Il suono dei pattini inline che scorrono sul parquet tra lo stridolio di una frenata e il rombo di un’accelerata; il sudore quotidiano che serve per ottenere risultati; la voglia di andare avanti che deriva da una passione implacabile. Questa è l’aria che si respira quando si entra al Palamunicipio XI, il palazzetto del Mammuth Hockey Roma. È sabato sera e in campo ci sono 10 giocatori bardati dalla testa ai piedi che pattinano avanti e indietro, sugli spalti un manipolo di fedelissimi canta dall’inizio alla fine. Scattato il 50esimo minuto, ovvero la fine della partita, rimangono tutti insieme, tifosi capitolini e non, a fare il terzo tempo con i giocatori.
Tutto quanto sembra essere così frizzante ed energico, ma attenzione perché, come sicuramente avrete capito, non stiamo parlando del calcio né dell”hockey su ghiaccio, bensì di uno sport considerato “di nicchia”, ma comunque spettacolare e coinvolgente: L’Hockey Inline. Questo sport, nato negli ultimi decenni del secolo scorso, è molto simile all’hockey su ghiaccio ( l’attrezzatura e le regole infatti sono pressapoco le stesse, giusto con qualche piccola differenza) tant’è che è nato proprio per giocare ad hockey in posti dove il ghiaccio non c’è, come Roma ad esempio. In Italia esistono varie realtà inline collocate lungo tutta la penisola, ma quella di Roma è la più a sud a stare nella massima
serie, la serie A. Il Mammuth è l’unica squadra capitolina e gioca e si allena nella parte meridionale della città, più precisamente nel quartiere San Paolo, a due passi dall’università di Roma3.
La cosa sorprendente di questo team poi è che è completamente autofinanziato ed autogestito.
Ma questo e molto altro ancora ce lo racconta Lorenzo Pieralli, presidente nonché cofondatore e portiere di questa squadra, che Metropolitan Magazine ha avuto il piacere di intervistare in esclusiva.
Lorenzo, innanzitutto, puoi descrivermi brevemente questo sport evidenziando ciò che secondo te lo rende davvero unico nel suo genere?
Prima di tutto ciao Andrea e grazie per questa intervista, sono ancora poche le occasioni che abbiamo per far conoscere questo sport ed in particolare la nostra società. L’hockey in line mi ha stregato fin da subito, dalla prima volta che ho provato a praticarlo mi ha coinvolto e regalato grandi emozioni. Questo perché a qualsiasi livello esso si giochi conferisce molta adrenalina, è un gioco veloce che unisce il pattinaggio al controllo del disco ed anche per questo lo definirei uno sport completo dalla grande carica agonistica. A differenza dei luoghi comuni o come erroneamente si possa pensare quando si parla di hockey in line, che comunque è molto vicino al suo “fratello maggiore” giocato sul ghiaccio, l’ambiente è molto sano e corretto e non è fatto di scazzottate o risse, bensì di lealtà tra giocatori che una volta finita la gara si stringono la mano e spesso restano insieme a mangiare e bere qualcosa.
Come è nato il Mammuth Hockey ?
I Mammuth sono l’unica squadra di hockey in line della capitale e ne portiamo con orgoglio i colori, ma le loro origini provengono dalla provincia, nello specifico da Latina, dove un gruppo di appassionati iniziarono a giocare per puro divertimento all’interno del parcheggio dell’area mercato. Io mi unii a loro, attratto proprio dallo spirito del gruppo e come dicevo in precedenza da questo sport affascinate.
In che modo da un parcheggio siete arrivati alla massima serie?
Non è stato semplice il passaggio, ci sono voluti anni e tantissimi sacrifici, ma che ne sono valsi la pena in quanto ci hanno regalato emozioni ed esperienze uniche. Eravamo una realtà prettamente amatoriale, costituita da giocatori inesperti che per la prima volta si affacciavano ai primi campionati, ci rendemmo però conto che potevamo
crescere e competere sempre più con le altre squadre italiane. Siamo sempre stati una società fondata sul gruppo e abbiamo ottenuto questi risultati contando sulle nostre forze ed i risultati sono venuti da sé. I Mammuth iniziarono la loro scalata dall’area parcheggio alla fine degli anni novanta fino ad arrivare per la prima volta nel 2006 sui campi più blasonati della serie A, ovviamente passando per campionati regionali, interregionali, serie B e varie competizioni come Coppa Italia e di Lega.
Purtroppo in Italia è molto difficile andare avanti in sport considerati secondari come l’hockey inline. Il problema spesso potrebbe essere a livello di federazione o di budget. Puoi dirci, secondo te, quali sono i problemi che i Mammuth quotidianamente devono affrontare e cosa potrebbe esservi d’aiuto?
In Italia esistono molte attività sportive che coinvolgono tantissimi atleti, ma sfortunatamente veniamo tutti soffocati ed oscurati dal calcio che purtroppo avendo un enorme impatto mediatico non lascia spazio alle altre attività, o per meglio dire toglie visibilità precludendo alle persone la conoscenza di altre realtà. In Italia se escludiamo calcio, basket e pallavolo tutto il resto viene chiamato “sport minore”, ma vorrei ricordare che spesso e volentieri il nostro paese raggiunge, in quella che è la massima espressione dello sport e cioè le Olimpiadi, risultati eccellenti e di primato mondiale proprio con quelle attività che non vengono pubblicizzate o tenute poco in considerazione spesso e volentieri perché non smuovono ingenti somme di denaro. Nel nostro piccolo anche noi abbiamo un enorme difficoltà nel farci conoscere, sia perché Roma stessa è una città enorme e tante volte quello che succede in un quartiere fatica ad arrivare in un altro, in secondo luogo perché non c’è una cultura hockeistica dettata dalla posizione geografica ed ultima cosa ma non per ordine di importanza l’assenza di strutture specifiche dove svolgere serenamente l’attività sportiva. Sicuramente un aiuto da parte della nostra Federazione per quanto riguarda la pubblicità all’interno delle scuole, la creazione di eventi promozionali che facciano uscire il nostro sport dai palazzetti portandolo nelle piazze, un po come fatto con il rugby, renderebbe anche a noi il lavoro più facile.
Voi siete autofinanziati ed autogestiti. Dove trovate i soldi e soprattutto la passione per andare avanti?
Questo è un fattore che da sempre ci contraddistingue dalle società del nord, infatti quando le altre squadre vengono a conoscenza del fatto che siamo noi stessi giocatori a sobbarcarci interamente tutte le spese di affitto impianto di gioco, trasferte e tutto ciò
che serve per garantire le attività, rimangono sorpresi. All’inizio ci prendevano un po’ in giro e ci vedevano come una cometa, ma negli anni abbiamo dimostrato a tutti che spesso dietro al raggiungimento di risultati c’è ben altro oltre ai soldi. Certo un supporto non ci dispiacerebbe, anzi, ci darebbe una spinta in più, ma crediamo talmente tanto in ciò che facciamo e siamo troppo innamorati di questo sport che andiamo avanti comunque. Questa voglia, questa grandissima passione, è stata riconosciuta da tutti, anche da chi anni fa non ci prendeva sul serio ed invece oggi ci apprezza e ci rispetta dentro e fuori la pista.
Per te il movimento hockeystico italiano sta crescendo ultimamente?
Il nostro è un movimento abbastanza giovane, ma già da qualche anno come ha anche dimostrato il CONI, siamo cresciuti molto a livello di numeri e soprattutto di risultati. Basti pensare che le nostre nazionali, Senior e Junior Maschili ed anche Junior Femminile sono tra le migliori al mondo (Anche nell’ultimo mondiale le tre rappresentative si sono aggiudicate la medaglia d’argento). A livello di club si sono riscontrati dei problemi con un rallentamento se non addirittura con qualche abbandono, ma tutto sempre legato ai costi che in campionati nazionali come il nostro sono elevati. Si stanno facendo enormi sforzi per fa crescere sempre più l’hockey in line in Italia e da quando ho iniziato io moltissime cose sono cambiate, i campionati sono più strutturati, come anche le società, ma si deve anche fare attenzione a non fare il passo più lungo della gamba. Ad ogni modo credo che questo sport possa avere un ulteriore crescita e che i ragazzi delle giovanili di oggi potranno godere di tutti gli forzi fatti dalla Federazione, ma soprattutto dalle singole realtà
Per finire, puoi farci un piccolo commento sul drappello di tifosi che seguono le vostre partite?
Questa è una domanda al quale rispondo con molto piacere perché dopo avervi parlato di alcuni problemi riscontrati a livello territoriale e non, posso dire con tutta sincerità
Giocatori e tifosi si abbracciano festeggiando la promozione in Serie Ache i tifosi che ormai ci seguono e sostengono da un paio di anni sono un gruppo fantastico e sono il gruppo di tifoseria che ogni squadra vorrebbe. Il loro numero è aumentato con il passare del tempo, all’inizio erano 3 o 4 ragazzi appassionati che venivano alle nostre partite casalinghe, addirittura ci seguirono anche in trasferta, poi si aggiunsero dei loro amici ed in men che non si dica hanno riempito una zona degli spalti ed istituito il CUMR (Commando Ultra Mammuth Roma). Sono goliardici, appassionati, calorosi e si sentono parte della squadra
CUMR durante una partita, Ph: Rita Foldi Photographyinfatti fin da subito si è instaurato un legame forte tra giocatori e tifoseria tanto da rimanere tutti insieme al termine delle gare. Riescono a scaldare gli animi di noi giocatori e non potremmo più immaginare un palamunicipio senza di loro, sono veramente il giocatore in più che spesso ci da la carica e lo slancio in quelli che possono essere momenti difficili. Sappiamo che ora quando scendiamo in pista giochiamo e diamo tutto anche per loro.
dischi nel palamunicipio, Ph:Rita Foldi PhotographyPer maggiori informazioni potete visitare http://www.hockeymammuth.it/ .
Fotografie di http://www.ritafoldi.com/
Di Andrea Candelaresi