“Se c’è un aldilà sono fottuto” l’ultimo saluto al maestro Claudio Caligari.
“Muoio come uno stronzo e ho fatto solo due film”. C’è tutto in questa tragicomica frase, c’è la proustiana consapevolezza della morte che incombe, c’è la passione sconfinata per un cinema bastardo rotto dal silenzio dopo il tragico atto compiuto. E’ il rimorso più banale quello che scaturisce dopo la fine assoluta, ma questo è di certo più profondo, magari più vero perchè è stata impedita la proliferazione di un’arte personale, intima, autoriale, consapevole, potente espressa in troppe poche battute entrate di diritto nel culto della cinefilia più spietata. La resa della verità degradante, deflagrante è un oggetto rischioso, ad orologeria, bisogna maneggiarla con attenzione, l’ontologia del sottobosco metropolitano una bomba a mano per lo spettatore lontano dalla strada nuda e cruda. E’ difficile, è difficile. Ma non è stata l’ontologia ad abbattere Claudio Caligari, anzi, ma l’oncologia puttana che non perdona.
“Se c’è un aldilà sono fottuto” il documentario di Simone Isola e Fausto Trombetta è il manifesto di un vecchio Jean Vigo che con tre titoli iconici ha lasciato un segno sulla cinematografia tanto profondo quanto avvilente. Perchè ha girato “Amore tossico” un capolavoro neorealista, pasoliniano e vivo e gli ci sono voluti quindici assurdi anni per il secondo “L’odore della notte”, storie vere del ras metropolitano pariolino con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Giorgio Tirabassi e ancora altri diciasette per vedere nelle sale l’ultimo capolavoro enorme, intenso “Non essere cattivo” che riprendeva la vita con la coppia memorabile Luca Marinelli e Alessandro Borghi. Tutto il clan Caligari si riunisce ancora una volta, fedele, per onorare Claudio incompreso e illuso che ha dovuto lottare contro il cinema, contro se stesso, contro la vita e non se lo meritava. No, Claudio non se lo meritava.
Il ringraziamento estremo ad un cinema vitreo, umano, limpido realizzato da Claudio Caligari che ha saputo circondarsi di affetto e ammirazione che culminano in “Se c’è un aldilà sono fottuto”, testamento postumo di una cometa del cinema italiano, guida luminosa di un cinema crudo e reale specchio di un uomo geniale e reale di cui ancora abbiamo bisogno e ne avremo per lungo tempo. Grazie Claudio.