Se bastasse una parola per descrivere Frida Kahlo sarebbe: passione

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Di Alessia Ceci

Frida Kahlo (1907 – 1954) – di cui oggi ricordiamo il compleanno – è felice di essere diversa. Diversa da quelle donne con un’esistenza semplice, paghe di avere marito, famiglia e comodità domestiche. Non le importa neanche dei ragazzini che le urlano ‘’ehi sta passando il circo’’ quando passeggia colorata tra i grattacieli grigi nelle vorticose Città del Messico, San Francisco o Detroit. Da sempre abiti, orecchini e trucchi variopinti sono gli ambasciatori del suo animo. Il lato visibile dei suoi sentimenti.

Frida non ha sempre indossato quegli abiti variopinti

Arthive
Frida Kahlo, Ricordo (il cuore), 1937, olio su tela

In una delle prime fotografie che la ritraggono compare vestita con un completo maschile, pantaloni, giacca scura e capelli tirati indietro e imbrillantinati. L’espressione del volto è quella di qualcuno che non è contento né di se stesso né del mondo in cui vive. E’ nel 1926 che quegli abiti iniziano a caderle di dosso. Frida cambia pelle ed espressione e comincia la sua primavera. Tra i tanti vestiti che indosserà ci sarà anche la divisa delle ragazze rivoluzionarie, gonna e blusa per marciare alle manifestazioni, la camicia rossa comunista e infine le gonne svolazzanti da vera matriarca.

Accenni sulla vita di Frida Kahlo e il drammatico incidente

Anche se ha spostato la data per farla coincidere con il 1910, anno della rivoluzione messicana, Frida è nata il 6 luglio del 1907. Nacque a Coyoacán, un villaggio oltre la periferia di Città del Messico. Suo padre era Guillermo Kahlo Kaufmann, un fotografo tedesco, emigrato in Messico nel 1891; sua madre Matilde Calderón y González (1876-1932), una benestante messicana di origini spagnole e amerinde. La piccola casa Azul, oggi museo a lei dedicato, è la casa in cui Frida nasce e in cui morirà quarantasette anni dopo.

Il 1925 fu l’anno del famoso e terribile incidente che la coinvolse mentre stava tornando da scuola in autobus. La ragazza riportò ferite gravissime alla schiena, alle gambe e alle spalla. Il periodo di infermità fu per lei una tortura lunga e silenziosa. I genitori le regalarono pennelli e tele per farle trascorrere meglio il tempo. Conoscono l’interesse della figlia per la pittura, maturato anche a lezione con il pittore Fernando Fernandez. Così Frida inizia a sviluppare il suo linguaggio artistico suggestionato dalla sua solitudine.

Frida e il tempo della rinascita

”Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere”, sostiene con fermezza. Sembra come che  fosse desinata alle menomazioni del corpo. A sette anni infatti soffriva di una malattia – forse poliomielite –al piede destro che i medici non sapevano come curare. Un avvertimento forse al drammatico evento del 1925. Ma Frida non si scoraggia mai, già allora capisce che gioia e dolore sono inseparabili, come la luce e oscurità. In tutto il corso della vita resterà pronta all’allegria e indomabile nella sofferenza.

Anche quando sarà travolta dai atroci tormenti fisici, interventi chirurgici, degenze pietrificanti in un letto di ospedale, busti d’acciaio, aborti e amputazioni. Durante il periodo di convalescenza dell’incidente non si abbandonò di certo al dolore, realizzò un autoritratto, il primo di una lunga serie. Poco alla volta cominciò una lenta guarigione che le consentì di ritrovare l’allegria di un tempo. Cominciò a cercare un impiego, continuò a coltivare la sua passione per l’arte e si impegnò nella lotta comunista.

Un tassello fondamentale: Diego Rivera

Frida conosce Diego a casa di Tina Modotti, celebre fotografa italiana, con cui Diego – comunista come lei – ha una relazione. Rivera le ritrae entrambe negli affreschi a cui sta lavorando nel Palazzo dell’Educazione. Immortala poi Frida nuovamente con indosso una camicia rossa da uomo con una stella rossa sulla tasca.  Dicono che Diego la chiamasse ‘’faccia di cane’’ e che lei gli replicasse ‘’faccia di rana’’. I lavori per il murale andarono avanti per tutto il 1928 e il 21 agosto 1929 si sposarono, sette anni dopo il loro primo incontro, inconsapevoli del fatto che stavano per diventare una delle coppie più emblematiche del Novecento.

Per Frida Kahlo il matrimonio è l’inizio di un’ulteriore nuova vita

Diego Rivera per lei emana un’atmosfera d’amore e di festa. In mezzo a furori di gelosia, tradimenti reciproci, separazioni e ricongiungimenti Frida vorrà vivere sempre quella festa unita a Diego. Quando lo ha conosciuto gli ha mostrato i suoi primi disegni e l’uomo l’ha incoraggiata , benché la ragazza stesse cerando ancora la sua strada artistica. Come in Autoritratto con vestito di velluto.

Quella ragazza dall’aria aristocratica ed elegante è una lontana antenata della figura femminile che sarà al centro della pittura di Kahlo. Un corpo sofferente e forte, talvolta seducente, talvolta martoriato, sempre esposto e cangiante. Un corpo pronto ad esprimere non bellezza e grazia ma i sentimenti più profondi, emozioni, dolori, passioni, una tempesta di stati d’animo.

Cosa racconta Frida Kahlo nelle sue opere?

Quando arriva a San Francisco, lontana da casa e sola con Diego Frida è pronta a sfidare l’uomo che ama, la sua pittura sarà sempre diversa da quella di colui che l’ha senza dubbio ispirata ma mai manipolata. Lui racconta la storia, tutto il mondo pittorico di lei invece è rivolto all’interiore.

Il folclore dei suoi quadri, gli scheletri, le maschere i travestimenti della morte non sono altro che un modo per raccontare il tormentato mondo interiore che ogni uomo e soprattutto ogni donna racchiude in sé. Frida sarà definita surrealista, ma vuole raccontare quell’altrove che agita la vita e che gli esseri umani si ostinano a non vedere. Tra i tormenti del corpo e dell’anima più sentiti c’è quello della mancata maternità.

Frida giace nuda su un letto di ferro, dal suo corpo escono fili di vene che la collegano a figure fluttuanti, un’orchidea, una chiocciola, un orifiamma. Un’altra apparizione è il feto di un bambino eretto come un idolo arcaico. L’opera si intitola Ospedale Henry Ford, l’ospedale di Detroit dove nel luglio 1932 si è interrotta, dopo quattro mesi, la seconda gravidanza di Frida. Poco più di un mese dopo completa una litografia, intitolata Frida e l’aborto.

La mancata maternità e l’epilogo della vita di Frida

La pittrice non riuscirà mai ad avere il figlio che desiderava, ma continuerà ad indagare nelle sue opere la maternità: desiderata, sanguinosa, sognata, impossibile. Dipinge delle natività al rovescio, che raccolgono la disgrazia al posto del miracolo. E’ una madre dal doppio volto quella che l’affascina e la tormenta come nel quadro  con la balia india che abbraccia e nutre dietro la maschera nera della morte. Rimpiangendo fino alla fine della sua vita i figli mai nati, si dedicherà affettuosamente a quelli degli altri, scrivendo sul suo diario nel 1944: ‘’ i bambini sono i giorni e qui è dove io finisco’’.

Malgrado le sofferenze di ogni tipo, tra cui le pene amorose dovute alla lontananza di Diego preso dai suoi affreschi, polemiche politiche e amori, Frida dipinge sempre. Colora anche i ventotto busti di metallo, cuoio, gesso e acciaio che è costretta a portare. Le strade di Città del Messico la vedono un’ultima volta il 2 luglio 1954 quando si fa portare in carrozza ad una manifestazione per la pace in Guatamala. Alza il pugno e stringe la bandiera, fedele alle sue passioni. Muore poco dopo il 13 luglio celebrata come una patrona laica di quello che il Nuovo Messico avrebbe volto essere e non è stato.

Alessia Ceci

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