Musica

Maneskin, “Teatro d’ira Vol. I” è la prima tappa di un viaggio nel rock crudo e contemporaneo

Esce oggi “Teatro d’ira Vol. I”, il secondo album in studio dei Maneskin. Presentato a tre anni di distanza da “Il ballo della vita”, doppio disco di platino, questo nuovo progetto della band è solo la prima parte di un progetto più ampio. Teatro d’ira, a differenza del disco precedente, è stato registrato interamente in presa diretta, presso il Mulino Recording Studio di Viterbo.

Damiano, Victoria, Thomas e Ethan, autentiche giovanissime rockstar, nel look e nel sound, danno ancora prova del loro talento come musicisti e compositori. Tra le otto tracce di Teatro d’ira dei Maneskin, tutte interamente composte dalla band, troviamo il successo sanremese Zitti e buoni, il primo singolo Vent’anni e anche due brani in inglese. Un viaggio di neppure trenta minuti nel rock crudo e contemporaneo della band del momento.

“Teatro d’ira Vol. I”, produzione e promozione dell’album

“È un disco che parla di noi, in maniera molto sincera, a trecentosessanta gradi, sia a livello di testi sia a livello musicale. Infatti abbiamo deciso di registrarlo in presa diretta, per portare la dimensione live all’interno del disco, perché è la dimensione che meglio ci rappresenta.”Damiano David

Come è chiaro dal titolo, il secondo disco dei Maneskin è solo la prima parte di un progetto più ampio, che nel corso dell’anno racconterà in tempo quasi reale gli sviluppi creativi della band. Un percorso ambizioso e in continuo divenire, partito dal primo singolo promozionale Vent’anni, già disco di platino, e dall’inedito Zitti e buoni, che in pochi giorni ha raggiunto 18 milioni di streaming.

Il significato del titolo, Teatro d’ira, è stato spiegato dal leader Damiano: “vuole creare un contrasto tra il teatro, che è la collocazione fisica, e il sentimento, la nostra rabbia, che si trasforma in energia, qualcosa di positivo”. L’album, presentato due giorni fa in conferenza stampa e distribuito dalla RCA, da oggi è disponibile in tutti i negozi e le piattaforme digitali.

Maneskin, Zitti e buoni, cover - ph: maneskin.it
Maneskin, Zitti e buoni, cover – ph: maneskin.it

Maneskin, “Teatro d’ira Vol. I”, tracklist – prima parte

Ad aprire l’album è il riff di Zitti e buoni, il brano con cui i Maneskin hanno trionfato a Sanremo e che la band porterà anche sul palco dell’Eurovision. I quattro mettono subito le cose in chiaro: siamo giovani e arrabbiati, ma non per questo valiamo meno di voi adulti che state sempre a criticare. E lo dimostrano con parole taglienti e sonorità rock crude e distorte che fanno impallidire molti colleghi della stessa generazione, bloccati nel loop di autotune e trap. La traccia seguente è Coraline, che, chiarisce Damiano, non fa riferimento al lungometraggio animato. La scelta del nome è puramente musicale. La canzone parla di una storia reale riportata in favola, e ognuno può interpretarla come preferisce.

Coraline è una giovane ragazza che non trova il suo posto nel mondo perché troppo pura e fragile. Il suo percorso sembra senza speranza (“ha perso il frutto del suo ventre/
non ha conosciuto l’amore ma un padre che di padre è niente”
), ma c’è qualcuno pronto ad essere per lei riparo d’inverno, un soldato, anche solo un sorriso.

Col terzo brano, Lividi sui gomiti, si torna al mood aggressivo di Zitti e buoni. Questa canzone è descritta dal gruppo come “una storia di rivincita, uno schiaffo in faccia a chi ha dubitato di noi e delle nostre abilità, un inno di rivalsa”. C’è tutta l’arroganza e la voglia di distinguersi, staccandosi da chi si confonde con la massa: “a noi il coraggio non ci manca/ siamo impavidi/siamo cresciuti con i lividi sui gomiti/non ce ne frega un cazzo di te”. Poi arriva il primo dei due pezzi in inglese, la sfacciata I Wanna Be Your Slave. Veloce, esplicita, selvaggia (“Se vuoi usarmi posso essere il tuo pupazzo”, tanto per dirne una). Perfettamente in linea con la carica erotica del frontman, il quale ha scherzato, durante la conferenza di presentazione del disco, dicendo: “Probabilmente con questa mi procurerò le mie prime denunce perché ha un testo molto colorito. Descrive con crudezza tutte le sfaccettature della sessualità”.

Maneskin, videoclip ufficiale di Zitti e buoni (2021)

Maneskin, “Teatro d’ira Vol. I”, tracklist – seconda parte

In nome del padre è un altro brano rock provocatorio, sin dal titolo. Che però gioca con il contrasto sacro/profano solo per sottolineare come per i Maneskin la musica sia altrettanto sacrale. La band ha così parlato della quinta traccia di Teatro d’ira: “Spaccare le barriere e liberarsi da ciò che ci opprime. Il racconto di come il successo abbia cambiato la nostra vita e di come a volte la pressione sia schiacciante, ma tutto in nome della musica, per noi sacra.” Segue la seconda canzone in inglese, For Your Love. Il pezzo meno incisivo del disco, parla della relazione tossica tra un artista e la sua musa.

La settima traccia, La paura del buio, è “il racconto del rapporto conflittuale tra l’artista e la musica, che è allo stesso tempo malattia e cura. Una presenza imponente che a volte toglie il fiato ed altre lo dona.” Questo brano presenta un notevole cambio strumentale, dall’intro al finale. La chiusura dell’album è affidata a un brano più riflessivo, la ballad Vent’anni. La canzone, primo singolo estratto dall’album pubblicato lo scorso ottobre, è una sorta di lettera in cui i pensieri di Damiano si intrecciano a quelli dei suoi coetanei. I ventenni appunto, spesso già disillusi o schiacciati dai pregiudizi, che l’artista vuole incoraggiare, ricordando loro di restare liberi e diversi dagli altri.

Maneskin, videoclip ufficiale del singolo Vent’anni (2020)

I Maneskin non sono vero rock? E sti cazzi!

Una parte della critica fatica a definire lo stile dei Maneskin come vero rock, per lo meno questo riesce difficile ai puristi del rock. Ovvero a coloro che ritengono questo genere morto e sepolto ormai da decenni e che si ostinano a ritenere veri artisti rock solamente i giganti del passato. Dimenticando, per altro, quanto spesso, anche cantanti e musicisti col tempo divenuti leggende, ai loro esordi non fossero esattamente idolatrati e intoccabili. Tali critici, dimostrano di essere vittime di pregiudizi (che poi sono proprio i nemici numero uno dei Maneskin) e pure un po’ prevedibili e noiosi.

Non spetta certo a noi, adesso, dire se questa giovane band sia valida tanto quanto le rock band del passato, e il punto è che non ci interessa nemmeno. Gli stessi Damiano e compagni, rispondono con un sonoro e sti cazzi quando qualcuno li accusa di non essere delle rockstar. Ciò che conta, è che una band come i Maneskin, oggi, rappresenta in Italia una vera rarità. Che siano nati per il palcoscenico ce lo hanno dimostrato ampiamente sin dai tempi di X Factor e poi di nuovo all’Ariston. E di sicuro porteranno alta la bandiera dell’Italia all’Eurovision, a prescindere da quale sarà il loro piazzamento in classifica.

Sono giovani, ribelli, provocatori, ma anche educati, coi piedi per terra e con una solida gavetta alle spalle. E soprattutto sanno suonare dal vivo, cosa non così comune (vedi Sanremo). Attingono anche un po’ qua e la da band straniere, è vero (sintomo del periodo trascorso a Londra, dove “vedevamo anche tre concerti al giorno e abbiamo preso più consapevolezza del nostro suono”), ma almeno il risultato finale non è solo una squallida imitazione. Ai posteri l’ardua sentenza. Dunque noi per il momento, in conclusione, diciamo che sì, i Maneskin, con “Teatro d’ira Vol. I” ci regalano un viaggio nel rock più crudo e contemporaneo della scena attuale, che non dura neppure trenta minuti. E siamo già curiosi di sapere dove ci porterà il capitolo successivo.

A cura di Valeria Salamone

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