Marlon Brando oggi avrebbe compiuto novantasei anni. Di certo sarebbero stati una bella cifra per l’attore che, forse, più di tutti, ha saputo dimostrarsi l’istrione per eccellenza del cinema a stelle e strisce, passando alla storia come uno dei simboli del cinema narrativo classico e anche della new Hollywood.

Marlon Brando
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Gli inizi e i primi successi

Nato nel ruspante Nebraska (a Omaha, per l’esattezza), studiò presso l’Actor’s Studio di Elia Kazan – nome di cui tra non molto riparleremo -, segnalandosi sin da subito come uno dei prospetti più affascinanti dell’epoca, sia per il suo carattere ribelle, sia per il suo carisma naturale. Entrambe queste sue peculiarità, vennero subito fuori quando interpretò “Un tram che si chiama desiderio” a Broadway – dove cominciò -, portando il personaggio di Stanley Kowalski anche nella riduzione cinematografica (1951) del cult diretto proprio da Elia Kazan. In quell’opera, duettando con Vivien Leigh, Brando si impose appena ventisettenne nel grande cinema.

Il Selvaggio“, del 1953, lo impose come una delle icone generazionali, soprattutto perché interpretò al meglio la nascente cultura greaser degli anni Cinquanta della quale, in qualche modo, aveva rappresentato un antesignano nella Broadway degli anni Quaranta. Fu con “Fronte del Porto” (1954), diretto sempre da Elia Kazan – regista anche del precedente “Viva Zapata!” (1952) -, che Brando entrò nel gotha delle star dell’epoca aggiudicandosi l‘Oscar come migliore attore.

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L’istrionismo di Marlon Brando

Capace di cimentarsi in svariati ruoli e di farli propri grazie al famoso metodo Stanislavskij, Brando comparve anche in pellicole più leggere come il musical “Bulli e Pupe” (1955), e romantiche come “Desirée” (1954) – nella quale impersonò Napoleone Bonaparte -. Con il cinema statunitense che diveniva sempre più “frivolo” e legato a schemi ormai superati – impazzavano il neorealismo italiano e la nouvelle vague francese -, anche la carriera di Brando subì un iniziale declino negli anni Sessanta, ma è qui che la sua aura da grande personaggio venne fuori.

Movimento per i diritti civili e “Il Padrino”

Dapprima, durante le proteste legate al movimento dei diritti civili, egli fu in prima linea per battersi a fianco degli afroamericani, rinunciando anche all’Oscar come migliore attore per quella che, senza dubbio, rimarrà la sua performance più iconica: don Vito Corleone ne “Il Padrino” (1972). Tratto dal romanzo omonimo di Mario Puzo, il capolavoro di Francis Ford Coppola si attestò sin da subito come uno dei film più grandiosi della storia del cinema e simbolo della rinata Hollywood degli anni Settanta (la new Hollywood, per l’appunto). Brando, con quelle sue guance enormi, i baffetti, i lisci capelli all’indietro e la voce roca e profonda, divenne un’icona per tutte le generazioni, imponendosi nell’immaginario collettivo anche oggi, a distanza di quasi cinquant’anni, come il perfetto prototipo del gangster.

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Il controverso “Ultimo Tango a Parigi”

Fu una rinascita per la sua carriera, sebbene quel ruolo spinse sempre più i registi ad affidargli parti più adulte e mature, ben distanti da “Il Selvaggio” o “Fronte del Porto”. Fu con “Ultimo Tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, uscito nello stesso anno, che il suo nome passò dalle cronache inerenti al cinema a quelle scandalistiche.

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Malgrado, inizialmente, le accuse piovute riguardarono le scene di sesso esplicito presenti nella pellicola – con la Cassazione italiana che ne comandò la distruzione -, le scottanti verità rivelate dall’attrice Maria Schneider sulla famigerata “scena del burro“, gettarono tanto il regista quanto l’attore sotto una luce molto più cupa. L’attrice affermò di non esser stata informata della decisione di rendere “reale” la penetrazione operata dal protagonista su di lei, e additò a questo trauma psichico lo scarso successo della sua carriera.

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Il “costosissimo” Marlon Brando

Ciononostante, il successo di Brando non si arrestò, anzi, l’aura che aveva oramai assunto gli permise di chiedere cachet parecchio onerosi anche per piccole parti come quella di Jor-El nel “Superman” di Richard Donner (1978). “Apocalypse Now” (1979), di Francis Ford Coppola, fu il suo ultimo grande successo, benché non gli valse alcun premio o nomination. Dopo il disatteso ritiro del 1980, il successivo ventennio lo vide succube di un declino comunque dignitosissimo, merito del suo impeccabile trasformismo che, nel 1990, gli permise di riprendere i panni del gangster alla Vito Corleone in “Il Boss e la Matricola“, dove interpretò una parodia del se stesso del 1972.

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Gli ultimi anni

Una carriera leggendaria, terminata tre anni prima di morire con “The Score” di Frank Oz (2001). Poco dopo, intento a recitare in “Scary Movie 2“, dovette abbandonare le scene senza figurare nell’opera poiché affetto da una polmonite che lo condusse alla morte il 1° luglio del 2004.

Icona del cinema, Brando è stato delle star di Hollywood per antonomasia. Ha saputo impersonare appieno il mito dell’attore, soprattutto per merito del suo carattere tanto bizzoso quanto affascinate. Presuntuoso, antipatico, crudo, sarcastico, cinico e, per tutte queste ragioni, irresistibile.

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Alcune curiosità su Marlon Brando

  • La celebre maglia attillata utilizzata per “Un tram che si chiama desiderio” spinse intere generazioni a lavare a secco le loro magliette per restringerle. All’epoca, infatti, le maglie attillate non esistevano;
  • Il suo carisma contribuì anche alla diffusione del suo nome proprio. Marlon, difatti, sino ad allora, era un nome ben poco utilizzato e, tutt’ora, non si hanno certezze sulla sua origine;
  • Marlon Brando era un grande amico di Marilyn Monroe. Per “Bulli e Pupe” (1955), l’attrice tentò in tutti i modi di proporsi per interpretare la parte che poi andò a Jean Simmons, in modo da poter recitare accanto al suo caro amico;
  • Nel 1995, ospite nello show di Larry King, Brando lo baciò sulla bocca;
  • Marlon Brando, nei primi anni Novanta decise di farsi circoncidere. Sicuro della sua forte resistenza al dolore, chiese al chirurgo di operarlo senza anestesia, incassando un rifiuto;

Curiosità dal set de “Il Padrino”

  • Il suo carattere, durante le riprese de “Il Padrino“, lo portò a litigare spesso con l’attore Lenny Montana, interprete di Luca Brasi. L’attore, ex-wrestler, a causa delle continue provocazioni di Brando, non riusciva a recitare la parte in cui ringraziava don Vito per l’invito al matrimonio di Connie. Coppola decise di modificare la scena: fece sì che quello recitato da Luca fosse un discorso scritto su un bigliettino che egli recitò davanti al Don per timore reverenziale.
  • Per ottenere la parte di don Vito Corleone, Brando riempì di garza e cotone le proprie guance, scaturendo l’ilarità mista all’approvazione di Coppola. L’idea piacque al punto che il regista decise di far produrre un marchingegno che gli conferisse quell’aspetto “da bulldog”;
  • Brando era solito fare scherzi durante le riprese. Sempre ne “Il Padrino”, quando il suo corpo è trascinato sulle scale dagli infermieri, essi, oltre a lui, stanno sollevando anche dei grossi pesi opportunamente nascosti tra le lenzuola di nascosto dall’attore;
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Curiosità dagli altri set

  • A dispetto del suo carattere difficile, Bertolucci ha raccontato che, durante le riprese di “Ultimo tango a Parigi“, egli soleva presentarsi con rinfreschi per tutti anche nei giorni in cui non recitava;
  • Per costringere Frank Oz a riprenderlo dalla cintola in su, si tramanda che egli si presentò spesso senza pantaloni durante le riprese di “The Score“;
  • Per i suoi pochi minuti di apparizione in “Superman“, Brando incassò persino di più del protagonista Christopher Reeve – all’epoca, comunque, semisconosciuto -;
  • Sempre in “Superman”, si dice che Marlon Brando propose che il personaggio di Jor-El dovesse essere solo doppiato da lui e che, in scena, sarebbe dovuta apparire una ciambella verde fluttuante. Richard Donner ha ammesso di non aver mai capito se l’attore stesse o meno scherzando;

MANUEL DI MAGGIO

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