Il beach volley e la pallavolo vengono spesso considerati sport fratelli, come se uno fosse la mera variante outdoor dell’altro. Ma sono davvero così simili? Forse lo erano in principio, vent’anni fa, ma l’evoluzione di entrambe le discipline ha reso difficile il passaggio dalla pallavolo al beach volley. Non a caso sono sempre meno i beacher ad avere un passato da pallavolisti. Scopriamo insieme il perché, evidenziando tutte le differenze.
Pallavolo e beach volley: le prime differenze
Le differenze più evidenti riguardano il campo da gioco. Nella pallavolo si gioca in un palazzetto (tranne in rare occasioni, come il match inaugurale dei Mondiale 2018 giocato al Foro Italico) e sul taraflex, mentre il beach volley si gioca sulla sabbia e all’aperto. I beacher devono quindi adattarsi alle condizioni atmosferiche (sole, vento, pioggia e anche neve qualche volta) che modificano anche la consistenza della sabbia: con la pioggia si appesantisce, rendendo ancora più difficili gli spostamenti e riducendo l’elevazione nei salti. Inoltre, nella pallavolo il campo è suddiviso in due quadrati di 9 metri per 9, superficie coperta da sei giocatori, mentre i beacher sono due per coprire 8 metri per 8.
Già da queste prime differenze si può comprendere il motivo per cui ormai sia difficile vedere un pallavolista passare al beach. Infatti, nell’indoor vi è un’alta specializzazione dei ruoli, mentre sulla sabbia, al contrario, gli atleti devono saper svolgere tutti i fondamentali della disciplina. L’unica divisione di ruoli presente nel beach volley è quella fra giocatore di muro e giocatore di difesa.
Partite, infortuni e solidità mentale
Anche la preparazione atletica è diversa: i beacher devono saltare e correre sulla sabbia, superficie non piana che rende più macchinosi gli spostamenti e causa un maggiore dispendio di energie. Per questo, i match di beach volley sono più brevi: due set a 21 ed eventuale tie-break a 15, mentre nella pallavolo ci sono fino a quattro set da chiudere a 25 più tie-break a 15. Inoltre, ogni coppia di beach volley in un torneo può giocare fino a tre match al giorno, il che riduce notevolmente anche i tempi di studio degli avversari. Si ritorna dunque sullo spirito di adattamento: in pochi scambi bisogna essere in grado di capire quali sono i colpi preferiti dagli avversari, la zona di battuta e così via. Anche perché se nella pallavolo il ruolo dell’allenatore è spesso decisivo (con time-out e cambi scelti ad hoc), nel beach volley il coach non può intervenire e guarda il match dagli spalti. Infatti, tocca al primo giocatore della coppia chiamare time-out e challenge, il che richiede notevole lucidità mentale.
La solidità mentale è dunque requisito fondamentale per un beacher. Nell’indoor c’è una squadra e se un atleta non è in giornata viene sostituito da un compagno che subentra dalla panchina. Nel beach volley questo non è possibile: i giocatori sono soltanto due e non esistono cambi. Da questo punto di vista il beach volley può essere paragonato ad uno sport individuale: se sei in difficoltà devi trovare il modo di uscirne il più velocemente possibile per non compromettere la gara. Questo vale naturalmente anche in caso di infortunio. Nel beach è disponibile un time out medico di 5 minuti: se il problema si risolve o l’infortunio non è così grave si prosegue, altrimenti si perde a tavolino.
Beacher: una vita in simbiosi
L’unico supporto che i beacher hanno è rappresentato dal proprio compagno. Le coppie di beach volley, nell’ambiente, spesso si definiscono come dei matrimoni. Può sembrare esagerato, ma i componenti della coppia e dello staff di fatto vivono insieme 9-10 mesi all’anno tra preparazione, allenamenti e gare. Si trascorre molto tempo insieme, si condivide la stanza in albergo, tra chiacchere, confidente e qualche inevitabile litigio. Le coppie che mostrano una grande intesa in campo il più delle volte sono legate da un grande rapporto di amicizia fuori. Il feeling è fondamentale, tanto che non è raro vedere coppie scoppiare, alle volte non proprio pacificamente e con qualche polemica. Forse è proprio questo rapporto simbiotico che scava il solco più profondo nella differenziazione tra beach volley e pallavolo.
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