Il suo nome è Bond. James Bond. Un personaggio ormai leggendario nato dalla penna di Ian Fleming e reso immortale al cinema con non uno ma ben sei incarnazioni. Dall’elegante Sean Connery allo sfortunato George Lazenby per poi passare agli ironici Roger Moore e il cupo Daniel Craig. E poi c’è Timothy Dalton, protagonista di soli due film del franchise di 007 e per questo spesso dimenticato. Il che è un peccato perché “007-Vendetta privata” è probabilmente uno dei migliori titoli della saga.
A James, eterno affetto
Dimenticate lo stile di Connery o l’umorismo brillante di Moore alle prese con bellissime donne e cattivi pittoreschi. Anzi, dimenticate gli anni ’60 e ’70 per principio. Il gallese Timothy Dalton è il James Bond dei cupi e violenti anni ’80, non esattamente l’epoca più fortunata per 007 ma non privo di soddisfazioni. Dimenticatevi le freddure, i gadget (a parte una scopa di saggina con radiotrasmittente fornita dal solerte Q) e le tappe esotiche perché James Bond si adatta sempre a ogni periodo storico.
Un cambio di stile che ha giovato alla serie, abbandonando gli eccessi per concedersi un registro più realistico (nei limiti di una pellicola di 007, ovviamente) e una caratterizzazione abbastanza inedita di Bond, meno istrione ma anzi più umano e spietato e per la prima volta protagonista non di una missione di spionaggio ma bensì una questione personale. Dopo che il suo amico Felix Leiter viene ferito gravemente e reso vedovo, James si lancia alla caccia del malvagio trafficante Franz Sanchez, criminale avido e sadico che però crede nella fiducia.
Avere tutto
“Vendetta privata” non si allontana però troppo dai canoni della serie e offre ciò che noi chiediamo (anzi pretendiamo) da una pellicola su 007. Abbiamo quindi cattivi facili da odiare (compreso un giovane e già maligno Benicio Del Toro), una bond girl tosta e affascinante (la Pam Bouvier di Carey Lowell) e ovviamente tante scene d’azione che comprendono un rocambolesco prologo, un volo su idrovolante e un inseguimento stradale semplicemente epico.
Timothy Dalton non è probabilmente il miglior James Bond cinematografico ma meriterebbe maggior considerazione anche solo per essere il protagonista di uno dei migliori titoli della serie, diverso dai ben più noti “Goldfinger” o “La spia che mi amava” e che di fatto anticipa la deriva più “dark” inaugurata da “Casinò Royale” e che ritroveremo nel prossimo “No Time to Die”.
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