La tragedia di Macbeth nella sconcertante versione ispirata al teatro di Tim Crouch, in scena al teatro Rasi di Ravenna
“I Shakespeare, I Banquo” ovvero “provate, voi, pubblico, ad immaginare come sono andate veramente le cose nella tragedia del Macbeth ascoltando la mia versione”.
È Banquo che sta parlando agli spettatori dicendo “Provate a immaginare se le tre streghe avessero detto a me quello che hanno detto al mio amico Macbeth. Sarei stato io a compiere quel macello, sollecitato al delitto, spinto da un momento di debolezza, di smarrimento”. È stato il teatro Rasi di Ravenna, sabato scorso, la tappa di questa vivisezione del testo shakespeariano ispirata al teatro di Tim Crouch, autore inglese tra i più originali, portata in scena dal regista Fabrizio Arcuri per l’Accademia degli artefatti e Teatro della tosse di Genova. La tragedia viene scomposta e stravolta secondo il punto di vista dell’amico tradito.
Enrico Campanati, in giacca e pantaloni bianco candido, che ricorda per fisicità e modi di parlare Vittorio Sgarbi, nei panni di Banquo sollecita il pubblico a intervenire. Pesca l’amico Macbeth tra gli spettatori, lo fa parlare e muovere, tra gli scrosci di risate. Il sipario è una tenda luccicante da varietà. È una botola piena di sangue, che Campanati/Banquo fa diventare fil rouge dell’intera rappresentazione.
Al “vaso del peccato” attinge infatti continuamente, sporcandosi il vestito, la gola, i capelli, mentre sollecita le persone a chiedersi il senso di quella storia a cui lui sta assistendo come testimone impotente. A immaginare e credere in quella finzione a cui tutti possiamo prendere parte, divertiti e scossi dall’imbarazzante chiamata ad entrare nel gioco della rappresentazione.
Campanati in scena è di volta in volta sconcertato, amareggiato dalla spietata ambizione dell’amico assassino, poi arrabbiato e anche nel finale, quando diventato fantasma, tormenta un Macbeth ormai sfinito da se stesso e dagli orrori che ha creato, continua, in un insistente gioco di entrata/uscita dalla parte, a divertire il pubblico e sdrammatizzare.
“Ed eccoci arrivati alla famosa frase che pronuncia Macbeth – ci consola l’attore – : ‘La vita non è che un’ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla’”.
La tragedia a teatro non è più la rappresentazione in cui lo spettatore si identifica, si rispecchia, si purifica, ma diventa finzione nella finzione, continua interazione tra attore e spettatore, una relazione dove le identità si annullano e poi si ritrovano. Uno spettacolo divertente e spiazzante, che fa scoprire i molteplici e sorprendenti linguaggi del teatro, come spazio della relazione dell’uomo con se stesso, con gli altri e con l’altro da sé.
Solo uno l’episodio in scena, I Banquo, mentre per un infortunio ad un attore della compagnia, è stato annullato I Caliban. Il regista Arcuri, vincitore di un premio Ubu e un premio Hystrio, è anche direttore artistico del festival internazionale Short Theatre di Roma.
Anna Cavallo