Potrebbe sembrare che si nascondano origini antiche dietro allo Yulin Dog Day, festival della carne di cane che si svolge nella cittadina cinese di Yulin, invece questa terribile tradizione ha origini molto recenti.

Ricorre infatti quest’anno il decimo anno di celebrazioni, nei giorni dal 21 al 30 giugno, del festival più aberrante e lesivo dei diritti animali che sia mai esistito: cani domestici rapiti dalle abitazioni o sottratti ai loro padroni e cani randagi acciuffati da bande di criminali, per essere destinati al macello o, peggio ancora, bolliti vivi, dopo una serie di torture indicibili.

Ogni anno, si stima, sono tra i diecimila e i quindicimila gli esemplari di cani uccisi in funzione del festival, lasciati per giorni e giorni senza cibo né acqua in gabbie minuscole, nel terrore più totale di chi, coscientemente, sta assistendo alla propria esecuzione, condividendo lo strazio con i propri simili.

La cosa più grave, oltre al totale disinteresse del governo rispetto al fenomeno del furto e dell’uccisione dei cani, è che dietro le organizzazioni che predispongono la mattanza di Yulin vi è un ampio margine di utenza: turisti curiosi che, da varie parti del mondo, ma principalmente dalla stessa Cina, si dirigono nella cittadina semplicemente per mangiare carne di cane, lungo la famosa New Citizen Road anche nota come “Dog Street“, la via principale, dove è possibile consumare il cibo presso ristoranti come il Sister Ning‘s Number One Crisp Skin/宁大姐脆皮馆.

Questo è tutto quel che succede, perché il Festival di Yulin non prevede parate, cerimonie o alcuna festa durante il corso dei giorni, ma soltanto che venga servita la carne dei poveri animali presso ristoranti e negozi, condita insieme alle tipiche lychee, le ciliegie cinesi.

La sera prima del Solstizio d’Estate, cioè il 20 giugno, la polizia fa visita a tutte le strutture alberghiere della cittadina, per assicurarsi che tra i visitatori e i turisti non vi siano giornalisti o curiosi pronti a fare servizi videofilmati sull’evento.

L’anno scorso, come riporta un articolo dell’Orphaned Nation, un gruppo di giornalisti cinesi, che aveva piazzato clandestinamente una telecamera presso il mercato del festival, ha subito una serie di insulti e aggressioni da parte dei commercianti e dei cittadini locali, rischiando il linciaggio.

Gli unici attivisti che stanno riscuotendo un cospicuo successo dal loro impegno e dal loro coraggio sono animalisti come l’italiano trentacinquenne Davide Acito (un vero e proprio eroe dell’antispecismo, che nel 2016 ha fondato la Action Project Animal ed ogni anno si reca in Cina, già mesi prima del festival, per salvare quanti più cani possibili) e la stilista Elisabetta Franchi. Quest’ultima, che ha deciso di appoggiare l’idea di Davide di voler salvare quanti più cani dall’Inferno di Yulin, ha sovvenzionato la creazione dell’Island Dog Village E.F., in collaborazione con la popolazione attivista cinese, la Animali Friedns Mando Indonesia e la Animal Hope tedesca, dove vengono portati centinaia di animali scampati al macello di Yulin, per poi essere curati da veterinari ed eventualmente adottati.

Un rischio, quello che corrono Davide Acito e i suoi sostenitori, ogni anno, a recarsi a Yulin non indifferente, a discapito della propria incolumità; il lavoro di investigazione sotto copertura prevede infatti l’intercettazione di tutte le slaughterhouse in cui si trovano rinchiusi i cani e, molto spesso, anche gatti, che saranno poi prelevati dagli attivisti per essere risparmiati all’atroce fine.

Davide Acito in compagnia degli attivisti per la liberazione degli animali di Yulin

E mentre la lotta di pochi coraggiosi cerca di debellare una strage di molti innocenti, ci chiediamo davvero perché il Dio Turismo possa autorizzare tali nefandezze e non solamente a Yulin, ma anche nei macelli di suini, agnelli, nei circhi, negli zoo, nelle corride e nei mercati in cui elefanti e cavalli vengono trainati come schiavi.

GIORGIA MARIA PAGLIARO