Alla fine il Presidente Trump ha deciso, rompendo l’accordo sul Nucleare con l’Iran stipulato nel 2015 ha messo l’Europa di fronte a un bivio. Una decisione annunciata già in campagna elettorale da “The Donald”. Rispecchia il sentimento della maggioranza americana, non solo interna al Partito Repubblicano. L’Europa ha sempre difeso questo accordo con Teheran, ora suo malgrado si trova più vicino al pensiero russo e cinese piuttosto che a quello di Washington.

(Foto dal web)

Theran annuncia gravi conseguenze, l’attenzione deve rivolgersi a Israele e all’Arabia Saudita, alleati forti degli USA nella regione. Il conflitto in Yemen potrebbe subire un ulteriore escalation all’indomani della decisione di Trump. L’Iran negli ultimi anni, soprattutto in funzione del conflitto in Siria, ha assunto un ruolo più attivo, con interventi militari di terra oltre i suoi confini. Ciò ha generato un effetto a catena che ha visto Israele compiere raid aerei sul suolo siriano, a partire dal 2013. La “longa manus” iraniana in Libano, Hetzbollah, potrebbe colpire le postazioni israeliane al confine con il paese dei cedri come rappresaglia. La volontà americana di rinsaldare il rapporto con Tel Aviv, “pardon” Gerusalemme, è uno dei pilastri su cui si fonda questa decisione. La presidenza Obama aveva fortemente incrinato questi rapporti, soprattutto a causa del suddetto accordo del 2015 con l’Iran. Accordo che non era piaciuto neanche ad una parte dello stesso Partito Democratico. Per riassumere si potrebbe dire che il tavolo del 2015 è stato voluto da Obama, pochi altri alla Casa Bianca e la totalità delle cancellerie europee.

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I capi di stato UE ora si trovano in difficoltà, se da una parte hanno sempre sostenuto questi accordi, dall’altra il “guinzaglio” che li lega a Washington è troppo corto e non lascia margini di manovra. Gli accordi con l’Iran oltre che il nucleare, riguardavano grandi investimenti nel paese medio orientale, ed è proprio a questo che l’Europa puntava, in particolar modo Francia e Italia. Nonostante i proclami all’indomani del discorso di Trump, l’UE non sarà in grado di mantenere una posizione ferma, se lo facesse gli accordi reggerebbero, anche alla luce della ferma posizione “filo-accordi”di Mosca e Pechino. Ma la sensazione è che negli ultimi anni, la già disastrata politica estera europea abbia subito un ulteriore battuta d’arresto. Una debolezza che rispecchia le divisioni interne riguardanti l’economia e gli investimenti. Sensazione confermata anche dall’ultimo dossier dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).

” L’Ue sarebbe obbligata nei fatti a scegliere tra il mercato iraniano e continuare ad avere accesso al mercato Usa; la scelta ricadrebbe con ogni probabilità sul secondo, considerando le dimensioni e l’importanza dei legami economici transatlantici rispetto a quelli Ue-Iran. In questi mesi l’Ue non è riuscita ad elaborare una strategia in grado di prevenire questo scenario. Francia, Germania e Regno Unito (EU3) hanno sì avviato dei negoziati per raggiungere un compromesso con Washington che soddisfacesse le esigenze di Trump, ma non hanno raggiunto nessuna intesa o rassicurazione sulla permanenza degli Usa nell’accordo e quindi sulla sua sopravvivenza. L’Ue si è anzi riscoperta impreparata a difendere con efficacia i propri interessi a fronte delle pressioni Usa.”

L’Europa si conferma debole in un momento in cui il disimpegno americano nell’area mediorientale imporrebbe prese di posizione ferree. Niente di nuovo dal fonte orientale.

 

Federico Rago