Kevin Garnett compie 44 anni e Metropolitan Magazine gli rende omaggio ripercorrendo la carriera di uno dei giocatori più rivoluzionari del ventunesimo secolo.

“The Revolution”

Il 21 ottobre 2015 nelle sale cinematografiche di tutto il mondo viene riproposto il secondo capitolo della celebre saga “Ritorno al Futuro“. Questo perché nel film Doc e Marty impostano nella mitica Delorean questa data per arrivare nel futuro. Una settimana dopo Kevin Garnett si appresta a cominciare la sua ultima stagione NBA. Ma cosa lega KG al famoso franchise diretto da Robert Zemeckis? Entrambi i protagonisti in questione sono coinvolti in un viaggio nel tempo. Sì, perché se Michael J Fox viaggia effettivamente nel tempo (ovviamente nel film), Garnett è come se lo facesse. Il suo modo di giocare è talmente innovativo che uno dei più famosi soprannomi che gli viene dato è “The Revolution“. Oggi diversi lunghi si ispirano a lui (Adebayo su tutti), tanto che è il profilo ideale che molte squadre ricercano per coprire lo spot di 4-5. Garnett però faceva questo vent’anni fa.

L’inizio e il premio di MVP

Nel 1995 Kevin Garnett diventa il quarto giocatore della storia a saltare il college per approdare direttamente nella NBA. Viene chiamato con la quinta scelta assoluta dai Minesotta Timberwolves che fino a quel momento non sono mai riusciti a vincere 30 partite in una stagione. Nel suo anno da Rookie gioca discretamente e lascia intravedere sprazzi di talento. Talento che già al secondo anno lo rende un All-Star e arriva anche una prima storica qualificazione ai playoff. Grazie a KG Minnie andrà ai playoff per 8 stagioni consecutive. Nella stagione 2003-04 “The Big Ticket” vince il premio di MVP della Regular Season grazie a medie straordinarie e al primo posto nella Western Conference. Alle finali, però, si arrendono ai Lakers nel punto più alto della storia dei Twolves. A causa dei numerosi infortuni tra le guardie Garnett in certi tratti della serie si è ritrovato a giocare da ala piccola o addirittura da 2. Le sue doti da passatore, insieme ai movimenti in post basso e fronte a canestro e un po’ di “sano” trash talk gli consentono di ricoprire ruoli che solitamente uno della sua taglia non immagina nemmeno.

Kevin Garnett con la maglia dei Timberwolves (photo credits: Nathaniel S. Butler/Getty Images)

Il ministro della difesa del Massachusetts

Dopo le Conference Finals perse la squadra non si qualifica più ai playoff a causa di tensioni interne allo spogliatoio e richieste non esaudite dal front office. Così nel 2007 un maxi-scambio spedisce Kevin a Boston. Qui con Ray Allen e Paul Pierce forma un terzetto da urlo che consente a Garnett di concentrarsi principalmente sulla propria metà campo dove eccelle. La capacità di cambiare su tutti e 5 i ruoli correlata a una velocità non consona per un 7 feet (2,11 m) lo rendono unico nel suo genere. Nel 2008 vince il premio di miglior difensore ma soprattutto arriva il primo e unico titolo in carriera. In una finale conclusa a gara 6 contro gli acerrimi rivali dei Lakers (per lui una sfida nella sfida dopo l’eliminazione nel 2004) Garnett finalmente mette al dito l’anello. Due anni più tardi perde alle Finals sempre contro i Lakers in una rivincita della prima finale e con l’arrivo di Lebron a Miami la squadra non riesce più ad andare oltre le finali di conference.

Da sinistra: Bill Russell, Ray Allen, Doc Rivers, Kevin Garnett e Paul Pierce (photo credits: Nathaniel S. Butler/Getty Images)

Gli ultimi anni di carriera

Nel 2013 uno scambio lo porta insieme al compagno Paul Pierce a Brooklyn dove però a causa dell’età avanzata e a diversi infortuni non riesce ad imporsi. I Nets hanno un quintetto di tutto rispetto: Deron Williams, Joe Johnson, Paul Pierce, Kevin Garnett e Brook Lopez. Ma ad eccezione del centro ora in forza ai Bucks sono tutti a fine carriera. Ai playoff non vanno oltre il secondo turno, dopo aver faticato con Toronto e vinto in 7, si arrendono agli Heat dopo gara 5. Un anno dopo ritorna a Minesotta per concludere la carriera dove l’aveva iniziata e fare da mentore a una squadra giovane e in rampa di lancio. Nel curriculum ha all’attivo più di 26000 punti, 14000 rimbalzi, 5000 assist, 1800 palle recuperate e 2000 stoppate oltre a un MVP dell’All-star game, e l’oro Olimpico di Sydeny 2000, che aggiunti ai già citati premi personali e non ( MVP, titolo NBA, DPOY) lo annoverano tra i migliori della storia, sicuramente un top 5 all-time per quanto riguarda le ali grandi, anche se definirlo ala grande è molto riduttivo.

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