Nel 1962 il grande Dino Risi ci regalava quello che molti considerano il suo capolavoro: Il Sorpasso. Film emblematico dell’epoca del boom economico, la vicenda interpretata dai magnifici Vittorio Gassman e Jean-Louis Tritignant ne era un’amara metafora: l’Italia correva sì, ma in modo azzardato e pericoloso, questa la ragione di quel titolo sibillino. Oggi quello stesso titolo dà il nome ad una mostra, ospitata dal Museo di Roma (piazza Navona 3) fino a domenica 03 febbraio, che racconta in 160 scatti fotografici, la storia d’Italia dal 1946 al 1961, nelle parole di curatori, Enrico Menduni e Gabriele D’Autilla, il periodo in cui “l’Italia si mise a correre”.
Il percorso, scandito in dieci aree tematiche, comincia ben prima del boom dall’Italia dell’immediato dopoguerra, devastata, ma carica di speranza e di voglia di ricominciare. Appena entrati ad accoglierci è la musica; le note di brani popolari così come di canzoni dimenticate, ci accompagnano tra le dieci aree tematiche della mostra, ciascuna dotata di una propria “colonna sonora”.
Un percorso tra musica, immagini e ricordi
La musica ci accompagna indietro nel tempo, dando voce a quegli scatti, in bianco e nero, sì, ma non per meno espressivi, che ci colpiscono fin da subito nel profondo, portandoci in un mondo alieno e familiare al tempo stesso: le cicatrici della guerra sono evidenti, eppure le scene che vediamo sono di matrimoni, di nuove nascite e dei primi comizi, segno del ritorno alla democrazia.
Le fotografie non sono semplicemente appese ad illustrare una pagina di Storia, a farci da docenti; ci invitano a partecipare ai momenti che catturano. Il desiderio di rendere il pubblico parte della mostra emerge anche dall’iniziativa Come eravamo, attività collaterale a Il Sorpasso, che nei mesi scorsi ha dato la possibilità ai più anziani di portare con sé i propri ricordi e le proprie fotografie, raccontando in prima persona ciò che hanno vissuto, perciò per omaggiare lo spirito di tale iniziativa, anche questo articolo sarà corredato da testimonianze dei nostri concittadini più anziani.
“La ricostruzione c’è stata soprattutto per la volontà dei reduci, di chi tornava dalla guerra e delle mogli […] si davano da fare” ci racconta Mirella, 81 anni, all’epoca sfollata di San Lorenzo. Lo spirito di rivalsa e la voglia di rinascere che descrive, traspare anche dalle immagini, i cui protagonisti sono spesso gli operai, al lavoro presso cantieri e fabbriche, o ritratti nei loro cortei e comizi, riuniti sotto i nuovi emblemi del socialismo, del comunismo e della Democrazia Cristiana.
Nuove speranze e ideali
“Ci ritrovammo di nuovo ad essere Italiani, con i nostri credi e le nostre speranze- racconta Bianca, 97 anni, che le prime campagne elettorali le ha vissute direttamente in casa- “Io ero la Segretaria del Professor Luigi Gedda (allora presidente della Azione Cattolica, ndr) […] e c’avevo il papà che era comunista”.
Dunque un quadro familiare che rappresentava bene l’Italia divisa tra il fronte Comunista e quello più tradizionalista Democristiano e che in quei primi anni vide anche degli scontri, come dimostrano gli scatti sui tafferugli seguiti all’attentato alla vita di Palmiro Togliatti, nel 1948.
“In Chiesa dicevano che chi votava comunista andava all’Inferno” ci racconta ancora Mirella, che aggiunge che la propaganda del fronte avverso non era da meno: “Togliatti andava in Russia e ci raccontava quello che era nel proprio sogno, che se poteva fa, che se volevano bene tutti quanti, che lavoravano tutti.”
La tortuosa via per il progresso
Per quanto divise le due Chiese, quella religiosa e politica della DC e quella laica del PCI, cercavano a loro modo il mito del progresso, protagonista degli scatti della seconda metà degli anni Cinquanta, quando i grandi cantieri e le prime piattaforme petrolifere aprivano la via del benessere. Una via che, ci raccontano le immagini dell’urbanizzazione selvaggia, degli incidenti sul lavoro e delle proteste di massa degli operai, risulta accidentata e pericolosa. Emblemi del progresso e del benessere, diventano gli elettrodomestici, racchiusi in una trinità formata dalla televisione, rappresentata da un giovanissimo Mike Bongiorno, del frigorifero e dall’auto. A proposito ci racconta Mirella “Per primo prendemmo il frigorifero […] ci mettevamo da parte i soldi e lo pagavamo con le rate ogni mese. Solo una volta presa una cosa, si cominciava a comprare un’altra.”
Un nuovo mondo, insomma, quasi impossibile da ricondurre all’inferno di macerie presentatoci nella prima sala. La ricostruzione ci viene dunque raccontata così, come una rinascita, ma anche come una corsa folle e non priva di sbandate.
“Il Sorpasso. Quando l’Italia si mise a correre.” non racconta solo il nostro passato, ma ci permette anche a capire da dove nascono le molte contraddizioni del presente.
Luca Raiti