L’ antropocene secondo il dizionario Treccani è: “L’epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all’aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 nell’atmosfera.”
In scena, oltre a Paolini, c’è Frankie Hi-nrg, che porta il suo contributo rap con pezzi inediti che giocano con quei linguaggi che suonano intellegibili, e che invece ormai ci appartengono (kilobyte, megabyte, gigabyte e così via); e c’è anche il Parco Della Musica Contemporanea Enseble diretto dal maestro Mario Brunello, che si lascia scivolare in fluttuanti assoli di viola. Le delicatissime musiche sono di Mauro Montalbetti.
L’Ensemble ricrea impalpabili atmosfere che evocano gli impalpabili ambienti della rete, mettendo davvero lo spettatore nella condizione di navigare in quel mondo in cui circolano i nostri dati, certo, ma anche le nostre emozioni, i nostri ricordi, i dischi e i film che ci hanno cambiato.
Paolini spinge su temi che risultano vecchi già nel momento in cui li si evoca (il nostro rapporto con lo smartphone, l’inesorabile crescita dell’intelligenza delle macchine, l’eterno accesso alla rete), e lo spettacolo spesso fa fatica a funzionare. Il pubblico però applaude, si sente rassicurato nell’affrontare quel mostro che è la tecnologia, compiaciuto nell’uscirne sconfitto ma sereno.
Paolini però, che è uomo di scena, sente che un applauso si sta formando in fondo alla platea, a scena aperta, proprio mentre lui sta parlando del suo personale rapporto con l’atlante stradale, quindi ammonisce: “Non autocommiserarti pubblico, non autocommiserarti.”