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Persone con disabilità: la situazione in Italia e la legge 104/92

Garanzia di una vita indipendente, autodeterminazione e inclusione nella società delle persone con disabilità sono, ancora oggi, argomenti che fanno riflettere dato che compaiono ancora sui quotidiani e sulle televisioni casi di “segregazione” di persone con disabilità.

Tutto questo nonostante la definizione e il continuo aggiornamento della legge quadro 104/92 sulla disabilità, che promuove il sostegno a un percorso di vita indipendente, l’assistenza indiretta e a domicilio del soggetto disabile limitando l’inserimento in strutture protette.

La legge 104 del 1992 è una norma articolata e completa, come ci spiega questa dettagliata guida pubblicata sul sito di Contact Srl, servirebbe un svolta epocale per applicarla in maniera completa sfruttandone pienamente le potenzialità.

Dalla sua entrata in vigore ha sofferto infatti delle solite difficoltà burocratiche tipiche del nostro paese che ne hanno ridotto l’efficacia. Lo stesso legislatore non è certo andato spedito nella emanazione dei decreti necessari per l’attuazione di quanto sancito dalla legge quadro sulla disabilità.

Per tutte queste ragioni possiamo affermare che la legge in questione non ha mai potuto garantire pienamente i suoi effetti, probabilmente anche per delle carenze culturali.

Per cambiare l’atteggiamento culturale nei confronti della disabilità è necessario innanzitutto comprendere cosa significhi, avviando nei cittadini la sensibilizzazione verso progetti di solidarietà e inclusione positiva. Un simile impegno deve partire innanzitutto dalla scuola, che ha il compito di formare personale specializzato, dialogare con le famiglie e con gli esperti sanitari mettendo in campo competenze eterogenee, risorse materiali e professionali. Un percorso che proseguirà poi nel corso di tutta la vita, includendo situazioni personali e professionali.

Una tendenza preoccupante: l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità

Nel contesto degli interventi e dei servizi per le persone con disabilità, emergono oggi casi diffusi di “sanitarizzazione” e “re-istituzionalizzazione” delle persone disabili, per mancanza di coordinamento dei supporti per la vita nel proprio contesto abitativo o la mancata riassegnazione delle risorse destinate agli istituti residenziali che andrebbero indirizzare alla garanzia di accesso a una vita indipendente per ogni soggetto disabile.

La tendenza conferma quando espresso dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ovvero la preoccupazione per la mancata definizione di strategie e assegnazione di risorse tali da permettere alla persona disabile di vivere nella loro comunità di appartenenza.

Disabilità e occupazione: alcuni dati su cui riflettere

La legge 104/92 tratta ampiamente il tema della tutela sul lavoro della persona con disabilità, eppure l’occupazione per questi soggetti continua ad essere un miraggio, almeno secondo i dati 2017 dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute, confermati anche per il 2018, che dimostrano come abbia trovato un’occupazione solo il 18% dei 775.000 disabili iscritti alle liste di collocamento.

Anche la normativa per l’eliminazione delle barriere architettoniche prevista dal PEBA (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) l.41/1986 sembra essere ancora disattesa a livello nazionale a testimonianza di come il vero ostacolo all’inclusione del disabile nella vita sociale e lavorativa sia più culturale che architettonico e sia, quindi, necessario un cambiamento di mentalità nel nostro Paese.

Disabilità e discriminazioni: la violenza sulle persone con disabilità

Oltre all’inclusione nella vita sociale e lavorativa e all’abbattimento delle barriere architettoniche, parlare oggi di disabilità significa riferirsi anche a episodi sempre più gravi di discriminazionie violenze subiti da tali soggetti, soprattutto quando si tratta di donne e minori.

Lo sfondo su cui si compiono tali atti è la diffusione di pregiudizi e considerazioni stigmatizzanti a cui lo Stato, la scuola e le istituzioni locali devono rispondere con lo sviluppo di percorsi culturali, che contribuiscano alla realizzazione di una società inclusiva e fondata sul rispetto dei diritti fondamentali della persona.

La legge 104/92 rappresenta, in tal senso, un valido punto di partenza, ma a cambiare deve essere innanzitutto la mentalità di tutti i cittadini.

Disabilità e terminologia: una definizione corretta del termine

Dal 2001 l’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) usa il termine disabilità ridefinendo al contempo il funzionamento umano per andare oltre la classificazione dei due distinti modelli “medico” e “sociale”, integrandoli tra loro. Proprio da questo nuovo utilizzo del termine disabilità è nata la seguente definizione:

la disabilità è conseguenza o risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute dell’individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui lo stesso individuo si trova a vivere.”

Nel 2006 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilitàha poi definito ufficialmente il termine “persone con disabilità”, che è andato via via a sostituire la parola “disabile”. La definizione ufficiale, in questo caso, è:

coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”.

A questo punto si possono considerare, quindi, superati i termini “handicap” ed “handicappato”, pur ancora presenti nella Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Vita delle persone disabili: il diritto all’indipendenza e all’inclusione nella società

Obiettivo della legge 104/92 e dell’art.19 della Convenzione ONU, oggi legge 18/09, è quello di garantire “l’eguale diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella comunità, con la stessa libertà di scelta delle altre persone”.

Eppure, analizzando la situazione italiana, vediamo come per i soggetti con disabilità sia ancora difficile ottenere il diritto a vivere in casa propria a causa del basso numero di ore erogate dagli enti di assistenza e dei limiti legislativi per ottenere il sostegno di familiari, parenti e amici.

Ecco perché molti disabili si trovano a trascorrere la vita in strutture residenziali in cui viene meno il diritto all’autodeterminazione e alla libertà personale, essendo sradicati dal quartiere e dalla cerchia sociale e sottoposti a orari rigidi e limitazioni di ogni tipo.

Rispettare l’art.19 della Convenzione ONU sulla disabilità significa affermare “il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone” attraverso l’adozione di “misure efficaci e adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società.

Nel dettaglio lo Stato e le istituzioni devono assicurare alla persona disabile:

  • Possibilità di scelta del luogo di residenza e delle persone con cui vivere;
  • Accesso a servizi a domicilio e di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per vivere nella società e non essere isolati o vittime di segregazione;
  • Accesso a servizi e strutture sociale destinate a tutta la popolazione sulla base del diritto all’uguaglianza con gli altri.

Qualora, invece, manchino i supporti e i requisiti per permettere alla persona di vivere senza forme di segregazione nel contesto abitativo autonomo si tratta comunque di una condizione che non deve spingere il disabile a una scelta obbligata della residenza.

Sicuramente il problema del mancato diritto all’indipendenza nasce dalla cronica insufficienza di fondi in cui versano le casse dello Stato e dei Comuni, ma anche alla mancata sensibilità culturale ai temi dell’assistenza indiretta e della domiciliarità, rispetto al tradizionale inserimento in struttura gestito dagli enti pubblici.

Persiste una tendenza alla “ospedalizzazione” del disabile che, però, come abbiamo visto va contro le Osservazioni Conclusive del Comitato ONU al primo Rapporto sull’implementazione della Convenzione ONU. Si tratta di un testo che esprime forte preoccupazione per la tendenza a re-istituzionalizzare la persona con disabilità e limitarne l’indipendenza e l’autonomia.

Conclusioni

All’interno del quadro della situazione italiana della persona con disabilità, si pone la legge 104/92 che, attraverso il coordinamento tra Stato, Regioni e Comuni, ha l’obiettivo di rimuovere le cause invalidanti, promuovere l’autonomia e realizzare l’integrazione sociale del soggetto disabile. Il miglior modo per raggiungere questi traguardi è integrare la ricerca scientifica, genetica, psicopedagogica, sociale e tecnologica per offrire alle persone con disabilità sempre nuovi strumenti per trasformare la loro condizione da limite in opportunità.

Tutto questo assicurando alle famiglie che assistono una persona disabile benefici e vantaggi dal punto di vista psicologico ed economico, promuovendo anche l’abolizione di ogni forma di emarginazione e esclusione sociale grazie ai servizi di tutela del lavoro e di inserimento scolastico previsti dalla legge 104/92.

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