Compie oggi 75 anni Walt Frazier, uno dei giocatori più iconici non solo degli anni ’70 ma anche di tutta la storia del gioco. Ripercorriamo la carriera di uno dei più grandi (se non il più grande) giocatori della storia dei New York Knicks.
High school e college
L’infanzia di Walt somiglia molto a quelle di tanti altri giocatori afroamericani; primo di nove fratelli, cresce in una famiglia povera e in condizioni che non sono le migliori in cui un bambino può vivere. D’altronde parliamo degli USA degli anni ’50 e ’60, quando la segregazione razziale era ancora forte e limitava molti dei diritti dei neri. E infatti il piccolo Walt studia alla David T. Howard High School di Atlanta, dove però non è il basket lo sport che prevalentemente pratica; alle superiori Frazier infatti è un discreto catcher a baseball e un più che buon quarterback a football. È la pallacanestro però ad esercitare su di lui una particolare attrattiva.
Già alle elementari gioca con ragazzi più grandi di lui in un campetto improvvisato, di fronte la Nathan B. Forest Elementary School. Il nome forse vi dirà qualcosa se avete visto il capolavoro diretto da Robert Zemeckis, “Forrest Gump“; nel film la madre del protagonista rivela al figlio di averlo chiamato così in riferimento del generale confederato Nathan B. Forest affiliato al Ku Klux Klan, per ricordargli di come a volte le persone fanno cose senza molto senso. Ma, l’abbiamo detto, è l’America degli anni ’50. È dunque in questo campetto che Walt muove i primi passi con la palla a spicchi, mostrando già quel talento che acuirà più avanti negli anni, fino al college.
Nonostante numerosi college gli avessero offerto borse di studio per le sue doti da quarterback, Frazier infatti decide che andrà a giocare a basket; sceglie la Southern Illinois University, una realtà non particolarmente in vista nel mondo collegiale. Con Frazier la SIU passa dalla seconda alla prima divisione nel 1967, quando vincerà anche il National Invitation Tournament, antenato dell’attuale March Madness. In finale contro Marquette Frazier guidò i suoi alla vittoria 71-56, vincendo anche l’MVP del torneo. Teatro dell’impresa: proprio quel Madison Square Garden che diventerà casa sua e dove alzerà altro tipo di trofei.
I primi anni e il primo titolo di Frazier
Will “Red” Holzman all’epoca non è ancora ancora allenatore di Knicks ma lo scout della squadra che nel ’64 aveva portato Willis Reed a New York. Durante gli anni al college di Frazier è colpito dal talento del play e i Knicks decidono di spendere la loro scelta, la quinta assoluta del draft, per prenderlo. Il primo anno in NBA di Walt però non è entusiasmante. In media gioca pochi minuti (21), segna pochi punti (9), ma fa intravedere quel talento che comincerà ad emergere nella stagione successiva.
È qui che accadono due eventi che cambiano la sorte di Frazier e dei Knicks: la prima è la nomina a head coach di Holzman, che concederà molti più minuti a Frazier, consegnandogli le chiavi della squadra; la seconda è lo scambio con cui i Knicks arrivano a DeBusschere, futuro Hall of famer. Con quel nuovo assetto New York vinse 54 partite e arrivò alle finali di conference, perse 4-2 contro i Celtics di Russell, Havlicek e Jones. Quelle però furono solo le prove generali prima della storica stagione che arriverà l’anno dopo.
Walt Frazier vive una stagione fantastica, viaggiando a 20.9 punti, 6 rimbalzi e 8.2 assist a partita, contribuendo a far vincere ai Knicks la Eastern Division con 60 vittorie. Ai playoff, in finale di Conference, batterono i Milwaukee Bucks di Lew Alcindor (futuro Kareem Abdul Jabbar) e Oscar Robertson, prima di arrivare alle Finals NBA. Qui Frazier e compagni giocarono contro i Lakers di Chamberlain, West e Baylor una delle serie più belle della storia delle finali.
Leggendaria fu gara 7, con il momento iconico in cui Willis Reed, infortunatosi seriamente due partite prima, entrò in campo per la palla a due, segnando i primi due punti del match e dando una carica pazzesca ai suoi compagni. Anche grazie a quel gesto passato alla storia dello sport i Knicks vinceranno quella partita e il loro primo titolo NBA, con Reed incoronato l’MVP delle finali; ma quella che portò in campo Walt Frazier quella notte resta tutt’ora una delle più grandi prestazioni in una gara 7 di finali NBA. Il nativo di Atlanta mise a segno ben 36 punti (con un 12/17 dal campo e 12/12 ai liberi), conditi da 19 assist (sì, diciannove), 7 rimbalzi e 5 palle rubate.
Il secondo titolo, gli anni a Cleveland e il ritiro
L’anno successivo ad arricchire la già ottima squadra di coach Holzman fu l’arrivo di Jerry Lucas, altro futuro membro della Hall Of Fame. Quella stagione i Knicks ottennero 54 vittorie e arrivarono per il terzo anno consecutivo alle finali di conference. Qui persero contro gli Washington Bullets di Earl Monroe, che furono sconfitti a loro volta alle finali NBA dai Bucks. Nella stagione 1971-72 a Fraizer (reduce dalla sua miglior stagione realizzativa con 23.2 punti a notte) e Willis si unì quell’Earl “The Pearl” che li aveva sconfitti l’anno prima.
Con lui i Knicks raggiungono di nuovo le finali, ma qui i Lakers di West e Chamberlain (reduci da una storica regular season da 69 vittorie e 13 sconfitte) si prendono la rivincita battendoli 4-1. Nel ’72-’73 la coppia Frazier-Monroe è più collaudata e la “Rolls Royce backcourt” (così verrà soprannominato il duo) sale di un paio di marce. Con una squadra formata da diversi futuri Hall of famer, New York approda alle finali contro i Lakers per la terza volta in quattro anni.
Un Walt Frazier da 23 punti, 8 rimbalzi e 8 assist a partita condusse nuovamente i Knicks al titolo, anche se il titolo di MVP delle finali andò ancora tra le mani di Willis Reed. Dopo quello del ’73 Frazier non indossò più l’anello e arrivò ai playoff solo nei due anni successivi. Dopo dieci stagioni nella Grande Mela Frazier fu scambiato e mandato a Cleveland, cosa che produsse non pochi malumori tra i tifosi dei Knicks. Walt giocò dunque gli ultimi tre anni di carriera con i Cavaliers, con i quali giocò appena 65 partite prima di essere tagliato e ritirarsi.
Walt “Clyde” Frazier, il gangster di New York
L’impatto che ebbe la figura di Walt Frazier, dentro e fuori dal campo, nella città che non dorme mai è incredibile. Nella storia dei New York Knicks Frazier è certamente uno dei giocatori più forti di sempre, per molti il più forte. Insieme a Reed e Ewing si gioca questo titolo: nonostante Reed abbia vinto un MVP della regular season e due MVP delle Finals, si può comunque dire che non ha avuto l’impatto del prodotto di SIU sul gioco di Holzman; se Ewing invece batterà tutti i record di franchigia detenuti da Frazier, non riuscirà mai a riportare il titolo a New York.
Più grande della storia o meno, la figura di Frazier rimarrà scolpita per sempre al Madison Square Garden insieme a tutti i suoi numeri. 2 anelli (gli unici nella bacheca dei Knicks), 4 volte nel primo quintetto NBA, 2 volte nel secondo quintetto, 7 volte nel quintetto difensivo e 7 volte all’All-Star Game (con un titolo di MVP). La sua storica n.10 fu ritirata nel 1979 e nel 1987 venne incluso nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame. Una leggenda vivente, una figura iconica (inconfondibili i suoi basettoni) che anche fuori dal campo ha attirato su di sé i riflettori di una città. Un look inconfondibile, con il suo celeberrimo borsalino in testa che gli valse il soprannome di “Clyde“.
Il medesimo cappello, infatti, era divenuto famoso in film come “Bonnie and Clyde“, in cui il personaggio interpretato da Warren Beatty era solito indossarlo. Abiti gessati, pellicce di chissà che animale, scarpe in pelle (quella probabilmente di coccodrillo), automobili lussuose (Rolls Royce, principalmente) e tante donne intorno. Questa era (o almeno, sembrava essere) la vita di Walt Frazier. D’altronde per lui il modo di vestire bene, dichiarerà poi, era importante per cercare di dare un immagine positiva che si riflettesse non solo su di lui ma su tutta la comunità afroamericana.
Spesso un vestiario simile a quello dei gangster di Hollywood, lui che l’arte di rubare l’aveva portata ad alti livelli senza finire una volta in prigione; se la voce statistica delle palle recuperate fosse stata introdotta quando si trovava al massimo della sua carriera, probabilmente nelle classifiche dei giocatori con più palle rubate Clyde si troverebbe un po’ più in alto. D’altronde, come una volta disse un suo avversario, le sue mani erano “faster than a lizard’s tongue“, più veloci della lingua di una lucertola.