Cultura

2 novembre, cosa c’è da festeggiare?

Il culto dei morti: tanti paesi, tante usanze

Il culto dei morti
2 novembre, il culto dei morti

Il Culto dei morti è presente in quasi tutte le religioni e secondo alcune teorie, costituisce l’origine e il fondamento della religione stessa. Le basi del culto sono tremendamente antiche e risalgono a riti tradizionali celtici. La società dei celti, nell’Europa occidentale (ultimi secoli a.C.) era dominata dalla leggendaria casta sacerdotale dei druidi e i pochi documenti che menzionano le loro credenze religiose, raccontano di una vita che non s’interrompe con la morte e di anime che la proseguono in altro luogo: ben separato dalla realtà conosciuta.

Una festa, niente di cui rattristarsi.

La notte di Samhain era quella di tutte le anime e di tutti i morti, quella in cui sareste riusciti ad avere un cotatto spirituale, un incontro speciale. Qualcosa per cui festeggiare, quindi: un anticipo di quella ricorrenza che oggi chiamiamo Halloween.

Nell’arco dei secoli, infatti, si sono radicate diverse usanze: rituali e periodi di festeggiamento fondati sulla mescolanza di credenze religiose e popolari. Nonostante le diverse declinazioni, i festeggiamenti oscillano lungo tutto il periodo che copre l’autunno e si concentra maggiormente nell’ultima settimana di ottobre e nei primi giorni di novembre.

Il 2 novembre, commemoriamo i defunti

La commemorazione invade l’Europa antica, arriva in Italia con il Cristianesimo e diviene più tardi, pratica rituale.

Per la chiesa cattolica, si prega per i morti per celebrare la vita. La preghiera infatti, accompagna le anime giunte nel regno dei cieli, lungo il cammino di avvicinamento a Lui: si aiutano le anime alle prese con l’itinerario di purificazione che le condurrà in paradiso.

Fu l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny a dare il via al suono delle campane dell’Abbazia: rintocchi funebri dopo i vespri del primo novembre e l’indomani inaugurare l’offerta di eucarestia “pro requie omnium defunctorum”. In seguito il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica e praticato il 2 novembre di ogni anno. 

Il giorno non é considerato festa di precetto, ma é senza dubbio molto sentito dalla popolazione italiana, che viaggia verso i propri luoghi di origine per omaggiare le tombe dei propri cari con fiori, lumini e candele.

Contemporaneità e tradizione: paese che vai, usanze che trovi

Nella nostra penisola, da nord a sud, sono tante le declinazioni rituali legate alla commemorazione dei defunti e spesso sono associate al cibo come un chiaro riferimento alla tradizione del banchetto funebre, un tempo comune a tutti i popoli indo-europei.

Fave dei morti, dolce tradizionale italiano
Fave dei morti, dolce tradizionale italiano

In Trentino, Piemonte, Valle D’Aosta e Lombardia, le campane suonano per richiamare le anime e la tavola di casa viene lasciata apparecchiata mentre in Friuli si lascia un lume acceso, un secchio d’acqua e un po’ di pane. Ancora oggi, in Liguria si preparano i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite) e in Umbria si mangiano gli stinchetti dei morti (dolci a forma di fave).

L’Abruzzo, lascia un tavolo da pranzo apparecchiato e lumini accesi alla finestra, tanti quante sono le anime care. Un tempo, era anche tradizione scavare e intagliare le zucche per trasformarle in lanterna. Altro che “americanata”!

La tradizione Romana vuole che si consumi il pasto accanto alla tomba del proprio caro e in Sicilia, il 2 novembre è una festa anche per i più piccoli: Se sono stati bravi, riceveranno i pupi di zucchero (bambole dolci) e li troveranno sotto il letto al loro risveglio. Ma non è tutto: Le vetrine coloratissime delle pasticcerie siciliane propongono dolci tipici della tradizione come gli scardellini – dolci a a forma di ossa, fatti di pasta di mandorle e zucchero – e la frutta martorana, fatta di pasta di mandorle colorata.

Anche L’Emilia, la Romagna e la Toscana propongono i loro dolcetti nelle varie declinazioni, chiamati Fave dei Morti.

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