Siamo negli anni del pieno maccartismo e l’Intelligence britannica Mi5 , su ordine dell’Fbi americana, iniziò a chiamare sul banco dei testimoni alcuni esponenti dello star system hollywoodiano. Perché? Si sospetta che alcuni attori siano simpatizzanti dei comunisti. Neanche Charlie Chaplin fu risparmiato dall’inquisitoria, anzi, ci fu un vero e proprio accanimento nei confronti dell’attore de Modern Times.
Il discorso al comitato americano per gli aiuti alla Russia
Quando gli Stati Uniti entrano in guerra, Chaplin è afflitto per il generale sentimento retorico anti-sovietico , “dopotutto” – dice – “la Russia è nostra alleata contro Hitler e ha patito gravi perdite nella difesa del fronte orientale”. In questo clima politico molto ostile, attorniato dalla predilezione del silenzio, piuttosto che della libertà d’espressione, Chaplin commette un piccolo, piccolissimo passo falso. (D’altronde, lo sappiamo, non era il tipo da starsene in silenzio nelle retrovie dell’ignavia verbale. Molto spesso parlava, e prendeva posizione, senza paura. Abilità e serenità artistica che deve aver infastidito qualcuno).
A San Francisco, durante il discorso al comitato americano per gli aiuti alla Russia, Chaplin fa appello agli Stati Uniti affinché combattano al loro fianco su questo secondo fronte (in linea con la volontà del presidente Roosvelt). Nulla di strano, finché, ingenuamente, Chaplin si alzò e urlò: “Compagni!”. Giubilo dionisiaco della folla, inizio del calvario per Chaplin.
Il presidente J. Parnell Thomas del New Jersey apre la seduta d’inchiesta sulle possibili infiltrazioni comuniste nell’industria cinematografica di Hollywood. Vennero interrogati molti divi, attori, registi. Chiunque decreta incostituzionale l’accusa, finisce in galera per oltraggio al congresso. Chaplin stesso accetta di presenziare all’interrogatorio, poi, però, ci ripensa. Invierà semplicemente un telegramma assolvendosi da ogni accusa: “Non sono un comunista, sono solo un pacifista!”.
Il Dossier contro Chaplin e la fuga in Svizzera
Il 29 dicembre 1949 il direttore dell’FBI J. Edgar Hoover scrive il famosissimo “Dossier contro Chaplin” di oltre 6000 pagine. Non riuscirà a trovare delle prove in merito alla presunta filiazione comunista dell’attore, però, elencherà moltissime supposizioni atte a cacciarlo dagli Stati Uniti.
Secondo Hoover, Chaplin, proviene da una famiglia ebrea polacca (è , in realtà, nato a Londra). Sostiene più volte, nel dossier, che l’attore sia una spia del governo sovietico. Non ci furono sconti sul divo di Hollywood, e molti editorialisti del gossip iniziarono a far girare voci strane sul comico muto più famoso del mondo. Chaplin è a Londra. Il Procuratore Generale degli Stati Uniti annulla il permesso di rientro dell’attore.
Chaplin si trasferisce, così, in Svizzera. Stremato e usurato dalla vicenda mediatica politica che lo ha investito negli anni del maccartismo. Solo qui, sulle sponde del Lago Losanna, può ritrovare la serenità e la tranquillità.
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