Indicato in dieci categorie agli Oscar, l’ottimo film “La Favorita” del regista greco Yorgos Lanthimos, riporta la figura della regina Anna di Gran Bretagna per parlare di manipolazione, potere e femminilità.
Gli amanti di film storici possono rimanere un po’ delusi con La Favorita, un ottimo lungometraggio del regista greco Yorgos Lanthimos, detentore del record insieme a Roma in nomination agli Oscar, in competizione per il premio in dieci categorie. L’ottima sceneggiatura di Daborah Davis e Tony McNamara, anche se precisa in relazione alla maggior parte dei fatti riportati, non si preocupa in dover contestualizzare lo spettatore, eliminando caratteristiche più tradizionali, come testi didattici e introduttivi. Il suo obiettivo è diverso: ritrae la relazione pericolosa tra la Regina Anna (l’eccezionale Olivia Colman), Sarah Churchill (Rachel Weisz, The Constant Gardener) e la cameriera Abigail Hill (Emma Stone, di La La Land).
Negli ultimi dieci anni, Lanthimos, grazie a film come Kynodontas (2009), The Lobster (2015) e Il sacrifico del cervo sacro (2017), è diventato uno dei registi più apprezzati dalla critica internazionale. Proprietario di un cinema molto originale, per non dire peculiare, il greco è amante dall’esagerazione, che va dal cinismo alla poetica in un attimo, senza che uno escluda l’altro. Tutti questi tratti eccentrici sono presenti in La Favorita, forse la sua produzione più appetibile, perfetta per portare la sua estetica (ed etica) ad un pubblico più ampio.
Sebbene Anne, il cui regno durò dal 1707 al 1714, fosse un monarca importante, la prima della Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia e Irlanda insieme), e il film si occupi – bene – di macchinazioni politiche all’epoca, Lanthimos è più interessato nel discutere un altro tipo di potere, di manipolazione. Molto fragile, fisicamente ed emotivamente, la regina, oltre a dolori lancinanti (affetti da gotta e diabete), portava con se l’enorme trauma di essere stata incinta 17 volte senza poter crescere un figlio. Tutti sono morti, prima o dopo la nascita. Al posto di questi bambini, ha allevato conigli, ai quali ha dato i nomi dei bambini smarriti.
Sarah, amica d’infanzia di Anna e moglie di un nobile e importante nell’area militare dell’impero britannico, è un’eminenza grigia, che lavora dietro le quinte e ha una forte influenza sulla regina, con la quale, secondo il film, ha un caso da molti anni. Il rapporto tra le due donne comincia a deteriorarsi quando Abigail, cugina impoverita della Duchessa, arriva al reame e diventa la cameriera di Anna, conquistando la sua fiducia e affetto, e prende il posto che un tempo era esclusivo di Sarah.
Costruito in episodi come capitoli di un libro, La Favorita è un gioco in cui le tre protagoniste giocano e si sfidano in qualche modo, usando trucchi di potere ma anche erotici e amorevoli in una rete molto originale, che ricorda il classico Barry Lyndon (1975), di Kubrick e Le relazioni pericolose (1988) di Stephen Frears, entrambi nominati per un Oscar come miglior film. Lanthimos non fa un lavoro riverente nella storia della Gran Bretagna. Forse perché è straniero, dà uno sguardo caustico, ma umano, verso la decadenza dell’aristocrazia nel XVIII secolo.
Visivamente impeccabile, dalla fotografia a lume di candela e l’uso dei grandi angoli di Robbie Ryan ai costumi di Sandy Powell, La Favorita, tuttavia, non consente all’estetica di sovrapporsi al drammatico. È divertente, provocatorio e molto moderno, anche se la trama è su avvenimenti di più di 300 anni fa. Candidate all’Oscar le attrici Rachel Weisz, in equilibrio tra maschile e femminile, ed Emma Stone, deliziosamente vile e brillante, entrambe nella categoria di miglior attrice non protagonista. Ma è di Olivia Colman lo spettacolo vero e proprio. Vincitrice della Coppa Volpi come miglior attrice al Festival del cinema di Venezia e al Golden Globe, e candidata agli Academy, la Britannica è straordinaria come la regina Anna, al tempo stesso patetica e potente, fragile e ostinata. Questa è l’immagine finale del film, che risuona e stordisce.