MotoGP: il saluto di Oscar Haro dopo una vita passata in pista

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Di Redazione Metropolitan

Oscar Haro lascerà la MotoGP dopo una vita passata in pista come assistente dei piloti e direttore sportivo. Nell’intervista di commiato spende due parole anche su Pedrosa e Stoner.

Una vita passata ai bordi della pista

Dopo tanti anni al fianco dei piloti, Oscar Haro saluterà la MotoGP e il Team Honda. Haro ha deciso di cambiare vita e concentrarsi sulla famiglia. Nell’intervista a Sport, ha dichiarato che non resterà con le mani in mano e proseguirà con il suo lavoro nel campionato spagnolo con il Team LaGlisse. Sin da ragazzo la passione per la moto era tutto, ma non abbastanza per poter correre in pista. Inoltre, la sua famiglia non poteva affrontare le spese per aiutarlo nella carriera motociclistica. Pertanto, seppur ai bordi, decise di affrontare la carriera di assistente dei piloti. Di certo, si può dire che fu una scelta azzeccata. “Sono quello che volevo essere, l’uomo di fiducia dei piloti”, ha dichiarato in merito al suo lavoro.

Oscar Haro su Pedrosa e Stoner

La svolta della carriera di Haro arrivò con la chiamata di Cecchinello. Questi intuì sin da subito l’enorme potenziale tecnico e umano del giovane Oscar. Potenziale impiegato alla perfezione nei riguardi dei piloti. L’ex Honda ricorda, ad esempio, la prima volta di Pedrosa in pista: “Suo padre mi ha chiesto di dargli una mano ‘perché è piccolissimo, non conosce le lingue ​ed è un po’ perso’. Quando un genitore ti affida il figlio, è una soddisfazione immensa. Si fida di te e tu non puoi che ripagarlo stando accanto al giovane in ogni momento“. Poi, arrivano anche i momenti difficili, quando devi rendere conto ai genitori dei più giovani di una situazione complicata: “Nella loro crescita devono cadere e farsi male. Ne parlavo con la madre di Jorge Martín, che quest’anno ha riportato un brutto incidentele ho spiegato che è l’unico modo per imparare, per migliorare“. Infine, Haro ha speso anche alcune parole su Casey Stoner: “A volte, il suo enorme talento non gli è servito perché era pazzo, non aveva misura. Ho dovuto calmarlo più di una volta mentre correva“.

Lorenzo Tassi

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