Nella filmografia di Paolo Sorrentino ci imbattiamo, molto spesso, in diverse fenomenologie del potere. Quella etica e serva della ‘Legge’ e del ‘Simbolico’, di cui ne è massima espressione il personaggio interpretato da Toni Servillo nel quarto film del cineasta partenopeo, Giulio Andreotti (Toni Servillo) de Il divo. La spettacolare vita di Giulio Andreotti (2008), esponente più longevo e pregnante della democrazia cristiana.
Il nosferatu Giulio Andreotti
Il personaggio di Andreotti creato da Sorrentino ha una tonalità oscura, algida e misteriosa, segretamente nascosta nei grandi ambienti del palazzo in cui dimora. Il politico sembra un nosferatu la cui vita sembra essersi dilatata in un tempo infinito. Appena può si allontana dal pettegolezzo mediatico o dalle malelingue che arrivano dopo l’accusa di coinvolgimento nel caso Aldo Moro. La sua personalità ha dei legami con il futuro Lenny Belardo (Jude Law), protagonista della serie tv The Young-Pope (2016). Nella prefazione alla sceneggiatura della serie-tv, intitolata Il peso di Dio. Il vangelo di Lenny Belardo (2017), Sorrentino scrive, riferendosi alla compagine clericale conosciuta in adolescenza , che esse siano state il motore originario dell’ideazione del giovane papa Pio XIII:
“Questi esseri sconosciuti e misteriosi, mostri del silenzio e della preghiera. Ombre di bellezza, secondo le nostre chiacchiere, che hanno morbosamente alimentato tutte le nostre fantasie. La mia fantasia”.
Fantasia che ha alimentato, ancora prima di Lenny, il desiderio di scoprire cosa si celasse dietro la figura di un politico come Giulio Andreotti che è stato, per anni, al centro della scena politica più calda dell’Italia. In generale, l’interesse di Sorrentino anela un desiderio di scavare la mente di una figura enigmatica quale potrebbe essere quella di un usuraio o di un potente esponente di un partito politico
La fotografia noir di Luca Bigazzi
Grazie alla fotografia di Luca Bigazzi gli ambienti nei quali il divo Andreotti si muove sono angusti e tetri. Le finestre della casa in cui abita (si nasconde) sono maniacalmente serrate e sigillate, contribuendo a conferire all’ambientazione del film uno spettrale scenario noir, dove il vampiresco Andreotti si aggira silenzioso e a suo agio negli angoli oscuri e nascosti del palazzo. Proprio come è angusto e tetro il suo mandato politico, machiavellico e disumano. Il volto di Toni Servillo, eccessivamente truccato come una maschera carnevalesca, è inamovibile, distaccato, imperturbabile. Prendendo le distanze dagli schemi claustrofobici del cinema d’inchiesta, Sorrentino, crea un’opera realistica, ma con una sfumatura surreale, necessaria a descrivere la figura emblematica di Andreotti personificazione di un potere che si protrae oltre i confini del tempo.
Il divo- La spettacolare vita di Giulio Andreotti: analisi del film
Il film non segue una narrazione lineare, e si altalena fra continui flashback di un passato misteriosamente legato all’assassinio di Aldo Moro, e all’uccisione di molti funzionari politici, e la sua vita privata in compagnia della moglie Livia e di frequenti emicranie, sintomo simbolico delle stragi che hanno caratterizzato il governo di uno dei politici più influenti dell’Italia di quel periodo. Le sequenze delle vittime come Mino Pecorelli, Giorgio Ambrosoli e Roberto Calvi ecc. si manifestano nella pellicola come delle allucinazioni decontestualizzate dal filo narrativo del film, degli incubi che martellano nella mente del ‘Papa nero’ e si concretizzano in un forte e implacabile mal di testa.
Il divo è sicuramente una delle pellicole più riuscite del regista partenopeo che continua a far parlare, ancora oggi, detrattori e amanti.
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