E giustizia sia. Le vittime hanno riconosciuto i loro aggressori, ora accusati di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, violenza sessuale, omicidio e tortura, reato contestato per la prima volta in Italia.
I loro racconti
Raccontano di esser stati picchiati con fili elettrici, di essere state violetate ripetutamente dagli stessi uomini, di aver mangiato solo un pasto al giorno e di aver bevuto acqua non potabile, di aver visto i compagni morire perchè malati e non curati. Racconti surreali, inverosimili, tipici di scene dell’orrore. E invece è realtà, cruda e dolorosa come le cicatrici che portano sul corpo. Tutto questo per il dio Denaro. Infatti , ai migranti veniva messo a disposizione un telefono per chiamare i parenti e convincerli a pagare il riscatto. Se ciò non fosse successo, i migranti erano destinati a morire o a esser venduti ad altri trafficanti.
La svolta
I racconti dei migranti, sbarcati dalla nave Alex di Mediterranea il 7 luglio a Lampedusa, sono stati indispensabili per la Dda di Palermo che ha disposto il fermo di tre persone presso l’hotspot di Messina. I profughi, grazie alle foto mostrate dalla Polizia, hanno riconosciuto i loro aggressori, accusati di sequestro di persone, associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, violenza sessuale, omicidio e tortura. Infatti , la polizia, ad ogni sbarco, mostra le foto ai profughi proprio alla ricerca dei componenti delle organizzazioni di trafficanti che spesso arrivano in Italia sui gommoni.
Gli arrestati
Si tratta di Mohamed Condè, detto Suarez, 27 anni della Guinea, Hameda Ahmed, 26 anni, egiziano e Ashuia Mahmoud, 24 anni, egiziano anche lui. I tre, arrivati in Italia qualche mese prima delle vittime, gestivano un centro di detenzione a Zawyia, in Libia, nel quale compivano i gesti più estremi, fino ad uccidere gli stessi prigionieri.