Andiamo a vedere come si sono comportati alcuni dei rookie più interessanti di quest’anno ai loro esordi NBA.
Nonostante manchi all’appello l’esordio del giocatore più atteso di tutti, Zion Williamson, le primissime partite in carriera delle nuove leve NBA non sono andate male. Tra esordi record, prime non esattamente all’altezza e piacevoli conferme, esaminiamo la risposta all’appello della classe Draft uscente.
PJ Washington
Scelto dai Charlotte Hornets con la dodicesima chiamata, PJ Washington ha sbalordito tutti alla prima in NBA nella vittoria contro i Chicago Bulls. 27 sono stati i suoi punti e 7 le sue triple, con cui ha eguagliato il record di tiri dall’arco realizzati da un rookie al suo esordio. Prima di lui solo Donyell Marshall e Jake Layman c’erano riusciti. Il dato impressiona ancora di più se si pensa che in una sola partita il prodotto di Kentucky ha messo tante triple quasi quanto quelle realizzate durante tutta la preseason (8, con esattezza). Nella partita contro Minnesota non ha tirato dalla linea dei tre punti allo stesso modo, ma la sua performance resta positiva, facendo registrare la sua prima doppia doppia in carriera. 10 punti, 10 rimbalzi, una palla rubata e una stoppata nella sconfitta contro la squadra di KAT.
Kendrick Nunn
Rimasto undrafted nel 2018 e piazzato dagli Warriors nella loro affiliata in G-League, il 10 aprile ha firmato un contratto con i Miami Heat. Rimane nell’anonimato fino a quest’estate in Summer League, quando sale all’attenzione di tutti mettendo a referto prestazioni di alto livello. Non è da meno nemmeno in preseason, arrivando a segnare nell’ultima partita contro i Rockets 40 punti, sparando 6 triple e mantenendo una percentuale del 55,6% dal campo. Stessa identica percentuale è quella che ha fatto registrare all’esordio in NBA contro i Memphis Grizzlies. 24 i suoi punti (conditi da 2 rimbalzi, 3 assist e 2 rubate) in 27 minuti di gioco di una partita in cui è partito in quintetto, visti gli infortuni di Waiters e Butler. Ottima prestazione anche nella vittoria in casa dei Bucks di Antetokounmpo, contro cui segna 18 punti, cattura 4 rimbalzi e fornisce 5 assist.
Coby White
È uno dei rookie che ha più convinto dopo l’inizio di stagione; tanto da spingere alcuni a indicarlo come potenziale protagonista nella corsa alla vittoria del ROTY, approfittando dell’assenza di Zion. In preseason aveva dato un assaggio, giocando la media di 25,6 minuti e mettendo a reterto 19,2 punti, 4,2 rimbalzi e 1 assist. Le medie per le prime tre apparizioni in regular season d’altro canto non sono affatto male: 16,7 punti, 5 rimbalzi e 3,3 assist. Le prime due partite (in cui è subentrato dalla panchina) hanno impressionato; non solo per l’impatto offensivo, la precisione al tiro (62,5% dal campo con 16 tentativi) e l’abilità in fase di costruzione di gioco, ma anche per la sola palla persa in 57 minuti di gioco. La partita con Toronto è stata (come per tutti gli altri giocatori di Chicago) abbastanza sottotono rispetto alle prime due e segna solo 8 punti.
RJ Barrett
Terza scelta al Draft e una piazza delusa da dover ravvivare. Questo è stato il destino di RJ Barrett. D’altronde quello stesso destino gli ha messo il basket in casa. Il padre Rowan è un ex cestista (ha giocato anche un paio d’anni a Cantù) che però in un parquet NBA non c’ha mai messo piede e il padrino è un altro canadese, di caratura certamente differente, Steve Nash. Fortunello il ragazzo. In preseason non sembra all’altezza delle aspettative, giocando tanti minuti (37 di media) e non andando mai sopra i 20 punti. Il ventello arriva alla prima NBA (contro San Antonio), in cui segna 21 punti e tirando con quasi il 70% dal campo. Un lavoro offensivo che viene affiancato anche a un’ottima consistenza difensiva: sono infatti 6 le palle recuperate nel match conto i Nets, dato che lo porta ad essere al momento il rookie con più palle rubate. La prima al Madison Square Garden si rivela lieta (più per lui che per la squadra, sconfitta dai Celtics) con 27 punti, 7 rimbalzi e 2 assist.
Rui Hachimura
Nella capitale disastrata dopo l’infortunio di John Wall, Rui Hachimura sembra rappresentare uno dei pochi barlumi di speranza. I numeri e le prestazioni finora sono stati molto buoni. Performance forse non esaltanti con tanti punti, ma ottima solidità e continuità. Il giapponese è stato l’unico rookie all’esordio a far registrare una doppia doppia quest’anno (10 punti e 10 rimbalzi contro Dallas) ed è il migliore rimbalzista tra i novellini finora. È inoltre il quarto rookie per minuti giocati, segno di quanto gli Wizards puntino su questo ragazzo, che di margini di miglioramento ne ha tanti (a cominciare dal tiro dall’arco). E nonostante i tanti minuti (98) ha perso poche palle e commesso solo tre falli. Anche per lui, quindi, ottime medie in quest’inizio di stagione (16,3 punti, 7,7 rimbalzi, 1,7 assist) che possono far sperare a Washington.
Tyler Herro
Chi sta facendo ben sperare a Miami invece è Tyler Herro. Insime al già citato Kendrick Nunn rappresenta lo zoccolo duro su cui gli Heat possono puntare in futuro. Non brilla per esplosività e ha punti su cui lavorare, ma l’ex Kentucky ha un ottimo tiro, rapidità di mani e piedi e, nonostante non sia troppo prestante fisicamente, va forte a rimbalzo. In Summer League era salito alla ribalta per il suo tiro, veloce, fluido ed efficace; durante la preseason alterna buonissime prestazioni a comparse meno incisive, mostrando comunque il suo ottimo potenziale. In NBA gioca le sue prime due partite segnando in entrambe 14 punti e prendendo totalmente 13 rimbalzi (il terzo miglior dato tra i rookie). Sicuramente ci si aspetta di più da uno come lui, ma le grandi prestazioni di Herro non tarderanno troppo a venire.
Ja Morant
Ci si attendeva un impatto più forte dalla seconda scelta assoluta al Draft, rispetto alle aspettative che ci eravamo creati pensando al livello del suo basket collegiale. Certo, la stagione è ancora lunga e siamo ancora alla seconda partita, ma ci aspettiamo di più dalla guardia di Memphis. All’esordio 14 punti, 4 rimbalzi e 4 assist, macchiati da 4 falli, ben 6 palle perse e un plus-minus da -29. Nella seconda apparizione, contro i Bulls, si aggiusta in difesa (un solo fallo e tre palle rubate) ma segna solo 10 punti e perde comunque 4 palloni. Il prodotto di Murray State ha però mostrato una confidenza sul parquet che si confà a un grande giocatore e ha fatto vedere lampi del suo mostruoso atletismo e indiscutibile talento. Elementi che portano comunque a considerarlo un potenziale protagonista nella discussione sul “chi oltre Zion?”.
Brandon Clarke
Sicuramente non sarà dotato del talento del compagno di squadra, ma Brandon Clarke non ha vinto il titolo di MVP della Summer League a caso. La solidità difensiva, la capacità di andare a rimbalzo e la versatilità lo rendono uno dei prospetti più intriganti tra i rookie. L’esordio anche per lui non è stato proprio esaltante ma comunque positivo: per lui 8 punti (di cui 3 derivanti da una tripla, non esattamente il suo fondamentale primario), 7 rimbalzi, un assist e una stoppata in 23 minuti. Nella seconda partita migliora le sue statistiche, segnando 14 punti (con un 7-9 dal campo) e piazzando 3 stoppate. A questa voce è il migliore della classe Draft. Altro dato interessante è il fatto di non aver registrato nessuna palla persa. Se saprà migliorare il tiro dall’arco, diventerà un problema ancora più serio per gli avversari e per tutti gli altri rookie.
Nicolò Melli
Ultimo ma non per importanza (soprattutto per noi), Nicolò Melli ha lasciato sicuramente un’ottima impressione all’esordio nella lega a stelle e strisce. Già in preseason aveva saputo farsi conoscere per la sua solidità dalla linea dei tre punti. Alla prima apparizione in maglia Pelicans in NBA dà un ulteriore assaggio della sua abilità; in 20 minuti segna 14 punti mettendo a referto un 4-5 da tre punti, a cui si aggiungono 5 rimbalzi e 2 assist. Contro Dallas segna soltanto 4 punti in 14 minuti, mentre nella partita di stanotte contro Houston in appena 11 minuti scrive sul tabellino 10 punti (con un buon 4-6 dal campo). Il terzo italiano in NBA dopo Belinelli e Gallinari può riuscire a ritagliarsi un buono spazio nelle rotazioni di coach Gentry, soprattutto ora che Williamson starà fuori per diverse settimane.