Le Nazioni Unite hanno respinto la decisione di Trump riguardante il riconoscimento di Gerusalemme. La risoluzione proposta da Turchia e Yemen è passata con una stragrande maggioranza. Sono stati in nove a seguire gli Stati Uniti in questa battaglia, 35 gli astenuti tra cui molti paesi dell’Europa dell’est. L’ira senza precedenti di Washington attraverso la sua ambasciatrice al palazzo di vetro Nikki Haley.
“Questo voto finirà nel secchio della spazzatura della storia. Nessuna risoluzione dell’Assemblea Generale ci farà uscire da Gerusalemme”. Con questa dichiarazione l’ambasciatore israeliano Danny Danon accoglie l’esito del voto. Che piaccia o meno a Tel Aviv 128 paesi membri si sono espressi contro la decisone statunitense di riconoscere Gerusalemme come capitale. Che piaccia o meno agli oppositori di tale iniziativa, il voto dell’assemblea generale (a differenza di quello del Consiglio di Sicurezza) non è vincolante. Comunque si tratta di una risposta significativa alle pressioni USA che hanno preceduto la seduta newyorkese. Chiamarle pressioni è a dir poco riduttivo e politicamente corretto, alla vigilia del voto Trump aveva minacciato il taglio dei finanziamenti da parte di Washington contro chiunque si fosse opposto. Ciò ha spinto il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu a rilasciare le seguenti dichiarazioni: “Prima di questo incontro, uno Stato membro delle Nazioni unite ha minacciato tutti gli altri membri, è stato chiesto a tutti di votare ‘no’ per non affrontare conseguenze. Questo è bullismo”. In seguito al voto la parola è passata all’ambasciatrice USA presso l’ONU Nikki Haley. Le sue parole di minaccia sono rimbombate nel silenzio dell’assemblea ormai stufa e priva di interesse per le “sparate”dell’amministrazione Trump al palazzo di vetro.
“L’America sposterà la sua ambasciata a Gerusalemme, ed è questa la cosa giusta da fare. Nessun voto alle Nazioni Unite farà la differenza. Ma questo è un voto che gli Stati Uniti ricorderanno, ricorderanno il giorno in cui sono stati attaccati per aver esercitato il loro diritto come nazione sovrana.azione sovrana. Questo voto farà la differenza su come gli americani guarderanno l’Onu e i Paesi che ci mancheranno di rispetto. Ricorderemo questo voto”.
Sicuramente questo esprime la differenza con cui gli Stati Uniti sono visti dai loro maggiori alleati, soprattutto in Europa. I nove paesi che si sono schierati a favore di Washington sono i soliti noti, nazioni che da tempo hanno rinunciato a parte della loro sovranità in favore dello “Zio Sam”: Honduras, Togo, Guatemala, Palau, Micronesia, Isole Marshall, la Repubblica di Nauru oltre ovviamente a USA e Israele.
(Foto dal web)Desta maggiore preoccupazione la presenza di alcuni delegati est europei tra i 35 astenuti. Polonia, Romania e Repubblica Ceca hanno deciso di non seguire i colleghi europei nel voto. La ragione va ricercata in un altra disputa, quella che maggiormente preoccupa quella particolare regione. Lo “spauracchio” Russia, vero o presunto che sia, ha spinto i suddetti paesi ad accettare di buon grado i finanziamenti militari e non provenienti da Washington. Di conseguenza era prevedibile che l’amministrazione Trump venisse a “scuotere il bussolotto” nel momento del bisogno. Ed era altrettanto pronosticabile che piccole economie unite da un nemico comune (Mosca) rispondessero in modo affermativo senza battere ciglio.
D’altronde dove c’è un “bullo” ci sono anche dei deboli che lo subiscono, fino ad ora i deboli sono stati molti ma, il vento sta cambiando, se non per tutto almeno per quanto riguarda la questione arabo-israeliana. Gli USA sono liberissimi di trasferire l’Ambasciata a Gerusalemme ma, almeno questa volta, lo faranno nella quasi totale solitudine. “La solitudine dei numeri primi” ma pur sempre solitudine.