Alcune sognano diventare principesse. Altre rock-star o modelle. Altre ancora, invece, astronauti o presidentesse. E poi c’è Patrizia Panico, che invece da bambina sognava di diventare Maradona. Un sogno che è addirittura finito tra le pagine di un libro, dal titolo (ma guarda un po’) “Volevo essere Maradona”, scritto da Valeria Ancione, affermata giornalista del Corriere dello Sport. La storia raccontata, tra realtà e finzione, è proprio quella della ex calciatrice italiana, considerata un autentico emblema di questo meraviglioso sport.
Chi è Patrizia Panico?
Patrizia Panico è stata senza dubbio una assoluta campionessa del calcio femminile. Nel corso della sua carriera ha collezionato ben 23 trofei (10 Scudetti, 5 Coppe Italia e 8 Supercoppe italiane), vestendo le maglie di Lazio, Torino, Modena, Milan, Verona, Torres e Fiorentina, oltre ad aver vinto per quattordici volte il titolo di capocannoniere del campionato. E, una volta appese le scarpette al chiodo, l’ex attaccante non ha voluto fermarsi. È infatti diventata la prima donna in Italia ad allenare una squadra maschile, essendo dall’estate del 2018 la c.t. della Nazionale italiana Under-15. Un curriculum davvero niente male.
La storia di Patrizia Panico
Ma prima di tutto questo, Patrizia Panico è stata una semplice pischella, che a 8 anni aveva già ben chiaro in testa chi volesse essere da grande. Per le strade di Tor Bella Monaca, noto quartiere alle porte di Roma, “Bruscolo”, questo lo strano nomignolo che le è stato affibbiato, trascorre l’infanzia, sempre con la palla tra i piedi, anche quando i ragazzini del circondario non la vogliono far giocare. All’ordine di quei giorni, però, ci sono tanti altri problemi da superare. Le difficoltà a scuola, le interminabili discussioni con la madre, che la vorrebbe più studiosa e meno fissata col calcio, la mancanza del padre, che improvvisamente decide di abbandonare la famiglia e crearsene una nuova. Per non parlare poi delle cascate di pregiudizi e prese in giro da parte dei suoi coetanei, che costantemente le riversano addosso, soltanto perché è una femmina. La sorella Sabrina è l’unica a darle supporto, l’unica che la incoraggia a non mollare mai.
Così, sempre armata del suo fido Supersantos, che impugna sia come scudo contro l’ingiustizia, sia come spada per spazzare via quegli odiosi stereotipi, Patrizia non si arrende, continuando imperterrita la dura salita verso la propria crescita, professionale e personale. Perché la passione e l’amore che impieghiamo in ciò che ci rende felici, può davvero essere il propellente più forte del mondo. E quel propellente infatti la porta lontano. Dai campi sconquassati dell’ASD Borussia, ai verdi prati della Serie A, fino all’azzurro della Nazionale italiana. Un percorso magnifico, costellato di rivincite, traguardi e tanti successi, che l’hanno a tutti gli effetti eretta, non solo a semplice simbolo di determinazione, ma a faro di speranza per tutte le nuove generazioni di giovani donne che aspirano a seguire le sue orme.
Panìco e non Pànico!
“Sono nata sotto un accento sbagliato, mi chiamo Panìco e non Pànico come molto spesso sento. Sono nata “al contrario”, mi piace tutto quello che va controcorrente o tutto quello che, come me, ha l’accento sbagliato”.
E forse proprio per questa ragione Patrizia Panico è così speciale. Perché, dietro al perfetto modello di atleta che rappresenta, si cela una persona umile, dai sani principi, e al tempo stesso una guerriera, ribelle, combattiva ed agguerritissima, che ha saputo lottare contro ogni avversità. Dopotutto, non c’è eroe più straordinario di chi dal niente riesce alla fine a coronare i propri sogni. Anche quelli che sembrano più assurdi ed irrealizzabili, magari nati all’improvviso in un torrido pomeriggio di metà Agosto, mentre con le ginocchia sbucciate si rincorre un pallone mezzo sgonfio per le vie di una qualsiasi periferia dimenticata da Dio. Attraverso il sacrificio, la dedizione e la fiducia nelle proprie capacità, infatti, tutto è possibile. Compreso diventare una vera e propria “Maradona in rosa”.
Tartaglione Marco
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