Puntualmente, stagione dopo stagione, siamo qui per trattare questo tema: il razzismo sui campi da calcio.
razzismo / raz·zì·ṣmo / sostantivo maschile
“ogni tendenza, psicologica o politica, suscettibile di assurgere a teoria o di esser legittimata dalla legge, che, fondandosi sulla presunta superiorità di una razza sulle altre o su di un’altra, favorisca o determini discriminazioni sociali”
Razzismo. Solamente il pensiero di tutto ciò è nauseante. E’ nauseante, alle porte del 2020, dicasi venti-venti, dover scrivere per condannare atteggiamenti meritevoli di essere collocati in epoche intellettualmente disastrose con il Medioevo. Fa venire il voltastomaco leggere che ogni settimana, in qualsivoglia stadio x di Italia, ci sono ululati, boo, cori discriminatori. Viene ancor di più il voltastomaco quando hai la consapevolezza che a questi trogloditi (perché questo sono) non verrà inflitta nessuna pena. Nessuna pena perché il nostro sistema non è attrezzato per poterla infliggere, o almeno questo vogliono farci arrivare.
Non bastano le campagne del UEFA “No To Racism“, non bastano gli spot pubblicitari con Messi, Puyol ecc… non bastano nemmeno le scritte sui cartelloni e sui gagliardetti portati da capitani e bambini all’ingresso in campo. Ogni domenica siamo punto e a capo. Episodi che invece di essere trattati per quello che sono (oscenità) a volte – e dico a volte – vengono strumentalizzati per fare passare un messaggio piuttosto che un altro. E’ più facile fare il titolone in prima pagina con le parole di Bonucci post Cagliari-Juventus, invece che condannare quel gruppo di tifosi che ogni anno (vedi Muntari, vedi Kean, vedi Lukaku) fa vergognare Cagliari, la società Cagliari Calcio e tutta la Sardegna.
Qui non si dovrebbe parlare di sospendere o meno le partite, qui si dovrebbe parlare di sospendere (a vita) la possibilità di entrata in qualsiasi centro sportivo a queste persone. Così, forse, inizierebbe un processo di pulizia e risanamento del tifo italiano. Un processo che, come dice Boateng, avrebbe bisogno dell’ora di integrazione a scuola. L’educazione bisogna insegnarla. E’ un processo che deve partire da lontano. Il messaggio deve entrare nella testa di tutti i bambini (futura generazione di tifosi) che si avvicinano allo sport più bello del mondo. Un messaggio che deve arrivare dalla scuola, dai genitori e dagli allenatori dei pulcini in tutte le scuole calcio. Bisogna insegnare l’unione, la condivisione della passione per questo magnifico sport.
Amare la propria squadra, i propri giocatori, viene prima di odiare l’avversario. Chi vive l’ambiente stadio ogni settimana può constatare che sono più i cori contro la squadra avversaria che quelli a favore della propria. Chiariamo: va bene il coro sfottò, fa parte del gioco del tifoso. Non bisogna sfociare in discriminazioni territoriali quali “Vesuvio, lavali con il fuoco“, ad esempio. Inneggiare alla morte, fare cori sulle vittime dell’Heysel, ecco, questo non è tifo. Questo è ciò che andrebbe veramente condannato, in maniera ferma, decisa. Non di certo con un trafiletto nel quale si scrive “Ragazzi, non sarebbe l’ora di fare un salto di qualità e cambiare tema?”.
“Fortunatamente” non siamo gli unici a dover trattare questa “cosa“: la Premier League ha, e sta avendo, i suoi episodi di razzismo ogni settimana. Dalla buccia di banana lanciata ad Aubameyang ai cori contro Sterling, passando agli insulti social nei confronti di Pogba, per un rigore sbagliato. L’unica e davvero sottile differenza è che, in Inghilterra, queste persone vengono bannate a vita dagli impianti sportivi.
La cosa quasi curiosa è che, parecchie volte, chi si spinge a cori di questo genere, oltre ad avere la stessa quantità di materia grigia di una tavoletta di legno, è anche un non-tifoso nei confronti della sua squadra che avrà sicuramente nell’organico calciatori di colore. Insulti te stesso e la tua squadra, in primis.
Un mondo vario – ed avariato – che necessita di una bella e forte registrata. Non inquiniamo “la cosa più importante delle cose meno importanti” con questo schifo.
Da tutti quanti noi amanti di questo magnifico e incredibile sport:
NO AL RAZZISMO.
EDOARDO DI NUZZO
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