Lo scorso 17 Dicembre è uscito vincitore dalle urne Sebastian Pinera, candidato della coalizione di Centrodestra. La coalizione di centrosinistra con il suo candidato Alejandro Guiller non supera il 45,4% lasciando il passo al ritorno della destra in Cile. Polemiche sul dichiarato appoggio al miliardario Piniera da parte dell’estrema destra.
Il primo partito è l’astensionismo, secondo i dati diffusi dalla BBC l’affluenza alle urne è stata del 48,5%. Il Cile sotto questo e altri aspetti, si conferma il Paese più vicino all’Europa. La frammentazione delle sinistre che favorisce le destre, la mancanza di fiducia verso i partiti e la ricerca di promesse dure da mantenere caratterizzano la vita politica cilena. Sono state proprio le mancate promesse che hanno affossato l’ultimo Governo di centrosinistra guidato da Michelle Bachelet. L’ex presidente oltre ad aver promesso riforme costituzionali e battaglie alla disoccupazione, entrambe mai pervenute, ha scontentato la classe media e gli imprenditori con le sue politiche fiscali.
Uno dei provvedimenti maggiormente contestati in tal senso, è stato l’aumento dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società dal 24% al 27%. Potrebbe sembrare poca cosa ma il Cile per quanto simile a noi, almeno economicamente non lo è. La sua storia economica ha un punto zero nel 1990, alla caduta della dittatura militare di Pinochet.
A partire da quell’anno il tasso di crescita si è sempre attestato intorno al 5% annuo, facendo del paese un faro della regione. Durante il primo governo di Pinera (2010-2013) la crescita è stata ancora più marcata, salvo poi scendere durante l’ultimo governo di Centrosinistra (1,8%). Di conseguenza ciò che ha noi potrebbe sembrare normale, per la classe media di un paese “giovane” e abituato negli ultimi anni a tassi di crescita così elevati, sono errori imperdonabili. Questo è solo un aspetto dei tanti che ha portato Pinera al “Palacio de la Moneda”, un altro è la frammentazione della coalizione a sinistra. Da questo punto di vista, le affinità con la sinistra “nostrana” sono evidenti.
La coalizione “Concertacion de Partidos por la Democracia” nata per sconfiggere la dittatura e quasi ininterrottamente al governo dal 1990, si è divisa in occasione delle ultime elezioni. La divisione ha “partorito” due coalizioni: Nueva Mayoria e Frente Amplio. Il risultato è che la sinistra non ha costituito ne una nuova maggioranza ne tantomeno è riuscita a formare un fronte amplio e compatto. La totale mancanza di carisma del candidato Guiller ha fatto il resto. Il centrodestra al contrario, oltre ad essersi presentato unito alle elezioni con la sigla “Chile Vamos”, è stato apertamente appoggiato dall’ultradestra di Josè Antonio Kast. La formazione indipendente di Kast aveva ottenuto poco meno dell’8% al primo turno, l’endorsment del loro leader nei confronti di Pinera ha portato i suoi risultati. Questa “alleanza” ha scaturito molte polemiche, Kast infatti è considerato troppo vicino agli ambienti che in passato appoggiarono Pinochet. Sicuramente le accuse non sono infondate, almeno così sembra guardando l’albero genealogico della famiglia di origine tedesca. Il fratello di Kast, Miguel, è stato Ministro del Lavoro durante la dittatura tra il 1980 e il 1983, anno della sua prematura dipartita. E’ altrettanto vero che nella destra cilena non è difficile imbattersi in figure vicine ad una dittatura che alla fin fine si può dire recente. Lo stesso fratello del neo Presidente, Josè Pinera era stato ministro salvo poi voltare le spalle a Pinochet nei suoi ultimi giorni. Piaccia o non piaccia probabilmente i voti dell’estrema destra si sono rilevati fondamentali per la vittoria del liberista che piace a Washington. Anche le promesse elettorali sono quelle tipiche di qualsiasi destra europea: abbassamento delle tasse e rilancio del cosiddetto “modello Cile”. Non si possono non notare le similitudini con l’Italia. In Europa si discute sul “pericolo” delle destre, a migliaia di chilometri ci ricordano che forse bisognerebbe discutere sul problema delle sinistre.