Classe 1933, Gian Maria Volonté è stato, senza dubbio, uno degli attori più amati e versatili del cinema italiano. Nato a Milano, ma cresciuto a Torino, mosse i primi passi nello spettacolo sui palchi dei teatri e sul piccolo schermo, apparendo in diversi sceneggiati televisivi, da L’Idiota, tratto dall’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij ,a Romeo e Giulietta. Il suo debutto cinematografico risale al 1960, quando apparve in Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti. Recitò, seppur in ruoli marginali, in Antinea, l’amante della città sepolta di Edgar G. Ulmer e Giuseppe Masini, ed Ercole alla conquista di Atlantide di Vittorio Cottafavi. A dirigerlo furono poi Luigi Comencini (A cavallo della tigre), Valerio Zurlini (La ragazza con la valigia) e molto altri. La grande occasione, però, arrivò grazie a Sergio Leone. L’allora esordiente regista era in cerca di un villain per il suo primo western, Per un pugno di dollari, datato 1964 e individuò nell’interprete il perfetto Ramón. Il resto è storia.

Tornò a lavorare con Leone l’anno seguente in Per qualche dollaro in più, nuovamente nei panni dell’antagonista. Dalla fine degli anni Sessanta in poi, si dedicò a pellicole di spessore, da L’armata Brancaleone di Mario Monicelli a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, che si aggiudicò l’Oscar come Miglior Film Straniero. Il cinema politico divenne il suo marchio di fabbrica e, nel 1991, gli fu assegnato il Leone D’Oro alla carriera al Festival di Venezia. Nel trentennale della sua morte e in occasione dell’uscita di Volonté – L’uomo dai mille volti, documentario a lui dedicato, presentato a Venezia 81 ed eccezionalmente nelle sale il 23-24 e 25 settembre, ripercorriamo insieme la storia di questo poliedrico artista, attraverso alcuni titoli fondamentali per conoscere il suo talento.

Gian Maria Volonté: gli Spaghetti Western

Gian Maria Volonté
Gian Maria Volonté, lanciato da Sergio Leone e attore di punta del cinema politico italiano

Capostipite degli spaghetti western, Per un pugno di dollari è il più acerbo tra i film della cosiddetta “Trilogia del Dollaro”, ma ha dato il via a un genere, oltre che al fortunato sodalizio Sergio LeoneEnnio Morricone. Il protagonista è Clint Eastwood, ma gli occhi verdi e il magnetismo di Gian Maria Volonté gli rubano spesso la scena. Il suo Ramón Rojo è spietato e privo di scrupoli, ma resistere al suo fascino è impossibile e, quando Joe ha inevitabilmente la meglio su di lui, si finisce per provare un po’ di dispiacere.

Squadra che vince, non si cambia, e il regista romano chiama a rapporto i due attori, mettendoli di nuovo l’uno contro l’altro in Per qualche dollaro in più. Questa volta, a contendersi bottino e onore sono Il Monco (Eastwood), el Indio (Volonté), e la new entry Lee Van Cleef, nascosto sotto l’iconico cappello a falda larga del Colonnello Douglas Mortimer. Come ballerini in una coreografia studiata al dettaglio, i tre danzano tra un duello, un dialogo e un primo piano sui loro sguardi di sfida. La taglia pende sulla testa del crudele Indio, e stravolta non c’è spazio per la pietà.

Il successo nei grandi titoli del cinema italiano

Vincitore di tre Nastri D’Argento, L’Armata Brancaleone è tra le commedie nostrane più famose di sempre. Vittorio Gassman e Volonté sono il cavaliere Brancaleone da Norcia e il principe bizantino diseredato Teofilatto dei Leonzi; i due, dopo uno scontro iniziale, si alleano e s’imbarcano in una missione strampalata e a tratti surreale, tanto che, ancora oggi, l’espressione “armata Brancaleone” sta ad indicare un’accozzaglia di persone poco organizzate.

«Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano». La citazione di Franz Kafka chiude, senza realmente svelare il finale, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, capolavoro di Elio Petri. Gian Maria Volonté presta il volto a un dirigente pubblico del quale non scopriamo mai il vero nome, ma che viene chiamato “Il Dottore”. In apparenza cittadino modello, nasconde in realtà più di un oscuro segreto. Attraverso flashbacks e salti temporali, lo spettatore arriverà a scoprire la verità. Un magistrale Volonté contribuisce a tutti i riconoscimenti ricevuti dalla pellicola, primo fra tutti l’Academy Award.

Gian Maria Volonté e il cinema politico

Sacco e Vanzetti (1971), di Giuliano Montaldo, segna un’ulteriore svolta nel percorso artistico dell’interprete milanese. Insieme a Riccardo Cucciolla, Volonté narra la vicenda dei due anarchici emigrati negli Stati Uniti a inizio Novecento, accusati ingiustamente di rapina a mano armata ed omicidio. Nonostante la mobilitazione e i comitati di liberazione, è chiaro l’intento del Governo americano di compiere una rappresaglia politica, condannando in modo esemplare i due uomini. Il film di Montaldo è una denuncia alle istituzioni corrotte, che mettono da parte l’umanità in favore di “lezioni” da impartire alla popolazione. Un occhio critico su un altro importante spaccato della società è offerto da La classe operaia va in paradiso, di Elio Preti, vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes. Volonté è Ludovico “Lulù” Massa, costretto a lavorare in fabbrica nonostante i numerosi problemi di salute, per poter mantenere la famiglia. Una vita alienata, che cambierà bruscamente dopo la presa di coscienza della sua condizione e gli inevitabili scontri che seguiranno.

Marco Bellocchio lo dirige nel 1972 in Sbatti il mostro in prima pagina, un’opera che mette in luce lo stretto rapporto tra stampa, forze dell’ordine e politica, spiegando quanto i giornali, se corrotti, possano manipolare l’opinione pubblica a proprio piacimento, alterando i fatti. Il film ricorda una vicenda che occupò davvero le prime pagine dei giornali dell’epoca, il caso di Milena Sutter, studentessa modello inspiegabilmente uccisa. Storie forti, crude e, soprattutto, vere. Negli anni Settanta, a Volonté furono proposti diversi cult movies, da Il padrino di Francis Ford Coppola a Novecento di Bernardo Bertolucci, ma lui rifiutò. Preferiva lasciare ad altri le mega-produzioni e continuare a raccontare, nel bene e nel male, la sua Italia.

Federica Checchia

Seguici su Google News