Ci sono conflitti che nascono da una disputa territoriale, da rivalità tribali o per l’influenza in una determinata area. Come sappiamo però, spesso queste motivazioni nascondono interessi ben più importanti, solitamente legati ad una risorsa strategica: petrolio, gas, acqua. La guerra “silenziosa” che da anni insanguina il Congo è dovuta al controllo di un minerale meno conosciuto di quelli sopracitati ma altrettanto importante, soprattutto nel mondo odierno, il Coltan.

La situazione di caos permanente che caratterizza lo scenario politico nella Repubblica Democratica del Congo offre un ottimo esempio di ciò che il colonialismo e il neocolonialismo hanno significato per molti paesi Africani. La dominazione Belga si è lasciata alle spalle una situazione di instabilità che può trovare delle similitudini con il Rwanda. La differenza sta nel fatto che il Congo è immensamente più ricco del paese tristemente noto per il genocidio del 1994. Ricche sono soprattutto le provincie orientali, in particolar modo di Coltan. Ma perché questa risorsa è così importante? Senza di esso sarebbe impossibile produrre ciò che gli addetti ai lavori chiamano “condensatori ad alta capacità di dimensioni ridotte”, le batterie per intenderci, che andranno poi ad alimentare i nostri smartphone e tablet.

Minatori a lavoro sotto la minaccia delle armi.(foto dal web)

Da qui si evince l’importanza strategica del Paese centroafricano che da solo detiene il 60% delle riserve di Coltan mondiale, dislocate in gran parte nelle provincie del Kivu a ridosso dei confini con Rwanda ed Uganda. Non a caso è proprio questa la zona del paese che, sin dall’indipendenza ottenuta nel 1960, è stata caratterizzata da instabilità, genocidi e lotte tribali. La popolazione di questa regione si trova tra due fuochi, da una parte le milizie ribelli e dall’altra l’esercito regolare congolese. Il Presidente Joseph Kabila, ormai al potere ininterrottamente dal 2001, non sembra avere nessun interesse a stabilizzare il paese. Il suo mandato, ufficialmente scaduto nel 2016, è stato prorogato fino alla fine di quest’anno grazie ad un accordo con le opposizioni. Ma è proprio la tensione nelle provincie orientali, in particolare nel Kivu e nel Kasai che fornisce al Presidente il pretesto per non andare a nuove elezioni. Kabila non è di certo ostacolato dai governi occidentali, i quali subiscono le pressioni delle multinazionali affinche non delegittimino un presidente che ha sempre garantito una situazione di tensione permanente che distragga l’attenzione dal silenzioso ma inesorabile saccheggio del sottosuolo congolese. L’unica voce fuori dal coro come spesso capita negli ultimi mesi è il Vaticano che ha annullato la visita del Papa a Kinshasa, prevista tra Luglio e Agosto.

Kabila in visita alla Casa Bianca durante la Presidenza Obama (foto dal web)

Nel caso in cui si dovesse andare a libere elezioni, il presidente potrebbe non essere rieletto, le opposizioni avanzano, soprattutto nell’est del paese, ex roccaforte elettorale di Kabila. Se ciò dovesse avvenire, potrebbe essere un nuovo inizio per il Congo, uno dei paesi più ricchi del continente e forse del mondo? Probabilmente no, la guerra del Coltan non può finire, il mondo non se lo può permettere.

Manifestazione promossa dall’opposizione, Kinshasa.(foto dal web)