Approfondire, analizzare per poi ripartire con maggiore consapevolezza. La sosta delle nazionali offre alla Lazio un buon punto di approdo che permette di tracciare un primo (molto parziale) bilancio stagionale
Un primo scorcio di campionato caratterizzato in casa Lazio da continui sbalzi d’umore. La vittoria con la Sampdoria e un derby straripante sotto il profilo del gioco avevano fatto saltare dalla sedia molti addetti ai lavori che consideravano i biancocelesti i favoriti per il quarto posto.
Poi i primi black out con Spal e Cluj simbolo di una maturità ancora da acquisire, seguiti da successi rassicuranti e prestazioni confortanti oltre il semplice risultato finale.
Dopo sette turni i punti sono 11. Ma se non può essere il rigore fallito da Correa a Bologna a definire l’esito di un primo bilancio, l’analisi della nuova Lazio va basata su alcuni numeri in grado, allo stesso tempo, di tranquillizzare ed accendere un campanello d’allarme.
Lo strano caso della difesa
In una Serie A dove ha la meglio chi subisce bene il primo aspetto da porre sotto la lente d’ingrandimento è quello difensivo rappresentante anche uno dei fattori più complicati da decifrare.
Infatti, la Lazio è, insieme alla Juventus, la terza miglior difesa del campionato dietro ad Inter ed Hellas Verona con sei reti subite. Una statistica molto interessante che trova conforto anche nel circostanza per cui rispetto allo scorso anno i romani hanno incassato tre goal in meno.
Accanto alle note positive troviamo però alcuni segnali di pericolo. Osservando il numero di parate, Thomas Strakosha è al sesto posto in graduatoria con 27 interventi. Un numero da cerchiare in rosso che se da un lato pone in luce la bravura dell’albanese tra i pali (meno nelle uscite dove c’è ancora molto da lavorare), dall’altro rileva come i meccanismi difensivi siano ancora da registrare completamente.
Dunque, maggiori incursioni subite e maggiori pericoli da arginare anche a causa forse di un filtro in mediana non proprio nel momento migliore di forma. Con uno schieramento a trazione offensiva servirebbe un Lucas Leiva onnipresente. Il brasiliano invece, sin dalle prime uscite è apparso leggermente indietro di condizione con la stanchezza che lo ha portato, come a Bologna, a compiere entrate sbagliate.
Un attacco troppo docile
La difficoltà dell’analisi aumenta spostandosi in zona offensiva. In effetti, le marcature messe a segno dalla Lazio sono ben 13, in linea con gli attacchi di Juventus and co. Qui il vero problema è simboleggiato dal profilo della finalizzazione, reo di qualche aver tolto qualche punto di troppo alla banda di Inzaghi.
Rispetto a dodici mesi fa, la “Lazio fantasia” ha ritrovato i suoi attori migliori con un Milinkovic sugli scudi ed un Luis Alberto mai così in forma, come dichiarato da lui stesso in una recente intervista a Marca. Davanti ai due tenori, Immobile nonostante qualche chance fallita di troppo, sta tornando a timbrare il cartellino con continuità prendendosi la vetta dei classifica marcatori con sette centri.
Chi ha avuto invece una falsa partenza è stato Correa. Pur escludendo l’errore dal dischetto al Dall’Ara, la mancanza di freddezza del Tucu inizia ad essere una criticità non più trascurabile. Oltre all’errore nel derby, l’argentino ha cestinato altre due occasioni con l’Inter prima di consegnare a Skorupski il pallone del sorpasso nell’ultimo turno di campionato.
Dopo solo sette turni i bonus sotto porta sono già esauriti.
Anno nuovo, Lazio vecchia
Una delle caratteristiche della Lazio targata 2019 è indubbiamente rintracciabile nell’impiego limitato dei nuovi innesti. Se è pur vero che l’inserimento graduale è un marchio della gestione Inzaghi, nelle prime uscite gli acquisti estivi sono ancora quasi un rebus.
Ad eccezione di Lazzari, giunto nella capitale come titolare indiscusso al posto di Marusic, Jony, Adekanye e soprattutto Vavro hanno trovato fin ora poco spazio. In particolare, lo slovacco, sul quale è stata investita una cifra importante, nelle uniche due apparizioni da titolare in Europa League ha faticato molto nella difesa a tre, subendo la partenza sprint di Luiz Felipe che lo ha relegato in panchina.
Per Jony, invece, vale un discorso parzialmente differente. Lo spagnolo infatti, nelle opportunità ricevute ha dimostrato buone qualità tecniche ed offensive, evidenziando però anche delle carenze in fase di copertura derivanti da un adattamento come quinto centrocampista non riuscito al massimo.
Il campionato sta per entrare nel vivo e il periodo di ambientamento è scaduto: per evitare di ricadere negli errori degli anni passati, Inzaghi ha bisogno di tutti e subito.