Oggi andare nello spazio non è più un sogno o una chimera, né per gli uomini, né tantomeno, per le donne. Tutti conoscono Samantha Cristoforetti la prima donna italiana ad essere selezionata negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea. La nostra Samantha è soltanto una delle eroine che hanno partecipato alle missioni spaziali. Ma conosciamo la prima donna mandata in orbita: Valentina Tereškova.

La prima donna nello spazio: Valentina Tereškova

Valentina Tereškova  è nata a Bol’šoe Maslennikovo, nei pressi del fiume Volga, nel 1937. Perse il padre nella seconda guerra mondiale ed ebbe un’infanzia difficile e complessa. Lavorò in una fabbrica produttrice di pneumatici e dopo in un’azienda produttrice di filo da cucito. Oltre al lavoro frequentava corsi serali per ottenere un diploma. Già nel 1955 divenne un’appassionata paracadutista, seguendo la sua passione per il volo e lo spazio. Valentina era una grande ammiratrice di Jurij Gagarin, e proprio per questo, decise di emulare il suo idolo, candidandosi, nel 1962, per diventare la prima donna ad andare nello spazio. Caparbia e determinata, superò l’esame teorico con merito insieme ad altre quattro ragazze Žanna Ërkina, Tat’jana Kuznecova, Valentina Ponomarëva e Irina Solov’ëva. Le cinque hanno iniziato il loro addestramento ed il 4 giugno del 1963 solo Valentina è stata confermata quale unico componente femminile della missione Vostok 6, lanciata il 16 giugno dello stesso anno. La durata complessiva di questa missione è di tre giorni. Come nome in codice ha scelto il nomignolo čajka (gabbiano), che le era stato dato dal pioniere del programma spaziale sovietico Sergej Korolëv.

La vera Miss Universo: Valentina Tereškova

Con la guerra fredda al massimo del suo fanatismo e la corsa a chi conquistava prima lo spazio, la propaganda sovietica, tutta al femminile, non si fece attendere: “Ecco la vera Miss Universo“, titolavano i quotidiani sovietici. Anche nel mondo si scatena una curiosità smisurata nei confronti della 26enne Tereškova, celebrata come la nuova icona delle conquiste delle donne. Tutto questo accadeva mentre guardava il nostro Pianeta dalla navicella Vostok, a oltre 200 chilometri di distanza dalla superficie terrestre.

La sovietica Valentina rimase in orbita tre giorni, facendo 49 volte il giro della Terra per poi atterrare, appesa al suo paracadute, nelle vicinanze di Novosibirsk. Un record storico e l’ennesimo punto a favore dell’Unione Sovietica contro gli acerrimi rivali degli Stati Uniti.

Bajkonur abbiamo un problema

La missione Vostok 6 partì dal cosmodromo di Bajkonur ma non fu affatto una passeggiata. Valentina rimase legata al sedile con la tuta ed il casco per quasi 71 ore, durante le quali soffrì di dolori articolari, nausea e vomito. Anche il ritorno a casa è un’avventura: è stata letteralmente “sparata” fuori dalla capsula, in quanto non progettata per garantire la sopravvivenza dell’equipaggio durante l’atterraggio, ed è atterrata con l’ausilio del paracadute. Era il 19 Giugno del 1963.

La prima persona che incontrò la Tereškova fu un’anziana signora che si avvicinò insieme alle squadre di soccorso. Vedendola nella tuta spaziale urlò “Liberatela, non vedete che è tutta rinchiusa là dentro…“. Poi, quando capì che veniva dallo spazio le chiese: “Ha incontrato Dio?“. Questo fatto ha ispirato una vecchia, e profetica, pubblicità televisiva dell’atlante geografico De Agostini nel 1995.

Il femminismo e lo stop alle missioni rosa

Finite le scenate propagandistiche, l’agenzia spaziale russa, visti tutti i problemi che la Tereškova aveva dovuto affrontare in questa missione, decise di bloccare immediatamente le missioni al femminile. Solo 19 anni dopo un’altra cosmonauta russa, Svetlana Savitskaya, è andata in orbita, siamo nel 1982. Svetlana compì ben tre missioni e durante la seconda di esse, denominata Salyut T-12, nel 1984 e fu la prima donna ad effettuare un’attività extraveicolare della durata di 3 ore e 35 minuti, determinando ancora un primato per i russi.

Ma torniamo a Valentina Tereškova. Dopo la missione spaziale diventò un simbolo del femminismo e si dedicò alla politica.

«Partirei anche domani per Marte – ha confessato lei – È un pianeta che studio da tempo e credo che sia importante esplorarlo con missioni umane. È un luogo affascinante. Anche se in fondo qualsiasi astronauta, ne sono certa, ha nostalgia e voglia di tornare sulla Terra, la nostra vera casa e l’unico angolo del Sistema Solare dove è possibile vivere».

Grazie a Valentina oggi le missioni spaziali sono quasi all’ordine del giorno e le donne astronaute molto più numerose, tanto che la parità numerica con gli uomini sembra a portata. Nel 2019 c’è stata la prima passeggiata spaziale di sole donne. Ora tutti gli occhi sono puntati su Artemis: la missione che nel 2024 porterà la prima donna sulla Luna. Il simbolo di questa nuova avventura galattica è proprio un volto femminile che emerge dal chiaroscuro di una Luna stilizzata. “Il ritratto della dea greca Artemis – ha spiegato un portavoce della Nasaè tratteggiato nei suoi punti salienti ed emerge dalle ombre della falce di luna. I suoi lineamenti sono abbastanza astratti, in modo che ogni donna possa vedersi in lei”.

Alessandro Carugini