Europa Vs Coronavirus: le strategie di gestione epidemica adottate

Lo slogan “uniti ma distanti” non funziona in Europa, almeno per quanta riguarda il modello di gestione strategica per debellare il coronavirus.

Strategie differenti, in Paesi differenti per combattere un unico nemico: il Coronavirus

Come stanno andando davvero le cose in Europa al netto di Giuseppe Conte partito in ritardo, Boris Johnson che fa presagi di morte, Christine Lagarde che non ne vuol sentir parlare di fare il suo lavoro e Angela Merkel che ne ha fatto una questione d’orgoglio più che di salute pubblica?

Un modello strategico di gestione epidemica adottato si presuppone faccia capo all’etica, all’interesse collettivo nazionale e riguarderebbe varie urgenze politiche del Paese. Pertanto, tenendo conto della situazione attuale, i modelli principali sono due:

  • Il contagio non si contrasta, si fa focus sulla cura dei malati (strategia adottata dal Regno Unito, dalla Germania e in parte dalla Francia);
  • Contenimento del contagio, con l’ausilio di misure emergenziali di isolamento della popolazione (strategia adottata dalla Cina, dalla Corea del Sud e dall’Italia).

La situazione italiana

Non credo che il fato colpisca gli uomini qualunque cosa facciano, ma credo che il fato li colpisca a meno che essi non facciano qualcosa.“ Dopo ben più improvvide citazioni di Chesterton da parte di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che più che condividere un palco cercavano di rubarsi la scena, siamo arrivati, piaccia o no, all’ora delle decisioni irrevocabili.

Se ci siamo arrivati pure in ritardo, questo ce lo dirà la Storia. Intanto Giuseppe Conte attraverso le reti nazionali ha comunicato la posizione assunta dall’Italia sino al 3 Aprile, cioè quella difensiva, studiata per contenere i contagi. Ma le misure emergenziali adottate e tutti i vari decreti si sono rivelati non del tutto sufficienti, portando cosi un’intera Nazione a diffidare di chiunque. I servizi di trasporto, limitati ma ancora aperti, sono utilizzati da molti connazionali che data l’emergenza decidono di spostarsi altrove o rientrare in famiglia.

Per il momento, al di fuori del perimetro di precisione in cui la Protezione Civile Nazionale fornisce il suo bollettino giornaliero, dando il resoconto della nostra battaglia senza quartieri, ma in tutte le case, contro il Coronavirus, resta impresa impossibile inseguire le cifre del contagio negli altri Paesi.

La situazione nel resto dell’Europa

Nel Regno Unito, ex partner europeo, sono stati identificati circa 600 contagiati e 10 morti ma, secondo le stime del Governo, i casi dovrebbero essere tra i 5 e 10mila. Ora, se anche solo la metà dei 66 milioni di inglesi contraesse la malattia e considerando che secondo l’OMS questa riporta un tasso di mortalità del 3,4% tra gli infetti, i morti potrebbero arrivare a centinaia di migliaia.

In una situazione simile, guardando anche l’emergenza sanitaria che questa comporta, la cosa più intuitiva da fare sarebbe chiudere ogni cosa: scuole, cinema e teatri, per cercare di fermare il contagio il più possibile.

Il premier Johnson ha un piano diverso. Alle imposizioni e ai divieti si sono preferiti i suggerimenti: un consiglio di non contagio. In Inghilterra però non tutti credono nel successo della scelta, apparentemente noncurante, della situazione che ha fatto il governo: l’ex ministro della Salute Jeremy Hunt, per esempio, l’avrebbe stigmatizzata, rincarando la dose sull’atteggiamento attendista e il rinvio di misure più decise.

Spunta il concetto dell’immunità di gregge

L’immunità di gregge è una barriera umana fatta di persone contagiate, ma sostanzialmente guarite, a sostituzione della cinta muraria delle nostre case in cui siamo confinati da giorni. Ammalare più persone possibili aspettando temperature più miti e tempi più indulgenti. Questa teoria mescolata alle poche informazioni a disposizione sul COVID-19 esalta unicamente il cinismo del premier britannico; “Will do the right thing at the right time”, ovvero “faremo la cosa giusta al momento giusto“.

Uno slogan da incidere sulle tazze inglesi per “svecchiare” il sempre verde God save the queen, ma la regina non è mai incline a fare troppe concessioni, neanche sul merchandising, così all’Inghilterra ci pensa la politica; e la politica di Johnson non è né giusta né sbagliata è semplicemente una scommessa. Una scommessa sulla cosa giusta da fare.

Nel frattempo, il Guardian svela l’esistenza di un documento segreto redatto dal Public Health England, per i responsabili del servizio sanitario britannico (Nhs), che riporta: “L’epidemia di coronavirus è destinata nelle previsioni a durare per un anno, fino alla primavera del 2021“.

Furia francese e ritirata spagnola per il Covid-19

La Spagna si sente già nei guai; ha chiuso la Catalogna. Lì i numeri cominciano a preoccupare: circa 2000 nuovi casi, in tutto sono 7.753, con 288 decessi.

Chi invece non aveva pensato nemmeno valesse la pena di scommetterci sù, scherzandoci sopra con un raduno composto da 3500 orgogliosi puffi di Francia, è il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. Per non fare la figura del Grande Puffo, ha cominciato a fare sul serio: chiuse scuole, asili e università, invitando le persone a non riunirsi in pubblico. La situazione attuale registra 900 nuovi contagi e un totale ormai di 5.400 positivi, oltre a 120 morti (dati forniti dall’Afp, l’agenzia di stampa francese).

La situazione in Germania

Angela Markel usa il “bazooka”, definito cosi dal ministro delle Finanze Scholz. Può contare su un mezzo conosciuto già come la più grande banca pubblica per lo sviluppo al mondo, il KfW. “Misure economiche inedite nella storia della Repubblica federale. Faremo tutto quello che è necessario, tutto quello di cui la Germania ha bisogno“, come lei stessa afferma. La Germania è pronta a fare crediti alle imprese fino a 550 miliardi di euro. Anche in questo caso sono state prese misure emergenziali: chiusi nella Capitale pub, ristoranti e luoghi di aggregazione sociale e ovviamente le scuole, il tutto eseguito con estrema freddezza e ancor meno allarmismo.

Insomma al Coronavirus la specie umana, senza rendersene neanche troppo conto, sta facendo contare l’unica cosa che indubbiamente conta in natura: la biodiversità. Al microscopico virus, dove in una guerra senza armi, la coscienza di specie sta agendo per proprio conto come un macroscopico antidoto; mettendo in risalto quelle difese, o meglio quelle differenze, che sono già insite nel nostro DNA.

E’ probabile che il primo ventennio del secondo millennio, con l’aiuto del virus, cancelli il mito della gioiosa e bovina uguaglianza. Ammainare le convinzioni del “siamo tutti uguali” con un ben più realistico “siamo tutti diversi”, ancor di più nel fronteggiare un nemico comune.

Forse è questa la chiave: il COVID-19 è uno, ma proprio uno e unico, copia uguale e infinita di sé stesso, noi siamo tanti e tutti pezzi unici. Proteggiamo noi stessi e la nostra diversità, e in questa diversità proteggiamo chi è rimasto indietro e chi ne ha più bisogno. E mentre l’unica pace che dobbiamo fare è quella interiore invece di chiudere porti, aeroporti, frontiere e coscienze apriamoci alla possibilità che l’insegnamento da tenere in considerazione sia proprio quello di Paesi che mai avremmo considerato nella Storia.

Il lavoro della Corea del Sud

Seul ha messo in campo un capillare monitoraggio degli spostamenti attraverso il tracciamento dei telefonini, unendo la strategia tecnologia a quella sanitaria con un massiccio impiego di tamponi. Vengono effettuati test su tutta la popolazione e si adotta in seguito un tipo di contenimento selettivo. L’idea è quella di riuscire a bloccare solo i soggetti che sono entrati in contatto con altri soggetti positivi al Covid-19 in modo da isolarli, tenendo però aperte le attività.

Bisogna uccidere il ragno per salvare la farfalla intrappolata nella sua rete? O è possibile salvarli entrambi? C’è un modo per trarre in salvo ognuno di noi, senza subire danni devastanti in termini economici? “C’è sempre un modo per salvare tutti”, l’importante è non sentirsi chiamati a fare da arbitro degli altri. Solo il tempo svelerà la strategia più adatta per confinare un virus ad oggi sconosciuto, in tempi in cui la medicina si dice faccia miracoli.

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