che è da annotare perché va contro quanto è stato detto prima di quel momento su come una ragazza dovrebbe comportarsi.
Riscopriamo insieme un grande classico
Il centro di tutto resta comunque il tema. Nel finale i personaggi si rendono conto di aver avuto ciò che volevano sempre sotto gli occhi, e proprio per questo non l’avevano mai visto. Ed è ciò che la fiera, a cui tutti puntano, rappresenta: è qualcosa di fantastico che avviene proprio lì, nella loro St. Louis. Ed è questo quello che dovremmo fare noi: riscoprire questo classico che abbiamo dimenticato per entrare subito nello spirito del Natale. Io, intanto, vi do appuntamento alla prossima settimana con un film con cui andremo 10 anni in avanti. Di che cosa si tratterà? Mercoledì prossimo alle 17 lo scoprirete, non mancate!
Paola Maria D’Agnone
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