Vittoria schiacciante alle elezioni presidenziali messicane del “populista di sinistra” Andrés Manuel López Obrador del movimento Morena.
AMLO, così chiamato dai militanti, supera la soglia del 53%, con un’affluenza tra il 62,9 ed il 63,8%. I sondaggi lo davano già in netto vantaggio sugli altri due favoriti, ma il così soprannominato populista di sinistra aspettava a cantare vittoria. Anche nelle elezioni del 2006 e 2012 si era presentata una situazione simile, conclusasi però con la sconfitta di Obrador, probabilmente in seguito a brogli. Questa volta AMLO porta a casa la vittoria. Subito dietro Ricardo Anaya (Pan-Prd) al 23% e José Antonio Meade (Pri) al 15%. Risultato inaspettato considerando che il Pri ha governato il paese per tutto il secolo precedente. Elezione insomma di enorme portata storica, consegnando da un lato la presidenza a un candidato anti establishment, e dall’altro rivoluzionando il panorama politico messicano. Inizia così la quarta trasformazione del Paese, dopo l’indipendenza, la riforma e la rivoluzione.
Il discorso dell’ALMO
Dall’hotel Hilton del centro storico di Città del Messico, il neo presidente ha pronunciato il primo discorso ufficiale invitando i messicani alla riconciliazione, assicurando che la sua coalizione Juntos Haremos Historia “non punta a costruire una dittatura, per cui i cambiamenti promessi avverranno in base all’ordine istituzionale esistente”. Colma la storica piazza dello Zocalo. ALMO ha poi aggiunto «Il nuovo progetto della nazione punterà a stabilire una democrazia autentica, ma non vogliamo costruire una dittatura né aperta, né coperta. I cambiamenti saranno profondi, ma avverranno nel rispetto dell’ordine legale stabilito. Ci sarà libertà di impresa, di espressione, di associazione e di religione. Si garantiranno tutte le libertà individuali e sociali, così come i diritti civili e politici consacrati nella nostra costituzione».
Le priorità per il paese vengono nominate fin da subito. Forte l’impegno contro la corruzione e la lotta contro la violenza e il narcotraffico. «Entrambe sono un prodotto della povertà, e quindi cercheremo di superarle prima di tutto creando condizioni di vita migliori per tutti i cittadini». Contro il crimine organizzato ALMO annuncia di voler convocare rappresentanti di vittime, organismi internazionali e religiosi per lavorare su un «processo di pace».
Un primo passo diplomatico verso gli Stati Uniti: «Vogliamo sviluppare con loro un rapporto di collaborazione, nell’interesse di tutti, basato sul rispetto reciproco». in tutta risposta, si congratula su Twitter il presidente americano Trump:
Inutile smentire le tensioni tra i due paesi nordamericani, ora è necessario chiedersi se e quando le contrattazioni permetteranno passi avanti, soprattutto su problemi di dazi e immigrazione.
Chi é Andrés Manuel López Obrador?
Il «Peje», ennesimo soprannome questa volta dato da un pesce locale, è il primogenito di una famiglia numerosa dello Stato povero e indio del Tabasco. Politicamente si affianca fin da subito al solco più tradizionale del Partito rivoluzionario istituzionale (ossimoro messicano del secolo scorso). Resta fortemente legato alla sinistra del Partito, quando negli anni 80 arriva alla scissione. Da lì la sua missione diventa molto più sociale e democratica nel senso più puro della parola, un vero militante e attivista «di strada». Si schiera durante le marce indigene, contro lo sfruttamento del terreno e le compagnie petrolifere. Entrerà in carica come presidente solo il primo dicembre, secondo la costituzione messicana e i suoi lunghi tempi di transizione.