Quando si parla di “scoperta” delle Americhe, ci vengono immediatamente in mente tre elementi principali: 1492, Cristoforo Colombo e le tre caravelle.
Delle immagini quasi diventate “stereotipi”, ma fondamentali per capire l’importanza di tale avvenimento storico.
Innanzitutto, il termine “scoperta” viene utilizzato in modo del tutto improprio: dovrebbe in realtà definirsi “conquista” e/o “colonizzazione” delle Americhe.
Questo perché, già secoli prima i vichinghi erano approdati sul continente americano, come testimoniano alcuni resti ritrovati nell’isola di Terranova.
Oltre a ciò, quei territori erano già abitati da secoli da popolazioni che vengono definite “precolombiane”. Anche questo è un termine improprio, dato che sembra porre l’accento (indirettamente) sul fatto che prima di Colombo, tali popoli fossero semplicemente composti da selvaggi.
In questo articolo ci concentreremo prima di tutto sul contesto storico, poi su alcune delle fasi fondamentali e su come tale avvenimento ha segnato la società odierna.
IL CONTESTO STORICO
1492: siamo in un’epoca in cui la società subisce profondi cambiamenti. L’Umanesimo e il Rinascimento hanno radicalmente cambiato la visione tipica medievale dell’uomo “al servizio di Dio” ponendolo “al centro dell’universo”. Da ciò nasce un profondo interesse per la scienza, le innovazioni e, conseguentemente, le esplorazioni.
Una serie di innovazioni in campo navale permettono una migliore navigazione: l’introduzione del timone e della velatura composita, che rendevano le navi più manovrabili specialmente per fronteggiare le forti correnti atlantiche; l’invenzione della bussola e dell’astrolabio, per orientarsi in mare; il miglioramento della cartografia.
Oltre a ciò, vi è grande competizione fra portoghesi, genovesi e veneziani per il commercio delle spezie, materie pregiate e costosissime. Dopo aver trovato una via per circumnavigare l’Africa e raggiungere l’India da Oriente, c’è chi pensa invece di raggiungere l’Asia da Occidente.
Ed ecco che emerge la figura di Cristoforo Colombo, un esploratore genovese (in un’epoca in cui la penisola italiana raggiunge il suo massimo splendore).
Egli ha in progetto di raggiungere l’Asia navigando verso Occidente. Il progetto viene sottoposto prima al re del Portogallo, che però rifiuta, quindi ai cosiddetti “re cattolici”, ovvero Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia.
La regina, che ha occhio per gli affari, accetta e finanzia la spedizione di Colombo, il quale parte il 3 agosto 1492 da Palos, con le famose tre caravelle (una in realtà era una caracca): La Niña, la Pinta, la Santa María.
Dopo vari intoppi e un tentativo di ammutinamento, finalmente le navi approdano, il 12 ottobre 1492, nell’isola di Guanahani, ribattezzata da Colombo San Salvador.
Colombo crede di essere arrivato a Cipango, ovvero in Giappone, e ne resterà convinto fino alla morte.
Ma non sa che, in realtà, si tratta di un vero e proprio nuovo continente.
LA CONQUISTA E LA COLONIZZAZIONE
Inizialmente gli indigeni riservano un’accoglienza calorosa ai nuovi arrivati. Non li vedono affatto come invasori. Per loro, il concetto di “invasione” e “conquista”, non esiste.
Ma, da questo momento in poi, la loro pace verrà turbata e spazzata via per sempre.
Prima nascono contrasti tra la corona castigliana e quella portoghese: quest’ultima rivendica i propri “diritti” sui territori americani.
Ma come? Prima il re del Portogallo rifiuta di finanziare la spedizione di Colombo e poi pretende i diritti sulle terre scoperte? BAH. Comunque, quel sant’uomo di Alessandro VI, ovvero papa Rodrigo Borgia, riesce a dare il contentino ad entrambi i sovrani e con una bolla stabilisce che i territori conquistati a Oriente di una linea di demarcazione spettano agli spagnoli, i restanti ai portoghesi.
E vissero tutti felici e contenti.
ALT! “Non è che ci stiamo dimenticando di qualcuno?” viene spontaneo chiedersi.
Ecco, Ferdy e Giovy (i sovrani europei di Castiglia e Portogallo) questa domanda non se la sono proprio posta. Credendo di giocare a Monopoli o a Battaglia Navale, si sono arrogati il diritto di decidere su territori che erano già abitati da popolazioni sicuramente più all’avanguardia di quelle europee, dal punto di vista politico. Ma si sa, la brama d’oro spinge chiunque, anche i nostri parenti più prossimi (specialmente quando si gioca a Monopoli) a commettere crimini inimmaginabili. Ed ecco che così, l’esplorazione si trasforma in una vera e propria conquista che assume i tratti del saccheggio.
Civiltà fiorenti come i Maya, gli Inca e gli Aztechi, vengono completamente spazzate via dai conquistadores, grazie anche ad alcuni fattori:
– gli indigeni, inizialmente, vedono nei conquistadores l’adempimento di alcune profezie legate alle loro credenze religiose e oltretutto li vedono come divinità;
– per gli indios, la guerra ha come scopo la dimostrazione di superiorità di una popolazione rispetto ad un’altra, senza sterminare le credenze religiose e culturali dei vinti;
– i conquistadores hanno le armi da fuoco, contro le quali non si può competere;
– gli europei diffondono malattie, come vaiolo e morbillo, per le quali gli indios non hanno alcuna difesa immunitaria.
Ed ecco che così, i pochi indios che sopravvivono alle malattie, vengono raggruppati in villaggi, vedendosi strappare via le loro terre e il loro universo politico, religioso e sociale.
Le statue e i templi vengono abbattuti e distrutti, le tradizioni locali abolite. Ciò causa un profondo trauma psicologico in quelle popolazioni che, fino a quel momento, avevano vissuto ignare di ciò che c’era aldilà dell’Oceano Atlantico.
Come se non bastasse, gli indios vengono costretti a lavorare nelle miniere per estrarre oro e pietre preziose, nei campi e nelle piantagioni di caffè, tabacco, pomodoro, mais, thé, cacao; tali prodotti verranno esportati in Europa e rivoluzioneranno l’agricoltura e l’alimentazione.
Come ulteriore umiliazione, gli indios si troveranno sotto il controllo della cosiddetta encomienda, una struttura di stampo feudale in cui vi è un colono, chiamato encomendero che gestisce un appezzamento di terra e ha il compito di convertire (forzatamente, s’intende) gli indios alla religione cattolica, l’unica VERA religione nei secoli dei secoli. In cambio (di che?) gli indios sono costretti a prestare i propri servigi, lavorando come pazzi SENZA percepire alcuna retribuzione.
Bello schifo!
CONSEGUENZE E SOCIETÀ ODIERNA
Ecco che in due righe, vi ho sintetizzato pressappoco i punti fondamentali della colonizzazione americana.
Ci sarebbe molto da dire sull’argomento, ma mi limito a fare una riflessione su ciò che ha comportato questo avvenimento storico e su come ha gettato le basi per la società odierna.
Intanto, esaminare i fatti in questi termini, mostra come in realtà, la tanto decantata superiorità degli europei non sta né in cielo, né in terra. Essi hanno distrutto delle intere civiltà solamente per ragioni finanziarie; gli unici interessi erano economici e ciò che è peggio, la Chiesa ha aiutato a perpetrare tali abomini.
Ancor’oggi, quest’atteggiamento di superiorità viene ostentato e promosso fin dall’infanzia, dalle scuole elementari fino alle superiori.
Ciò alimenta razzismo, discriminazioni e quant’altro. Sembra assurdo, complottista, al limite della follia, ma è la realtà dei fatti. Prima ce ne rendiamo conto, prima si può iniziare a cambiare VERAMENTE la società, non a parole, ma concretamente, con i fatti.
Ad ogni modo, la colonizzazione del continente americano, ha fatto si che, nei secoli successivi, nascesse una delle potenze mondiali di maggior rilievo.
Dove inizialmente primeggiavano Gran Bretagna, Francia e Spagna, ecco che si fa avanti un orgoglio americano formato da una popolazione mista in cui gli indigeni (diciamolo), rimarranno sempre una minoranza. Ma grazie a questo panorama variegato e decisamente più all’avanguardia della stantia società europea, si diffonderanno ideali e innovazioni che cambieranno per sempre gli equilibri mondiali.
Proprio dalle Americhe, ancor’oggi, provengono alcune delle innovazioni più straordinarie del mondo (non dimentichiamoci che anche gli asiatici sono degli assi, al riguardo), sia in campo politico, ideologico, tecnologico, scientifico e chi più ne ha più ne metta.
Esaminare il passato, ci dà modo di capire il presente e di progettare il futuro in modo da non commettere gli stessi errori.
Ricordare la giornata di oggi come il giorno in cui ben 526 anni fa fu dato il via a questo processo senza precedenti, ci dà modo di riflettere sulle conseguenze di ogni singola azione.
Così, la prossima volta che mangiate un bel piatto di rigatoni al sugo o un’insalata caprese, ricordate che i pomodori non sono un’eccellenza “tutta italiana”.
In fin dei conti, viviamo tutti nello stesso pianeta, sotto lo stesso cielo.
EMANUELA DI ROSA