Gogol’, padre della letteratura russa, nasce in Ucraina nel 1809. Di seguito, un’analisi del letterato che scandagliò la staticità delle anime degli individui.
Brevi cenni biografici
Gogol‘ nasce in Ucraina nel 1809 da una famiglia di possidenti terrieri. Trascorse l’infanzia presso Vasilevka, in una delle proprietà paterne. Il padre era un’appassionato di folcklore locale, dilettante nell’arte della scrittura. In giovinezza studiò al liceo di Niezhin, salvo poi abbandonare gli studi alla morte del padre. Molto legato alla madre, personaggio ostico e intransigente, riuscì a fuggire all’esterno a seguito al turbinio emotivo causato dal primo insuccesso letterario. Nel 1828, torna a San Pietroburgo dove conclude i suoi studi.
Nel 1831 conobbe Aleksandr Puškin, e pubblica le prime opere di successo. In seguito, nel 1834, inizia ad acquistare una certa fama negli ambienti letterari del tempo: non solo, gli viene proposta una cattedra di Storia, all’Università di Pietroburgo. Tuttavia, a causa del suo temperamento disordinato, l’incarico si concluse in un totale insuccesso. Il successo derivante dalla pubblicazione de Le veglie alla fattoria di Dikanka, dal suo seguito e da Arabeschi del 1835, lo conducono a dedicarsi pienamente all’attività letteraria.
Gogol: la potenza emotiva delle sue descrizioni
Nel 1836 si dedica alla rappresentazione di una satira tra il sarcastico ed il grottesco, che delinea il mondo burocratico al tempo di Nicola I: l’Ispettore. Inevitabilmente, ciò suscita l’aspra reazione degli ambienti nobiliari colpiti; in ambito letterario, queste saranno le prime amarezze per lo scrittore russo. Allontanandosi dalla Russia giunge a Roma. Qui frequenta circoli culturali, interrompendo i rapporti con la patria. Questo, è anche il periodo in cui inizia a stilare le Anime Morte: temendo che il romanzo possa costargli ulteriori guai, prolunga il suo soggiorno romano. Nel 1842, pubblica un altro suo celebre romanzo: Il cappotto. Dopo la morte di Gogol‘ verrà riunito con i racconti precedenti, in una raccolta chiamata Racconti di Pietroburgo. Ossessionato da una visione mistica della vita, approda a Gerusalemme. Rientrato in Russia, prosegue il suo accorato e tormentoso lavoro all’elaborazione delle Anime morte, fino ad una notte del 1852. Quella sera, sveglia un servitore e gli chiede di accendere il camino: piangendo, getta il manoscritto nel fuoco. Fu trovato morto dinanzi alla Santa Immagine in Mosca il 21 febbraio 1852.
Gogol e il dipinto ironico della realtà russa con Le anime morte
Gogol’ pubblicò il capolavoro Le anime morte nel 1842: l’opera è un affresco ironico e sarcastico della nobiltà russa dei tempi. Peculiarità del romanziere russo sono le descrizioni paesaggistiche: Gogol’ delizia il lettore con minuzia nel descrivere i paesaggi e l’avanzare della primavera russa. Protagonista del romanzo è Cicikov. Le anime morte di quest’ultimo, sono i servi della gleba morti dopo l’ultimo censimento, per i quali i proprietari continuano, però, a pagare le tasse.
Cicikov si muove per le campagne della Russia zarista, per ottenere attraverso le sue opere truffaldine, quello che i suoi natali plebei non gli avevano donato. I proprietari terrieri sono statici, cristallizzati nell’immobilità del mondo rurale. Così facendo, il personaggio girovago, sfrutta l’ingenuità di coloro che godono in maniera parassitaria dei beni. Le anime morte del personaggio principale, sono una metafora ben più ampia ed estesa elaborata da Gogol’: i possidenti vivi, ma senza una vera anima. Abietti, imbevuti di pochezza morale e volgarità.
Cicikov, antieroe eroico letterario e genio del raggiro
Il protagonista dell’opera, è solo uno dei tanti pezzi del puzzle costruito su una base solida di meschinità: in uno stuolo che contempla sfruttatori e individui ripugnanti, lui è indicato come l’antieroe eroico, il genio del raggiro, il truffatore dei truffatori: sfrutta gli sfruttatori per una propria ascesa sociale mostrando, quanto meno, una brama di miglioramento del suo essere. Le anime morte sono le protagoniste dell’opera, e Cicikov è il traghettatore di queste anime: l’intenzione dell scrittore russo, era infatti scrivere un poema prendendo ad esempio la Divina Commedia di Dante. Cicikov si dimena nella ricerca delle anime, attraverso un Topos ricorrente nella letteratura russa: il viaggio. Simbolo di ignoto, pericolo, prova di iniziazione per l’eroe.
Satira e Moralismo
Le due anime del grande romanziere russo si riflettono particolarmente fra le pagine de Le Anime morte. Il racconto è infatti suddiviso in: una parte satirica e nell’altra moralista. La prima parte, composta da sei capitoli, è un susseguirsi di analisi individualiste, mentre nelle successive pagine, crea un focus su immagini globali e collettive dove i personaggi non sono nemmeno menzionati.
Le descrizioni sono generiche: gli impiegati, i fannulloni. Ricordano un po’ la linea narrativa utilizzata, molti anni dopo, da Saramago nel suo romanzo distopico, Cecità. Anche Josè Saramago, infatti, non nomina mai i suoi protagonisti; questi, si riconoscono per caratteristiche fisiche o tramite i mestieri che svolgono. Nella seconda parte subentra il Gogol moralista: le accuse di indifferenza rivolte ai possidenti sembrano farsi più blande.
Gogol: attualità de Le Anime morte e del suo protagonista
Di primo acchitto il lettore non si riconoscerà nel protagonista. Tuttavia, membro della razza umana, come tale, almeno una volta nella vita è stato messo in condizione di raccontare delle bugie: non per malvagità insita, ma per auspicio ad una vita migliore… O forse, anche solo per semplificare la propria esistenza. Cicikov non ha nulla a che vedere con il Mastro Don Gesualdo di Verga. Non è ossessionato dall’accumulo o dalla roba: pensa alla sicurezza economica. A questo proposito, sa che si sentirebbe al sicuro con un gruzzoletto da parte.
”Voi temete lo sguardo che scruta in profondità, voi stessi avete timore di puntare uno sguardo profondo su qualcosa, amate sfiorare tutto con occhi distratti. (…) E chi di voi, pieno di umiltà cristiana, non a voce alta ma in silenzio, in solitudine, negli attimi dei colloqui solitari con se stesso, affonderà nell’interno dell’anima sua un grave interrogativo: “Ma non c’è forse, anche in me, una qualche parte di Čičikov?”. Già, come potrebbe essere altrimenti? ”
L’opera, nonostante sia rimasta incompiuta, offre una puntigliosa e affascinate esplorazione dell’anima russa. In ogni personaggio incontrato da Cicikov si riflette una mancanza che minaccia ogni essere umano; l’antieroe eroico, nell’ultima parte del libro ci illustra in chiave russa un moderno Inferno dantesco: muovendosi di girone in girone, incontra la dissolutezza, l’accidia, l’avarizia ed ogni minima sfumatura che investe l’animo umano. Una descrizione che, nonostante il tempo, rende sempre attuale una lettura dell’opera.