La morte è un processo consueto della vita. Non ci abitueremo mai al suo incidere ma spesso lo riconosciamo come inevitabile e ci rassegnamo consapevoli. Non è sempre così. Ci sono morti che non sono morti, sono tragedie senza senso esuli dal cerchio naturale della vita. Quando muore un figlio, giovane, adolescente, per un incidente, improvviso, subentra il vuoto, lo sconcerto. “Tutto su mia madre” è una storia d’amore eterno oltre la morte.
La vita feroce e consolatoria.
Pedro Almodòvar realizza un’opera straordinaria. Attraverso il suo nugolo di personaggi caratteristici ci investe di emozioni chiare, vitree. L’ambiguità dell’uomo che si innesta nell’ambiguità della vita attraverso un dolore insaziabile. E’ la storia di una madre, di tutte le madri che amano i proprio figli, che il sentimento intemerato e adamantino lo rincarano a discapito di ogni caduta, di ogni abuso del loro affetto. Il dolore che si intreccia alla sua controparte più forte e più vera: una madre.
Pedro Almodòvar dedica “Tutto su mia madre” a Bette Davis, a Gena Rowland, a tutte le attrici, a tutte le donne che recitano, a tutte le madri, a sua madre.
Manuela (Cecilia Roth), una madre sola, vede morire davanti ai suoi occhi il figlio Estebàn dopo uno spettacolo teatrale. Il desiderio del ragazzo di conoscere il padre, mai esaudito in vita, Manuela, decide di realizzarlo a seguito della sua morte, andando a Barcellona alla ricerca del vecchio amante, un transessuale chiamato Lola, all’anagrafe Estebàn. Nel suo viaggio taumaturgico incontra Rosa (Penelope Cruz), una suora sieropositiva e ingravidata anch’essa da Lola.
“Tutto su mia madre” di Pedro Almodòvar è l’opera archetipica che rappresenta l’antologia filmografica del regista spagnolo che più di tutti non ha paura di parlare della vita. Restate a casa.
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