Siamo negli anni ’60. Un decennio in cui si sono gettate le basi per un vero e proprio dominio europeo. Gli anni della grande rivalità tra due compagini così vicine ma agli antipodi. Olimpia Milano e Varese. Due squadre che non solo hanno dettato legge in Italia, ma allo stesso tempo sono riuscite ad esportare in Europa il marchio della nostra pallacanestro. La Ignis, poi Mobilgirgi, avrebbe dominato in lungo in largo negli anni ’70. Meneghin e soci hanno giocato tutte le finali del decennio. Dal ’69 al ’79 ben 10 consecutive, conquistando la coppa in 5 occasioni. Varese, però, non fu la prima italiana a fregiarsi del titolo di Campione d’Europa. Indovinate chi? Sì, proprio gli acerrimi rivalii. Il Simmenthal Milano. Nel 1966 l’Italia entra, ufficialmente, nell’olimpo del basket europeo.

L’uomo simbolo? Uno studente di Oxford…

La stagione 1965-66 si apre con alte aspettative. Una cosa è sicura. Il livello si alzerà ulteriormente. Gli stranieri sono tornati, dopo il blocco stabilito nel 1958, e il Simmenthal decide di accaparrarsene uno niente male. Si tratta di Bill Bradley. Capitano degli USA alle Olimpiadi di Tokyo 1964. Una guardia/ala non particolarmente dotata atleticamente, ma dotata di una visione periferica superiore alla media. Ciò gli permetteva di fornire vagonate di assist ed eccellere al tiro. Rimane, però, solo un anno a Milano, per poi abbracciare il progetto dei New York Knicks. Vincerà due anelli. Nel 1970 e nel 1973, gli unici titoli della franchigia della Grande Mela

Olimpia Milano
Bill Bradley in azione (Wikimedia)

Il suo vissuto, però, è atipico rispetto al resto degli altri atleti. Bradley oltre ad essere uno dei migliori stranieri transitati per i nostri parquet era anche uno studente modello. Tanto da essersi assicurato una borsa di studio a Oxford. Ottenendo anche eccellenti risultati. E questo di certo non gli rendeva la vita facile. Infatti, dovette fare spola tra Milano e la città inglese per l’intera sua esperienza in Europa. Poi, a fine carriera decise di entrare in politica. Venne eletto Senatore e nel 2000 tentò anche di diventare il nuovo inquilino della Casa Bianca. L’elettorato democratico, però, gli preferì Al Gore.

Olimpia Milano, Un “Principe” come guida

In panchina, quell’anno, siede una vera e propria leggenda. Stiamo parlando del “Principe” Cesare Rubini. Uno degli allenatori più vincenti del nostro basket. Ma non solo. Rubini è uno dei pochi a essere inserito in due Hall of Fame di due sport distinti. Fu il primo italiano a figurare tra gli “eletti” di Springfield, ma ha saputo eccellere anche nella sua parallela carriera nella pallanuoto. Con il “Settebello” conquistò, anche, la medaglia d’oro a Londra 1948. Un personaggio dall’enorme carisma. Uno che non si nascondeva alla sfida con il pubblico avversario. Infatti, nelle “tranquille” gare giocate a Varese, amava calcare il parquet per ultimo. I fischi lo galvanizzavano.

Olimpia Milano
Il “Principe” Cesare Rubini (fip.it)

L’Olimpia Milano è protagonista di una stagione fantastica. In campionato le “scarpette rosse” chiudono al primo posto a pari merito con Varese. Il tricolore sarà, dunque, deciso tramite uno spareggio. Il “drammatico” epilogo avrà luogo al PalaEur di Roma. Ma questa volta non sarà il parquet a decretare il vincitore. La gara sul campo la vince la Ignis. Un 59-74 che non ammette discussioni. Ma a strappare lo Scudetto da dosso a Varese, sarà la decisione presa dalla Federazione in merito al “Caso Gennari”. Al cui centro vi è l’irregolarità del tesseramento come italiano dell’italo-americano Tony Gennari. Schierato, però, come straniero in Coppa. Fu decretata, quindi, la vittoria a tavolino per 2-0 al Simmenthal.

Olimpia Milano, anche l’Italia sulla mappa

Il cammino in Coppa Campioni dell’Olimpia è a dir poco impeccabile. Si inizia, dunque, con il turno di qualificazione. Bill Bradley si sbarazza personalmente dei tedeschi del Gießen MTV. Nel doppio confronto mette a referto ben 64 punti. Agli ottavi Milano distrugge il Maccabi Tel-Aviv. Non c’è proprio storia. Il doppio confronto si chiude con un +69. Ai quarti gli uomini di Rubini soffrono terribilmente in trasferta. Cadono prima in Belgio contro il Racing Basket Mechelen per poi subire altri due k.o. contro lo Slavia Praga e il Real Madrid. Il Simmenthal riesce, però, a rimettersi in carreggiata. Conquista il secondo posto del girone, dietro lo Slavia Praga, sfruttando il fattore campo.

La squadra di Rubini in posa con la Coppa (Museodelbasket-milano.it)

Si arriva così alle Final Four di Bologna. Tra l’altro è la prima volta che si adotta questo format. L’Olimpia avrà di fronte i campioni in carica del CSKA Mosca. I sovietici hanno dalla loro il favore del pronostico, ma Milano mette in scena una prestazione maiuscola. 68-57 e quattro giocatori in doppia cifra. In finale ci sarà di nuovo lo Slavia Praga. La gara è complicata e il risultato rimane sempre in bilico. Gabriele Vianello, dopo averne messi 40 al Real Madrid, si prende la scena con altri 21 punti. Lo eguaglia Skip Thoren. Punti decisivi per il 77-72 finale. L’Olimpia può festeggiare. Per la prima volta: Campioni d’Europa.

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