Disincanto è uscita su Netflix il 17 agosto e fin dagli esordi i pareri sono stati contrastanti. Se da una parte vi era chi la salutava con entusiasmo, dall’altra parte la grande aspettativa iniziale è stata smorzata da una serie di critiche che si dividono in due filoni. C’è chi l’accusa di avere poco mordente e faticare a ingranare, e chi la vede come una scopiazzatura dei precedenti lavori di Groening.
Dopo aver aspettato il tempo che serve a rendere gli umori calmi e la mente più razionale, mi appresto a dire la mia sulla nuova opera di Matt Groening, creatore di Futurama e I Simpsons: Disenchantment (Disincanto in italiano).
Disincanto come presa in giro del fantasy e delle sue retoriche “made in Matt Groening“
Tutta la serie parte da un presupposto abbastanza palese. Si vuole prendere in giro il fantasy attraverso tutti quegli espedienti narrativi che ne hanno caratterizzato nel tempo il genere e la struttura.
La protagonista è Tiabeanie, per gli amici Bean, che – con una chioma (e non solo) che fa il verso a Daenerys di Game of Thrones – è alla ricerca di se stessa tra una bevuta all’osteria con gli amici e un atto di ribellione contro suo padre, un re rozzo e tirannico.
Nel suo viaggio verso la conoscenza del suo posto nel mondo è accompagnata da due altri personaggi:
- Luci, suo demone personale, che tra una vessazione e l’altra trova sempre un motivo per commettere buone azioni. Quasi sulla falsa riga del Diavolo de Il Maestro e Margherita di Bulgakov);
- Elfo, premuroso e ingenuo elfo in fuga dal suo mondo che, per quanto pieno di gioia e dolcezza, non gli permette di provare “il sapore della senape”.
Disincanto tra Stanley Kubrick e le pubblicità dei cereali
Come tipico del suo stile, anche in quest’opera Matt Groening mescola “cultura pop” e “cultura alta”. Se da una parte troviamo un mondo degli elfi che fa il verso alla più commerciale delle pubblicità dei cereali made in USA, dall’altra troviamo citata la ben nota riunione orgiastica dei potenti di Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick. E se da una parte troviamo un riferimento al cannibalismo stile “B movie” sugli zombie, dall’altra troviamo la più acuta critica sociale fatta per bocca di una famiglia del “popolo”.
Ho apprezzato molto questo fatto anche perché è proprio questo che rende Disincanto un gioiello nel panorama del fantasy. Quasi alla stregua di quello che è stato One Punch Man nel mondo della fumettistica giapponese. Disincanto è una ventata di aria fresca che, invece di seguire in modo pedissequo le strutture tipiche del fantasy, le porta all’eccesso e le rimodella. Tutto questo aggiungendo un pizzico di realismo sarcastico, affinché nel cambiamento le strutture classiche acquistino una nuova potenza narrativa polifonica.
Matt Groening diventa di nuovo autore polifonico con Disenchantment
In Disincanto poi la polifonia è la chiave di accesso allo scopo che sembra che Matt Groening si sia prefissato:
- Da una parte Disincanto di Matt Groening riesce a narrare e prendere in giro le “sviste” del genere fantasy. Queste “sviste” molte volte portano a una mancata sospensione della credibilità nello spettatore, a volte seguendo gli stessi stereotipi del genere in modo rigido. Parlo di cose come la principessa indomita che vuole inseguire il proprio destino, lo stalliere che ambisce ad altro e riesce nell’intento, il re despota e tirannico, i personaggi che scadono nell’essere macchiette per il loro essere o moralmente inamovibili o di una malvagità surreale, ecc.
- Dall’altra parte invece Disincanto di Matt Groening porta comunque avanti una storia fantasy ben realizzata. Una delle componenti di questa serie animata è il mostrare i “grandi sentimenti” e le “grandi decisioni morali”, è indubbio. Da un altro punto di vista però vie è anche la volontà di mostrare una realtà sociale e storica medievale. Quest’ultima è portata all’estremo per far ridere, ma è infarcita di rimandi che fanno il verso alla società contemporanea.
Matt Groening ha convinto con Disenchantment?
Le mie aspettative non sono state deluse. Mi trovo a non poter fare altro che un plauso a questa nuova opera, Disincanto, la quale, per quanto debba indubbiamente crescere nel corso del tempo, è riuscita sempre a farmi fare delle sane risate al palesarsi del sarcasmo che la pervade.
La serie si conclude lasciandoci in attesa esplicita di una seconda stagione, visto che ci sono tante domande a cui trovare risposta. Con il consiglio di aspettare la fine dei titoli di coda dell’ultimo episodio, auguro a tutti i lettori una buona visione se non avessero già visto questo gioiellino.
di Eleonora D’Agostino
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