Usato per la terapia oncologica del tumore alla prostata, l’inibitore di proteine potrebbe rispondere alle cure del Covid-19. Si attende a breve una pubblicazione dei risultati da parte dei ricercatori di Padova. Un farmaco contro il Coronavirus la speranza attesa.
Una notizia di speranza arriva dall’Italia
Roma, 17 Aprile 2020. Ogni giorno se ne sente una e anche se così non fosse, l’impressione è la medesima. Spesso si legge in giro di cure miracolose, salvo poi scoprire che si tratta di una mera utopia in certi casi, di una bufala nella maggior parte e di cure prive di sicura efficacia in altri.
Tuttavia, il caso dei ricercatori di Padova merita una sottolineatura. In primo luogo, per la serietà che contraddistingue il Vimm (Veneto Istituto di medicina molecolare), in secondo luogo per la prudenza delle affermazioni dei ricercatori, ben lungi dai proclami e invece tese alla cautela e alla conferma dei dati.
Mentre attendiamo la pubblicazione dei risultati scientifici ottenuti (che a quanto ci ha riportato il prof.Pagano, guida del team di ricerca insieme al prof.Alimonti, dovrebbe arrivare a giorni), riportiamo ai lettori ciò che i medici in questione ci hanno riferito.
In primo luogo, è bene precisare che il team si occupa da anni di tumore alla prostata. Nelle ricerche a riguardo, gli scienziati hanno scoperto una relazione tra l’enzima TMPRSS2, prodotto dalla membrana cellulare della prostata, e il diffondersi del tumore in termini di velocità ed aggressività. Per combattere questo meccanismo del tumore, il team ha utilizzato un inibitore di questa proteina. Così, numerosi pazienti vengono curati con questa terapia anti androgena.
L’ipotesi di ricerca
Durante il rapido diffondersi del Coronavirus in Italia, l’Istituto ha notato esserci una marcata correlazione tra il medesimo enzima sopra citato e il Covid 19. I test fatti in laboratorio hanno quindi suscitato un’ipotesi di ricerca al riguardo, alimentata dal fatto che la maggior parte dei pazienti affetti da Covid è di sesso maschile (mentre la popolazione è per la maggior parte di sesso femminile). Ma cosa accade con il Coronavirus alle persone che stanno attualmente seguendo questa terapia antiandrogena?
In Veneto sono circa 1150 i pazienti che, per via del tumore, fanno uso di tale terapia. La cosa davvero importante, come riferito dal prof.Pagano, è che nessuno di essi ha contratto il Coronavirus. Ancor più interessante è però il fatto che molti di questi pazienti, di una certa età, debilitati dal tumore e dalle terapie (quindi perfette vittime per questo virus), convivono con persone infette. Come sappiamo il virus si espande con una facilità notevole, motivo per cui sono scattate tutte le misure di sicurezza. Dunque, un paziente già debilitato, convivente con persone infette, dovrebbe quasi sicuramente essere infettato a sua volta.
Così non è per nessuno dei 1150 pazienti in questione ed è questo che spinge il team a proseguire le verifiche al riguardo. Il farmaco per il Coronavirus è naturalmente la meta finale degli studi. Per quanto riguarda le donne, secondo il prof.Pagano si potrebbe valutare una terapia ormonale per agire in modo analogo.
A riprova dell’importanza, l’Istituto segnala che oltre ai pazienti protetti sono risultati affetti da Covid-19 circa 130 pazienti con tumore della prostata non trattati con anti androgeni. Un farmaco per il Coronavirus potrebbe davvero nascere da una scoperta fatta dall’eccellenza italiana nel campo della ricerca medica.
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