Dopo anni di processi e tante polemiche arriva la sentenza del processo sulla Trattativa Stato Mafia. Ad esultare è il Pm Nino Di Matteo che da anni porta avanti questa battaglia che trascende le aule di tribunale per diventare un esame di coscienza per lo stato italiano. Il Pubblico Ministero, ospite dall’Annunziata, denuncia il silenzio che ha avvolto questa inchiesta, affermando che ora servirebbe un pentito “dello stato” che faccia chiarezza su alcune vicende chiave.

(Foto dal Web)

Condannati a dodici anni di reclusione gli ex generali Mario Mori e Antonio Subranni, stessa sorte è toccata all’ex senatore Marcello Dell’Utri. Condannato ad otto anni l’ex Colonnello De Donno e ventotto mesi a Leoluca Bagarella. Assolto l’ex Ministro degli Interni Mancino. L’accusa? Aver intavolato una trattativa con gli uomini di Cosa Nostra volta a porre fine alla stagione delle stragi tra il 1992 e il 1993. In quegli anni ci fu anche l’inchiesta di Mani Pulite che di fatto azzerò un intera classe politica che, aveva governato dal secondo dopoguerra.

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Tutti coloro che nel corso degli anni settanta e ottanta, erano stati i referenti di Cosa Nostra ora non avevano più potere, falcidiati dalle inchieste della Procura di Milano. L’accusa con la voce del Pm Di Matteo, sostiene che proprio a causa di quel vuoto, la cupola mafiosa capeggiata da Riina, alzò il tiro portando l’attacco al cuore dello stato. Quello stato “colpevole” di aver tradito gli accordi sul Maxiprocesso. Con l’inizio della stagione stragista arriva anche la necessità di porre fine alla latitanza ormai quarantennale del “boss dei boss”. Ed allora ecco che arriva l’arresto di Riina nel Gennaio del ’93, questo sarebbe il punto zero. L’arresto potrebbe essere l’inizio di un nuovo corso per Cosa Nostra, se non altro perchè mette a capo della cupola Bernardo Provenzano, profondamente diverso dal suo predecessore. “Binnu” infatti sostiene la linea del dialogo con lo Stato. L’unico problema è trovare per l’appunto nuovi referenti. Incaricato di trovarli sarebbe Massimo Ciancimino, ex Sindaco di Palermo ed esponente di spicco della DC siciliana, oltre che membro della famiglia corleonese. I suoi interlocutori secondi il processo sarebbero stati il Generale Mori e Antonio Subranni. Le richieste da parte di Cosa Nostra riguardavano l’abolizione del carcere duro e un generale ammorbidimento delle condanne. Un altro fronte della trattativa, quello che riguardava la politica, è strettamente legato alla nascita di Forza Italia. In questo contesto si inserisce Marcello Dell’Utri, accusato di essere il tramite tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. Sarebbe stato proprio il Cavaliere ad essere scelto come nuovo referente della cupola, non a caso diversi pentiti dichiarano di aver ricevuto l’ordine di far votare Forza Italia alle elezioni del ’94. Dell’Utri, palermitano con amicizie comprovate all’interno di Cosa Nostra palermitana, sarebbe stato il vero fondatore di Forza Italia, progetto in cui inizialmente lo stesso Berlusconi non credeva. Al di la delle carte dell’inchiesta, sta di fatto che dal ’94 in poi le bombe cessarono e la Mafia tornò ad inabissarsi sotto la guida di Provenzano. La restante parte dell’ala stragista di Cosa Nostra, composta da Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e il figlio maggiore di Toto Riina, fu colpita duramente dallo stato e “seppellita” dagli anni di carcere duro. Provenzano negli anni a venire fu tutelato da qualcuno, i tentativi di arresto nei suoi confronti fallivano sistematicamente, dando l’impressione che il padrino fosse informato. Ora il Pm Di Matteo canta vittoria ma, non abbassa la guardia, affermando che manca un tassello fondamentale. La collaborazione di un esponente dello Stato sarebbe di vitale importanza per fare luce su quella stagione di violenza che caratterizzò l’Italia per tutti gli anni a venire. A detta del Pm, il Generale Mori e tutti coloro che materialmente si sarebbero occupati della Trattativa, avrebbero avuto referenti più in alto. Sperare di arrivare a questi referenti sarebbe troppo? Probabilmente si.