Esce il 25 gennaio Sindacato dei Sogni, il nuovo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti, tra voglia di partire e essere capiti, il gruppo ci porta all’interno di un viaggio che sa di cumbia, caramelle, mostri pop
Ero rimasta piacevolmente stregata dai Tre Allegri Ragazzi Morti quando li ho ascoltati per la prima volta anni fa. La band punk rock mascherata di Pordenone fondata nel 1994 da Davide Toffolo, Luca Masseroni e Enrico Molteni. Quel connubio tra fumetto e musica punk era una calamita ed era difficile dimenticarseli. Ascoltai per la prima volta La seconda rivoluzione sessuale, e quel bel pezzo de Il mondo prima. Penso sia stato uno di quei brani finiti in loop nel mio Spotify. Insieme a L’anima non conta degli Zen Circus, e qualche pezzo dei Fine Before You Came. Non era poi così tanto un caso, dato che tutti e tre fanno parte della stessa casa discografica La tempesta. Un’etichetta in cui si respira aria di libertà e parecchia indipendenza (Ricordiamo che è l’etichetta anche de Le luci della centrale Elettrica). E i Tre Allegri Ragazzi Morti si presentano così: mascherati, con un rock pulito, sicuro, libero da contaminazioni più commerciali. Liberi da finzioni, liberi di essere quel che sono.
Il Sindacato dei sogni è il nuovo album dei TARM uscito in CD, vinile e digitale il 25 gennaio. Immediatezza e semplicità, i loro testi parlano di storie semplici e dirette. Con il loro sound che ha tutte le carte per essere un bel viaggio psichedelico. Un viaggio che parte con Calamita che lancia l’album insieme al trittico di Caramella e Bengala. Un percorso iconico in una città visionaria, che ricorda la loro città natale, Pordenone. E poi Bengala ti rimane in testa con la sua armonica inziale, una ballata folk ambientata prima della guerra. Da ascoltare accompagnata a quel video a fumetti con i due gattini che viaggiano su una Vespa. Inutile dire che mi ha conquistata.
La tracklist procede con C’era un ragazzo che come me non assomigliava a nessuno, con un intro col sax che ti rimane in testa. Riprendendo la prima frase di quella canzone “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones..” solo per sentito dire, comincia a raccontare la storia di uno di noi. Uno di quelli che prova a essere anticonformista, in un mondo in cui essere sé stessi pare faccia davvero strano.
E ancora AAA Cercasi. Un bel ritratto di una ragazza libera e (anche lei) anticonformista, proprio come il ragazzo qui sopra. Lei infatti non è credente e prova a slegarsi da tutti i preconcetti, anche “di venire sottovoce e urlare quando vuole”. La immaginiamo sul suo letto, con una bella musica di sottofondo, magari proprio con le chitarre dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Accovacciata gigante ci fa respirare un po’ d’aria di Pink Floyd, ce li immaginiamo a scrivere questo testo a quattro mani da Toffolo e da Cominotto (Od Fulmine) durante un sogno psichedelico. Bella Mi capirai solo da morto, che ascoltandola si capisce bene che è un inno autobiografico nei confronti di chi non ha compreso davvero il gruppo, la loro musica. Ma può essere riletta da chiunque non si sia mai sentito capito. E come recita il testo di Toffolo “Che ne sai dei ragazzi di oggi con gli occhi fermi come le stelle, la soddisfazione ai desideri va ricercata a fondo due volte al giorno almeno”. Come dargli torto?
Difendere i mostri dalle persone mi fa pensare a una poesia dedicata a tutti quelli che come noi hanno bisogno di partire, sempre, perennemente, seduti alla stazione alla ricerca di sé stessi, magari su uno di quei treni su i quali non saliremmo mai. A chiudere il cerchio c’è Una ceramica italiana persa in California, che con la sua lunga intro psichedelica sembra un’ottima colonna sonora per una serie ambientata negli anni 80. Sicuramente la migliore da gustare live, perfetta per un bel trip da concerto. La preferita di Davide, rivela. E’ la chiave di lettura di tutto l’album: la canzone infatti riprende la copertina del cd, quei tre adorabili gattini alter ego dei tre componenti della band, mascherati anche loro, ridisegnati dalla matita strepitosa di Toffolo.
Dire che quest’album è una sorpresa sarebbe stupido, c’era da aspettarselo da questi tre matti che Sindacato dei Sogni sarebbe stato una bomba. Perfetto per chi ha bisogno di sentirsi capito a base di beat anni ’60, synth pop e poesia psichedelica.
Arianna Lomuscio
Tutti gli articoli dell’autrice