Scambi di accuse dai toni accesi, proclami e addirittura minacce di guerra. Lo scontro in corso tra Stati Uniti ed Iran non lascia presagire nulla di positivo e mette in allarme la diplomazia mondiale
Stati Uniti-Iran. Da un lato Donald Trump tenta ancora una volta di imporre la sua supremazia attraverso una serie di sanzioni inflitte alla Repubblica Islamica, dall’altro gli ayatollah messi alle strette che usano ogni mezzo a propria disposizione per rivendicare autonomia diplomatica ed economica “fino alle estreme conseguenze”.
Il primo passo della crisi è stato l’abbattimento di un drone americano, che a detta degli iraniani volava nei cieli del loro territorio sovrano. Atto gravissimo, secondo gli Usa. Poi le minacce e le accuse reciproche. E infine la decisione, presa da Teheran, di superare il limite di 300 chili di uranio arricchito.
In realtà, le relazioni tra i due Stati iniziarono a vacillare già nel maggio 2018. In quella data gli Stati Uniti fecero un passo indietro, uscendo dal Piano d’azione globale siglato con altri Paesi (Francia, Cina, Russia, Germania e Unione Europea) in merito all’accordo sul nucleare iraniano, l’intesa in base alla quale l’Iran accettava di eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento, con lo scopo di convertire gli impianti rimanenti per scongiurare ogni tipo di proliferazione nucleare.
Stati Uniti-Iran: scongiurata una vera e propria guerra nel Golfo Persico, per il momento
Alle parole sono seguiti i fatti, anche se ancora oggi è difficile avere un quadro chiaro su cosa sia realmente accaduto e soprattutto ad opera di chi.
Il 20 giugno scorso il Comandante iraniano Hossein Salami ha annunciato l’abbattimento di un drone spia americano intercettato nello spazio aereo della Repubblica Islamica.
Esattamente una settimana prima due petroliere battenti bandiera americana, Fron Altair e Kokuka Courageous, avevano preso fuoco nel Golfo dell’Oman a causa, secondo fonti non ufficiali, di siluri provenienti da anonimi provocatori.
Pura casualità oppure un disegno ben preciso messo in atto per mettere in guardia il nemico sulle possibili conseguenze determinate da un’ingerenza mal digerita? Tutto ciò nel clima delicato che precede le nuove presidenziali americane, con l’inevitabile corredo di accuse interne e scontri parlamentari. Donald Trump prende tempo: è scettico su un ipotetico intervento militare ai danni dell’Iran, nonostante la pressione dei Repubblicani nel Congresso, ma deve tuttavia considerare il poderoso calo di consensi registrato nel caso attuasse un’offensiva di guerra.
Per non parlare poi della grave destabilizzazione dell’area mediorientale che si riverserebbe sull’economia globale in caso di attacco.
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