Pochi mesi fa, dopo la sconfitta dell’Isis, il mondo tirava un sospiro di sollievo. La capitolazione del Califfato è stata interpretata dai più come la fine della crisi in Siria. I fatti delle ultime settimane sono la prova che così non è. L’attacco turco ad Afrin e la recente scesa in campo delle forze di Assad in difesa dei Curdi hanno costretto le troupe dei maggiori mass media a fermare l’operazione di “disimpegno” che era in atto.

(Foto dal web)
Assad (Foto dal web)

Ma quali sono le forze in campo?

La guerra civile che insanguina la Siria ormai dal 2011 va ben oltre il semplice scontro con lo Stato Islamico. Le fazioni interne sono molteplici e operative su diversi fronti: l’Esercito Governativo Siriano fedele ad Assad, i Curdi del  Ypg, l’Esercito Libero Siriano e i Jihadisti di varia natura.

Questi sono solo gli “attori” interni che operano in questa crisi. Ancora più importanti sono le potenze straniere che, direttamente o indirettamente, rivestono un ruolo fondamentale nello scacchiere siriano: Russia, Stati Uniti, Turchia, Iran e Arabia Saudita. Sono questi i paesi che in questo momento in Siria giocano una partita fondamentale per i loro interessi nella regione.

 

 

Il “Triangolo” Putin, Assad e Erdogan.

Sicuramente la questione maggiormente trattata in questi giorni è l’attacco in corso contro l’enclave curda di Afrin. In questa regione Settentrionale della Siria sotto il controllo dei Curdi del Ypg è in atto una violazione della sovranità territoriale siriana da parte di Ankara. Servendosi dell’appoggio dell’Esercito Libero Siriano, Erdogan ha deciso di sfruttare il momento di confusione, dovuto alla fine di un conflitto, per assestare un colpo alle milizie curde che controllano i territori a ridosso del confine turco. Assad, dopo un iniziale condanna del gesto, era tornato sui propri passi sotto la pressione di Putin, senza il quale non avrebbe potuto mantenere il potere. Qualcosa è cambiato, infatti è notizia di tre giorni fa che milizie filo-Assad siano entrate ad Afrin per difendere la città dall’aggressione turca. Erdogan come è nel suo stile, avverte Damasco che verranno presi provvedimenti nel caso in cui Assad continui a difendere i Curdi. Le conseguenze di questo gesto del Rais siriano travalicano i confini. I già difficili rapporti tra Mosca ed Ankara, unite solo sugli accordi energetici, rischiano di subire una nuova escalation a causa di un Assad fuori controllo che, da una parte bombarda civili nel Sud mentre dall’altra difende i Curdi contravvenendo forse alle indicazioni russe.

E gli Stati Uniti?

Washington dal canto suo sembra soffrire di una paralisi che impedisce di prendere una posizione netta e forte nelle attuali questioni siriane. Dopo aver generosamente appoggiato i curdi nella lunga campagna contro l’ISIS, gli USA si sono astenuti dal condannare fermamente Ankara. Il sostegno alle milizie curde mette la Casa Bianca in forte imbarazzo di fronte all’alleato turco membro della NATO. Della “paralisi” statunitense approfitta Mosca che sempre di più è l’ago della bilancia in Medio-oriente.

“Guerra per corrispondenza” tra Iran e Arabia Saudita.

Tra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita è in atto una guerra a distanza, in Siria come in Yemen e per certi versi in Libano. Teheran è il primo sostenitore di Assad, sia in termini politici che militari (con l’invio di migliaia di effettivi dei “Guardiani della Rivoluzione”). Il coinvolgimento degli iraniani si è portato dietro quello di Hezbollah, il Partito di Dio libanese, anche esso sceso in campo con migliaia di uomini in difesa di Assad. L’impiego di queste forze è stato determinante per il tristemente famoso assedio di Aleppo, in quel caso a combattere i jihadisti (che erano solo in minoranza appartenenti all’ISIS) furono in particolar modo proprio gli iraniani. I bombardamenti del Regime che proprio in questi giorni stanno mietendo centinaia di vittime (spesso civili) nel sud del paese, sono mirati a colpire le milizie ribelli di fede sunnita, ed è qui che entrano in campo i sauditi. Riyadh non è disposta a lasciare spazio all’Iran, in quest’ottica sin dal 2011 ha sostenuto economicamente i ribelli di fede sunnita per evitare che Assad rimanesse al potere. La tenuta del Rais siriano per l’Arabia Saudita starebbe a significare un’area di influenza iraniana comprensiva di Siria, Libano e dello stesso Iran.

Guardie della rivoluzione iraniane (Foto dal web)

Quali possono essere le soluzioni?

Molti analisti sostengono che la Siria dovrebbe essere divisa in regioni governate autonomamente dalle varie entità che la compongono. Questa potrebbe senza dubbio essere una soluzione se non fosse che applicarla significherebbe destituire Assad. Ciò ormai non è più possibile, oltre ad essere sotto l’ala protettiva di Mosca, il dittatore è uscito vincitore da una guerra civile che lo ha di fatto legittimato. Ogni trattativa intavolata fino ad ora non ha portato a niente di buono. Probabilmente a quei tavoli erano seduti i soggetti sbagliati. Per quanto possa sembrare assurdo, molto probabilmente i siriani non dovrebbero neanche partecipare alle trattative per la pace nel loro paese. I veri artefici di tutto, nonchè gli unici che hanno il potere di fermare lo scempio in corso da ormai sette anni sono proprio quelle potenze esterne che usano la Siria come un Risiko.